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Palermo, confermato ergastolo per Samuele Caruso: uccise la sorella 17enne della sua ex

Carmela Petrucci fu uccisa davanti casa sua il 19 ottobre del 2012 dall’ex fidanzato della sorella Lucia. Il ragazzo non si era mai rassegnato alla fine della relazione. La Cassazione ha stabilito che il 26enne dovrà restare in carcere per sempre.
A cura di Biagio Chiariello
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 La Corte di Cassazione ha confermato la condanna all’ergastolo inflitta in primo e secondo grado dai giudici di Palermo nei confronti Samuele Caruso, accusato di avere assassinato la diciassettenne Carmela Petrucci, sorella della sua ex fidanzata Lucia. I fatti sono avvenuti nel capoluogo siciliano il 19 ottobre del 2012. Dopo oltre quattro anni, dunque, si è chiuso in maniera definitivo il processo su uno dei femminicidi che aveva più scosso l’Italia.

Caruso, che oggi ha 26 anni, dunque passerà il resto della sua vita dietro le sbarre. Secondo quanto ricostruito, il giovane voleva punire la sua ex fidanzatina, Lucia Petrucci, che l'aveva lasciato, e la attese nascosto nelle scale del suo palazzo al ritorno dalla scuola. In compagnia della giovane c’era anche la sorella Carmela. Quest’ultima fu colpita da due coltellate. Ferita gravemente anche Lucia, che però riuscì a salvarsi anche grazie all’intervento di una vicina che fece fuggire Caruso.  Fu rintracciato mentre tentava di fuggire.

“Chiedo scusa per il dolore che ho causato e perdono per il male che ho provocato”, scrisse poi una lettera per chiedere perdono. Samuele provò a spiegare di aver agito d’istinto, non capendo la gravità di ciò che stava facendo. I pensieri del ragazzo erano rivolti alla vittima (“una persona amabile con cui andavo d'accordo”) e alla sorella, a cui, scriveva, aveva provocato “un dolore immenso”. Ma per gli uomini della sezione omicidi della Polizia coordinati dal procuratore aggiunto Maurizio Scalia e dal sostituto Caterina Malagoli il suo non fu un gesto di impeto, ma un'azione calcolata: accecato dalla gelosia, l’allora 22enne si recò a casa della ex con la ferma intenzione di uccidere lei e poi la sorella che del delitto rischiava di diventare una scomoda testimone. Alla lettura della sentenza, la famiglia Petrucci è scoppiata in lacrime, come già era successo in primo grado. Anche in appello è prevalsa la tesi dell’accusa.

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