Pakistan, violentata e costretta ad abortire a 14 anni non sopravvive all’intervento
Ripetutamente violentata dallo zio e costretta a subire un aborto mentre era già al sesto mese di gestazione. Una ragazza di 14 anni è morta in Pakistan per le complicazioni dell'operazione. La ragazza, identificata dai media locali come Uzma, viveva con la zia materna e il marito di lei nella città di Okara nel Punjab, dopo che i suoi genitori si erano separati. Da allora è iniziato il suo calvario durato per mesi. Uzma è stata ripetutamente violentata dallo zio fino a quando le continue aggressioni sessuali hanno portato alla gravidanza indesiderata.
Quando lo zio, identificato dai media locali come Ghulam Anwar, e sua moglie, Sajida Bibi, hanno scoperto la condizione della ragazza, l'hanno minacciata e costretta a sottoporsi ad una interruzione della gravidanza. La 14enne era incinta al sesto mese al momento dell'aborto. A causa della fase avanzata dell'operazione, Uzma ha sviluppato complicazioni ed è deceduta successivamente in ospedale. L'aborto è consentito in Pakistan oltre i sei mesi solo se la paziente è in pericolo di vita. Non è ancora chiaro se l'operazione sia stata eseguita da un medico o in modo clandestino per coprire la violenza in famiglia. I funzionari dell'ospedale hanno confermato ai media locali che la ragazza era stata abusata per un lungo periodo di tempo. Dopo la sua morte, il padre di Uzma ha denunciato i parenti alla polizia di Okara, che ha arrestato entrambi i sospettati.
A settembre, il primo ministro pakistano Imran Khan aveva chiesto pubblicamente l'impiccagione e la castrazione chimica contro gli stupratori, sull'onda di un altro caso di cronaca: una donna era stata trascinata fuori dalla sua auto e violentata davanti ai suoi due figli da un gruppo di uomini. Khan aveva commentato l'accaduto durante un'intervista, chiedendo delle "condanne esemplari" per gli stupratori della donna, dicendo che personalmente li avrebbe condannati all'impiccagione sul luogo dell'aggressione.