Pamela Mastropietro, lo zio: “Ecco perché abbiamo pubblicato la foto del suo cadavere”
Pochi giorni fa nel gruppo la Voce di Pamela Mastropietro, la pagina ufficiale della famiglia della giovane uccisa a Macerata, è apparsa una foto, adeguatamente offuscata, di una parte del cadavere di Pamela, il volto. A corredo della foto il mood ‘Non è faceApp, è come mi ha ridotto l'immigrazione criminale'. A postare quella foto è stato Marco Valerio Verni, lo zio avvocato di Pamela che rappresenta anche legamente la famiglia. È proprio lui a spiegarci, in un'intervista, il motivo di questa controversa scelta.
Quali sono le intenzioni che l'hanno mossa a una comunicazione così ‘forte’?
Non vogliamo che diminuisca l’attenzione sui terribili fatti accaduti a Pamela. Inoltre, tanti fautori dell’immigrazione “a prescindere” si affrettano a pubblicare le più svariate fotografie (soprattutto di persone affogate in mare) per rafforzare le loro affermazioni. Ebbene, è anche giusto, allora, che la gente veda anche il resto: ossia, la diabolicità a cui un'immigrazione incontrollata possa portare. Le assicuro che la foto pubblicata, ed oscurata per la gran parte, è una delle meno cruente e diaboliche. Vorrei ricordare che la Direzione Investigativa Antimafia nel suo rapporto riguardante la propria attività svolta ed i risultati conseguiti nel secondo semestre del 2018, pubblicato recentemente, ha sottolineato lo stretto connubio tra immigrazione irregolare e presenza, sul nostro territorio, di organizzazioni criminali straniere, mafia nigeriana in primis. Una mafia tra le peggiori al mondo.
A processo c'è un solo individuo, Innocent Oseghale
"Pamela è stata uccisa, come ha stabilito, per ora, una sentenza di condanna in primo grado, da un nigeriano, Innocent Oseghale, che era arrivato in Italia sui barconi, la cui richiesta di protezione internazionale era stata successivamente rigettata in tutti i gradi, che aveva già subito un processo per spaccio, con relativa condanna, e che, al momento dei fatti, non doveva essere più nel nostro Paese. Non si tratta di voler incitare all’odio, ma invitare ad una riflessione a 360 gradi. Accogliamo, sì, ma solo chi ha effettivamente ha bisogno e sia disposto, una volta nel nostro Paese, a rispettare le nostre leggi, le nostre tradizioni, i nostri valori".
Il caso di Pamela è indissolubilmente alla politica: cosa risponde a chi vi accusa di lasciare che vi strumentalizzino?
"Chi è in cattiva fede pensa questo. Poi, dovremmo pure intenderci sul termine “strumentalizzare”: se Pamela è stata uccisa nel modo che tutti noi sappiamo e, ad essere coinvolti, sono dei nigeriani, è chiaro che l’omicidio ed il resto sia da ricondurre alla tematica dell’immigrazione ed a quella della relativa risposta che il nostro Paese e l’Unione Europea doveva o dovrebbe dare. In un Paese democratico, infatti, e di diritto, i problemi si risolvono in due modi: nelle aule di giustizia e nella cabina elettorale, usando qui l’unica arma che ci è consentita: ossia, la matita. Se qualcosa va cambiato, è alla sede naturale dove questo, di base, avviene, che si deve guardare, ossia il Parlamento".
Il vostro orientamento politico è noto
"Quale sia il nostro orientamento politico, credo che poco importi, nel caso di specie. Il problema è che, vicende come quelle di Pamela, dovrebbero essere affrontate in maniera trasversale. Invece le ribalto la domanda: sa chi ci è stato vicino, chi ci ha offerto aiuto e vicinanza? Solo esponenti di una certa parte politica, essendo stati, al contrario, del tutto snobbati dagli altri. Il ministro Salvini, poi, ci ha ricevuto al Ministero dell’Interno, e per la prima volta ci siamo sentiti presi in considerazione".
Condannato in primo grado il solo Innocent Osegale, ma lei, in quanto difensore della famiglia, non è d'accordo
"Riteniamo che ci siano forti dubbi sul fatto che possa aver compiuto tutto da solo. Ci sono dei profili genetici rimasti ignoti, tanto per fornire un dato. Ma non solo: le pare normale che una persona arrivi, con estrema freddezza e perizia, a disarticolare chirurgicamente un corpo, e a fare poi tutto il resto, per poi abbandonarlo sul ciglio di una strada, perché, a suo dire, preso dal panico? Due tracce comportamentali troppo contrastanti: probabilmente, quelle valige dovevano, invece, essere prese da qualcun altro. Che senso ha lasciarle dove chiunque, anche cinque minuti dopo, teoricamente, le avrebbe potute trovare? Vi sono, poi, degli ulteriori elementi, su cui abbiamo fondato la nostra opposizione alla richiesta di archiviazione formulata dalla procura nei confronti di Lucky Desmond, in particolare, sulla quale si deciderà il prossimo ottobre. Forse ci sono anche altri soggetti, che potrebbero aver avuto un ruolo nella catena delittuosa".
Lucky Desmond e Lucky Awelima non sono stati imputati per omicidio
"Per loro, come detto, vi è una richiesta di archiviazione, alla quale noi ci siamo opposti. Anch’essi nigeriani, arrivati da noi sui famosi barconi e richiedenti protezione internazionale, comunque già condannati per spaccio. Intercettati ambientalmente in carcere, hanno detto le cose peggiori: ossia che Oseghale avrebbe potuto tagliare a pezzi Pamela e metterla nel congelatore, mangiarla poco per volta, farci il brodo. O, magari, gettarla nel mare, ad Ancona, dove il suo corpo, così, non si sarebbe mai potuto ritrovare. Forse ci sono anche altri soggetti, che potrebbero aver avuto un ruolo nella catena delittuosa".
Nel fascicolo del caso Pamela, si parla di mafia nigeriana.
"Già: nel fascicolo delle indagini sull’omicidio di Pamela, ma non solo, ci sono elementi che lasciano pensare che chi l'ha uccisa ne faccia parte. E non solo lui. Vi sono, in particolare, delle dichiarazioni, confermate in dibattimento, di un collaboratore di giustizia, ritenuto attendibile da parte della Procura di Macerata (e da diverse altre), secondo cui lo stesso Oseghale avrebbe riferito di far parte di questa organizzazione, presente anche a Macerata e nelle Marche, considerate, queste ultime, un importante crocevia tra il Veneto (Padova, in particolare) e Castelvolturno, in Campania. Il nigeriano in questione, sembra avere dei segni, sul corpo, che dimostrerebbero la sua affiliazione a tale sodalizio criminale. Desmond ha ammesso di essere stato un “rogged” (ossia un affiliato ad organizzazioni criminali, di tipo mafioso, aggiungo io, dato che questo è un termine che compare nei loro specifici rituali), in Nigeria, mentre sul cellulare di Awelima sono state trovate delle fotografie raffiguranti persone torturate, la maggior parte delle quali, con molta probabilità, scattate direttamente da quell’apparecchio. Ritengo che certi atti si sarebbero dovuti inviare, già da tempo, alla Direzione distrettuale antimafia competente".
Il modus operandi dell'omicidio di Pamela è compatibile con quello della mafia nigeriana?
"Pamela non è morta di freddo, ma violentata, uccisa con due coltellate, disarticolata chirurgicamente, scuoiata, scarnificata, esanguata, asportata di tutti i suoi organi interni, lavata con la candeggina e messa in due trolley. Un unicum, a quanto pare, nella storia della criminologia mondiale degli ultimi cinquanta anni. Ma se lei fa una ricerca sulla rete, o legge qualche libro al riguardo, si accorgerà che, in Nigeria, è quasi all’ordine del giorno uccidere delle persone, soprattutto donne, e tagliarle a pezzi, lasciandole per strada, a mo’ di avvertimento. Vorrei anche ricordare che, già all’indomani dei tragici fatti, lo stesso Procuratore di Macerata, Giovanni Giorgio, ebbe a denunciare pubblicamente il fatto che l’interprete nigeriana inizialmente incaricata di tradurre gli atti, spaventata, aveva abbandonato l’incarico, rendendosi addirittura irreperibile".
Anche il superteste a carico di Oseghale ha parlato di Mafia nigeriana, dicendo di essere stato minacciato
"La famiglia di Vincenzo Marino, è vero: ha subito delle minacce. A casa della moglie è stato recapitato pochi giorni prima della sua testimonianza, una busta chiusa, che conteneva una bambolina, con la testa tagliata, e con un messaggio minatorio: “Farete questa fine”. Nonostante questo, il collaboratore ha deciso, con coraggio, di testimoniare".
La condanna in primo grado è già arrivata, se fosse confermata fino in Cassazione, sareste soddisfatti?
"Lo saremo solo quando tutti coloro che, a vario titolo, hanno avuto delle responsabilità, saranno chiamati a risponderne di fronte ad un tribunale. E a essere condannati. Ivi compresa, eventualmente la comunità terapeutica a doppia diagnosi da cui Pamela si è allontanata. Perché a noi non sembra normale che una ragazza, affidata ad una struttura che dovrebbe essere super- qualificata, e che riceve, per essere tale, ingenti finanziamenti pubblici, se ne sia potuta allontanare senza essere, in qualche modo, controllata. Così come, ci pare strano che nei suoi capelli, oltre che nella bile, in sede di esame autotpico, siano state trovate tracce di un uso pregresso di oppiacei, avvenuto, presumibilmente, nel periodo in cui era già da tempo lì ricoverata. Sono state presentate- ormai è un anno – anche delle interrogazioni, sia nelle Marche che nel Lazio, a livello regionale, al riguardo, ma non è giunta ancora nessuna risposta. Forse il silenzio, mai come in questo caso, è più eloquente di tante parole".
Aveva bisogno di maggiore attenzione e tutele?
"Pamela era ricoverata in una comunità a doppia diagnosi perchè, di base, soffriva di un disturbo della personalità borderline grave, a cui, come effetto secondario, si era associata la dipendenza da stupefacenti: la sua patologia psichiatrica la rendeva, sostanzialmente, facilmente raggirabile da chiunque e, per il distacco autistico che, in molti momenti, poteva arrivare ad avere con la realtà, altrettanto facilmente abusata. La violenza sessuale, ad esempio, è stata riconosciuta anche nella sentenza di condanna a carico di Oseghale, ma, naturalmente, attendiamo le motivazioni della stessa, previste per fine novembre, per prendere cognizione del ragionamento svolto dalla Corte di Assise di Macerata".
Per Pamela è troppo tardi, ma cosa proporrebbe per le ragazze che come lei hanno bisogno del sostegno delle comunità?
"Un controllo più severo delle strutture a cui queste ragazze, ma anche ragazzi, sono affidati. Ricevendo importanti finanziamenti da parte del Servizio Sanitario Nazionale, queste dovrebbero poter essere controllate tutte le volte che lo Stato lo ritenga. Altro che controlli a campione e non più di “tot” volte in un determinato periodo, come è previsto in alcuni casi, tra cui le Marche, appunto".