Operazione Mare Aperto: perché 4mila soldati di 7 Paesi Nato si stanno esercitando in Sardegna
Decine di navi da guerra, elicotteri, cacciabombardieri e mezzi anfibi hanno da giorni preso "d'assalto" le coste italiane nell'ambito di una vasta campagna d'addestramento organizzata dalla Marina Militare tra l’Adriatico, lo Ionio, il Tirreno e il Canale di Sicilia. "Mare Aperto", questo il nome dell'operazione, vedrà fino al 27 maggio il coinvolgimento di oltre 4mila soldati di sette Paesi della NATO, con più di 65 tra navi, sommergibili, jet ed elicotteri, che opereranno sia su terra che nei territori circostanti grazie alle capacità dei mezzi anfibi impiegati. All’esercitazione prendono parte anche diversi aerei dell’Aeronautica Militare, tra cui caccia Eurofighter, F-35B STOVL, assetti di comando e controllo CAEW G550 e per il rifornimento in volo KC-767A. L’attività, diretta dal Comando in Capo della Squadra Navale imbarcato su Nave Cavour, coinvolgerà lo Staff della Brigata Marina San Marco e quelli delle diverse Divisioni Navali in cui si articola l’organizzazione operativa della Marina.
Interdette 17 aree del sud-est della Sardegna
Mentre in Ucraina infuria la guerra, dunque, in Italia proseguono gli addestramenti di migliaia di soldati della NATO. "Crediamo sia un problema", spiega a Fanpage.it Francesco Vignarca, coordinatore delle campagne di Rete italiana pace e disarmo. "In questa fase del conflitto bisognerebbe compiere passi distensivi e non costruire pretesti che possano essere sfruttati da Putin per alzare il livello dello scontro. C'è poi un aspetto strutturale: l'esercitazione Mare Aperto coinvolge un pezzo di territorio italiano, il particolare il sud est della Sardegna, da decenni teatro di esercitazioni militari con gravi conseguenze per lo sviluppo dell'isola e la salute dei suoi abitanti".
Già, la Sardegna: se è vero che Mare Aperto si svolgerà anche al largo dell'Adriatico e dello Ionio, è altrettanto vero che cuore delle operazioni sarà proprio l'isola. Lo scorso 5 maggio la capitaneria di Porto di Cagliari ha disposto con “decorrenza immediata” l’istituzione e contemporanea interdizione, con divieto assoluto per qualsiasi possibile attività, di ben 17 aree a mare per esercitazioni militari, molte delle quali, anzi, la maggior parte, proprio fuori dalle stesse aree vietate tutto l’anno, quelle dei tre poligoni di Quirra-San Lorenzo, Capo Frasca e Teulada. Di fatto, però, tutta la fascia sud-orientale sarda è in questi giorni teatro di simulazioni di guerra. Pesca, balneazione e immersioni sono interdette per fare spazio a navi, elicotteri e caccia. "Non bastavano i 7.200 ettari del Poligono di Teulada – scriveva l’Unione Sarda tre giorni fa – i 12.700 di Perdasdefogu e i 1.200 di Capo Frasca, la più imponente esercitazione militare mai messa in campo nel mare di Sardegna e nei poligoni sardi si estenderà anche in aree che non hanno mai avuto niente a che fare con le servitù militari".
Tavola Sarda della Pace: "Bombe e munizioni inquinano terra e mare per decenni"
Franco Uda, responsabile nazionale Arci per la pace e il disarmo oltre che portavoce della Tavola Sarda della Pace, spiega a Fanpage.it: "I motivi di ostilità da parte delle popolazioni locali nei confronti di queste operazioni non mancano di certo. Sono decenni che basi, poligoni e servitù militari sottraggono pezzi di terra e mare all'economia delle comunità locali. Non solo: il massiccio utilizzo di munizioni, bombe e missili ha causato un grave inquinamento delle acque e dei terreni, e sappiamo già che serviranno decenni e importanti stanziamenti prima che quei luoghi tornino ad essere salubri. Le basi militari e i poligoni, infatti, pesano più sulla Sardegna che su tutto il resto d'Italia". L'operazione Mare Aperto di questo giorni si inserisce in questo contesto, aggravandolo ulteriormente. Mai, infatti, sull'isola erano stati dispiegati così tanti uomini e mezzi militari: "Questi ‘giochi di guerra' – prosegue Uda – vengono comunicati ai cittadini sardi con scarsissimo preavviso, con arroganza e prepotenza insopportabili e immotivate. Intere aree della regione vengono interdette per diventare poligoni di tiro in cui utilizzare bombe e missili. È inaccettabile".