Omicidio Yara, il compagno di cella di Bossetti: “Ha tentato il suicidio in carcere”

Domani, 16 giugno, saranno esattamente tre anni che Massimo Giuseppe Bossetti trascorre in carcere. Il muratore di Mapello, padre e marito, è stato condannato in primo grado con un’accusa pesantissima: secondo i giudici è stato lui a uccidere nel 2010 Yara Gambirasio, tredicenne di Brembate di Sopra. Bossetti, incastrato dal dna, non ha mai confessato il delitto e più volte in questi anni ha ripetuto che nessuno lo convincerà a prendersi le responsabilità di un crimine che non ha commesso. A parlare di Bossetti, della sua storia, e degli effetti del carcere su di lui c’è anche Vincenzo Mastroberardino, meccanico pavese e compagno di cella per dieci mesi dell’uomo condannato per il delitto di Yara. A raccogliere la testimonianza del detenuto è il settimanale Oggi. “Tre anni di carcere con quasi cinque mesi di isolamento lo hanno distrutto”, ha detto Mastroberardino, secondo cui Bossetti ha tentato il suicidio in carcere ed è stato salvato per miracolo. “Arriva al processo stremato. Ho paura per lui. Vuole la superperizia sul Dna. È sicuro che quel profilo genetico non sia il suo. ‘Altrimenti’, me l’ha ripetuto mille volte, ‘sarei un pazzo a chiederla’. Se non la concedono, potrebbe fare una follia. Ci ha già provato e l’abbiamo salvato per miracolo”, ha aggiunto l’uomo facendo riferimento all’appello per l’omicidio di Yara Gambirasio al via il 30 giugno.
"Ho sentito Bossetti piangere giorno e notte, teme di perdere i figli" – Alla domanda se abbia mai chiesto a Bossetti la verità sul caso Yara Gambirasio, il compagno di cella ha risposto che "in carcere non si fanno domande" ma anche che “Massimo è un libro aperto”. “Quando parla ti guarda negli occhi. Non riesce a nascondere nulla, non ti volta mai le spalle. E quando non parla prega e piange affondando la testa nel cuscino. L’ho sentito piangere di notte e di giorno. Quando riceve le lettere della mamma e della sorella, quando guarda le foto dei suoi bambini che ha incollato alla parete della cella, quando parla di suo padre Giovanni… La sua angoscia sono i figli. Teme di perderli”, ha detto l’uomo a Oggi. Al settimanale il compagno di cella ha anche raccontato come il muratore trascorre le sue giornate in carcere: “Legge, scrive molto e riceve tanta corrispondenza. Poi guarda la tv, non perde una trasmissione di cronaca e siccome in cella si ricevono solo quattro canali ci siamo fatti un’antenna artigianale che abbiamo infilato fra le sbarre della finestra. Aspetta le visite di Marita (la moglie, ndr) e cucina, con due piccoli fornellini: fa anche la polenta e soprattutto è molto bravo con i dolci. Ne prepara di squisiti. Ma la cosa migliore che mangiavamo era il salame bergamasco che gli fa avere Pietro, il suo grande amico”.