Per fortuna c'è Bechis che se ne accorge e ne scrive sul suo blog, senza mezze parole perché l'uscita della ministra alla Pubblica Amministrazione ospite di Corrado Formigli ieri nella trasmissione Piazza Pulita è da reality show dilettantesco:
«Corrado Formigli – scrive Bechis – a un certo punto le chiede che fine fanno i dirigenti che non procedono a quel licenziamento in 48 ore che è lo slogan dell’operazione.La Madia risponde così: “se non allontana quel lavoratore, è il dirigente stesso che viene licenziato e può essere perseguito per reato penale”. Formigli si stupisce: “Teoricamente il dirigente potrebbe anche essere arrestato?”. La Madia sbatte le palpebre e sorride tutta compiaciuta della sua cattiveria: “Eh… è reato penale… quindi… sì…”. Ecco, a parte che molti reati sono inseriti nel codice penale senza prevedere alcun arresto (non pochi, bisogna spiegarglielo, li ha depenalizzati da una settimana proprio il consiglio dei ministri dove siede la stessa Madia), sul licenziamento dei fannulloni il governo come al solito ha approvato un testo fantasma, che normalmente viene scritto nei giorni successivi. Quindi non si può sapere davvero che cosa contenga. Ma esiste un comunicato del consiglio dei ministri che non parla proprio di nessun reato penale per i dirigenti».
L'inciampo televisivo della Madia tra l'altro si aggiunge anche alla poca coerenza rispetto alle sue stesse parole pronunciate sugli ultimi dati disponibili sull'assenteismo nelle pubbliche amministrazioni (come ci ricorda Michele Azzu qui) che nel 2014 erano, secondo la ministra, in netto calo ("In tutti i mesi compare il segno meno” aveva dichiarato trionfante) e sarebbe fin troppo facile elencare i recenti casi di inadeguatezza da parte di alcuni esponenti del governo più propensi alla sintesi del tweet piuttosto che all'analisi tecnica dei contenuti nelle riforme.
Ma forse l'aspetto che più di tutti lascia basiti è la leggerezza con cui l'errore è stato derubricato in fretta tra "le cose che possono succedere" come se non fosse grave che proprio la ministra giustiziera delle mancanze dei dipendenti pubblici dimostra una certa carenza nel proprio ruolo. Pubblico, del resto. Il maquillage con cui Matteo Renzi ha voluto profumare di nuovismo il "cambiamento di verso" del suo arrivo a Palazzo Chigi, la retorica della meritocrazia che avrebbe dovuto essere tutta nella giovane età (e nel sesso) della sua squadra (piuttosto che nelle competenze) e la presunta "rottura con il passato" ormai comincia a sciogliersi: troppo inconsistenti le ministre giovani e belle che hanno eco per la spendibilità nelle pagine di gossip e di costume e troppo recitate (male e a memoria) i decreti legge che vengono sventolati in televisione.
Matteo Renzi non può non sapere che la classe dirigente che aveva favoleggiato al Paese era molto diversa da quella che oggi si ritrova: lo schiacciamento del premier sui suoi ministri supera addirittura il Berlusconi dei tempi peggiori e la sensazione continua di una squadra di giovanotti a servizio è tutt'altro che confortante per una democrazia che vive della ricchezza plurale di tutti i suoi componenti. L'errore di ieri della Madia in realtà è suonato stonato come uno spettacolo che ha perso brillantezza e non fa più ridere, come una liturgia stanca che non ha più spinta se non la semplice corrente dell'opinione pubblica (e il decreto contro i "fannulloni pubblici ne è la prova più consistente). È netta la sensazione che gente preparata non stia trovando sbocchi per essere classe dirigente in questo Paese. E questo è il sentimento che più di tutti ci riporta alla Prima Repubblica.