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Omicidio Sofia Stefani, Gualandi aveva scritto contratto di sottomissione sessuale: “Si definiva suo padrone”

Tra la vigilessa uccisa a 33 anni, Sofia Stefani, e l’ex comandante della polizia locale di Anzola, Giampiero Gualandi, vi era un contratto di “sottomissione sessuale”. In questo documento, l’uomo si definiva “padrone” e “colui che tutto può sulla sua schiava”. Questo nuovo dettaglio è emerso in aula durante il processo a carico del 63enne accusato di omicidio volontario.
A cura di Gabriella Mazzeo
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Giampiero Gualandi avrebbe ucciso dopo essere rimasto "prigioniero in un castello di bugie da lui stesso costruito". A dirlo in aula durante la seconda udienza del processo contro l'ex comandante della polizia locale di Anzola accusato di omicidio volontario nei confronti dell'ex collega Sofia Stefani, è la procuratrice aggiunta di Bologna Lucia Russo che è intervenuta nell'aula della Corte di assise per sostenere le richieste di prove nel processo sull'omicidio sulla vigilessa.

Gualandi è accusato di  omicidio volontario della 33enne, ex collega, con la quale aveva una relazione extraconiugale. Secondo quanto emerso dal processo a carico dell'ex comandante della polizia locale di Anzola, tra lui e la vigilessa vi era un "contratto di sottomissione sessuale". Nel contratto, Giampiero Gualandi si "autodefiniva padrone, colui che tutto può sulla sua schiava. In un passaggio scriveva: "Io signore e padrone mi impegno a dominare l'anima della mia sottomessa".

La questione è stata discussa dalla procuratrice aggiunta Lucia Russo e dall'avvocato Andrea Speranzoni, difensore di parte civile per la famiglia Stefani, nei loro interventi di richiesta delle prove. Secondo quanto ricostruito in aula, Gualandi era ormai "prigioniero delle sue menzogne" in una relazione ormai non equilibrata.

L'uomo avrebbe quindi orchestrato l'escamotage del colpo partito per sbaglio dalla pistola di ordinanza nel suo ufficio per assassinare la giovane amante. Il 63enne ha sempre sostenuto l'ipotesi di un incidente, di un colpo esploso per sbaglio durante una colluttazione. Secondo la pm, il rapporto tra la vigilessa e Gualandi era "squilibrato" in favore del 63enne perché la giovane era "molto fragile e vulnerabile", mentre il 63enne era "spaventato all'idea che la relazione potesse essere scoperta".

La moglie di Gualandi, infatti, aveva scoperto di quel rapporto a fine aprile 2024. Il 63enne aveva inventato di aver concluso quella relazione da tempo e che la vigilessa "continuava a perseguitarlo".  Secondo la Procura, la loro storia era poi ripresa pochi giorni dopo, "nella piena inconsapevolezza della consorte di Gualandi".

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