Omicidio Scagni, Antonella Zarri: “Mio figlio ha ucciso mia figlia, ma resto la mamma di entrambi”
Antonella Zarri si trova in una situazione che pochissimi esseri umani al mondo devono e riescono a sopportare: è madre tanto della vittima quanto dell'assassino. Suo figlio Alberto Scagni, 43 anni, l'1 maggio 2022 ha ucciso la sorella Alice Scagni, 34 anni. L'uomo, condannato a 24 anni e sei mesi, è stato giudicato infermo di mente dalla perizia psichiatrica svolta durante il processo.
Siamo tornati da lei settimane dopo l'ultimo pestaggio subito in carcere da Alberto Scagni: l'uomo ora sta leggermente meglio, ma le sue condizioni di salute restano delicate.
Antonella, torniamo all'1 maggio 2022
"Il primo maggio 2022, dopo un'escalation di delirio e di scompenso, mio figlio Alberto Scagni ha ucciso sua sorella dopo averci telefonato intorno alle 13:30, delirando, urlando, manifestando veramente una follia".
Nella chiamata, registrata dai coniugi Scagni e fornita a Fanpage.it, si sentono testuali parole:
Alberto Scagni: Stasera Gianluca e tua figlia sai dove c***o sono! Sentito?
Graziano Scagni: “Gianluca e tua figlia”. Io chiamo, io chiamo il 112.
"Abbiamo tentato di fermarlo con l'ausilio del 112 – ricorda Antonella – con cui siamo stati al telefono sedici minuti, e nonostante nei mesi precedenti Alberto sia venuto in contatto con numerose forze dell'ordine e queste stesse forze dell'ordine avessero catalogato il suo comportamento come psichiatrico, quindi con una pericolosità sociale di un livello alto evidentemente, noi non siamo riusciti a far intervenire il 112. Noi siamo stati abbandonati".
A settembre 2023 Alberto è stato condannato a 24 anni e sei mesi
"Sì e questo perché la perizia psichiatrica ha rilevato che Alberto soffriva di disturbi importanti della personalità che, associati al periodo in cui sono successi i fatti, con la concomitante probabile assunzione di alcol e sostanze stupefacenti, hanno portato a valutarlo infermo di mente. E questo avrebbe dovuto essere considerato anche in relazione alla successiva detenzione in carcere, applicando discriminanti diverse da un delinquente comune".
E invece non è avvenuto?
"No. Per Alberto doveva essere messa in atto una qualche terapia di natura psichiatrica, che non è mai stata attuata. Nel carcere Marassi di Genova (dove Alberto è stato detenuto fino a novembre 2023, ndr) poi, mio figlio ha subito un pestaggio da un soggetto molto particolare, che aveva creato parecchie difficoltà in numerose carceri del Nord Italia. E fu deciso di metterlo nella stessa cella di Alberto. Dopo questo episodio, è stato deciso il trasferimento nel carcere di San Remo e a San Remo Alberto è stato picchiato da due concellini per una notte intera".
Come è venuta a conoscenza dei dettagli?
"Alcuni me li ha detti Alberto quando si è risvegliato dal coma, ma soprattutto mi sono stati riferiti dai detenuti che fronteggiavano la cella di mio figlio e che sono stati estremamente collaborativi, anche contro la volontà della polizia penitenziaria. Quando mi sono recata in carcere a Sanremo, nel sopralluogo che è stato fatto sulla cella, mi hanno rivelato di essere stati fatti uscire dalle celle per aiutare la polizia penitenziaria quando è stata fatta irruzione e prima per cercare di convincere i due concellini che stavano picchiando Alberto a smettere".
La polizia penitenziaria non è intervenuta durante il pestaggio?
"C'è un'indagine aperta della Procura. La polizia penitenziaria si è giustificata dicendo che loro non potevano entrare in cella senza l'autorizzazione del magistrato di turno e del direttore del carcere. In poche parole loro erano fuori dalla cella mentre massacravano a morte, perché l'hanno portato in coma, Alberto".
E poi cosa è successo?
"Dall'uscita dalla rianimazione dell'ospedale Alberto non è stato curato per due giorni, è stato trasferito in tutta fretta nell'ospedale di Imperia il 26 dicembre pomeriggio ed è stato messo in una cella di isolamento nel reparto di nefrologia, in carico però a fisiatria, che è tre piani sotto. L'ho trovato letteralmente abbandonato, in una situazione in cui non riusciva nemmeno a bere da solo. Basti pensare che gli hanno lasciato una bottiglietta chiusa di acqua a distanza di un metro dal letto e lui non riusciva nemmeno ad alzarsi".
Come sono oggi le condizioni di suo figlio?
"Alberto poi ha avuto la febbre alta ed è stato male. Non si nutriva. Dietro mia esistenza, finalmente, è stato pesato e su 1 metro e 80 cm, dopo due giorni che ha ripreso una lieve alimentazione, è 55 chili".
Lei sta combattendo perché abbia le giuste cure
"Io ho il dovere di essere madre e Alberto deve scontare la sua pena da vivo".
Come riesce a far convivere questi due immensi dolori?
"Il primo dolore e il dolore più forte da affrontare è e sarà sempre la perdita di Alice. Il fatto che sia stato Alberto a uccidere sua sorella è comunque qualcosa che travalicava la sua volontà perché io so bene quanto si amassero tra fratelli. Quindi sicuramente quello che solo una madre nell'intimo può sopportare uniti è vedere l'orrore di un omicidio e un amore sottostante. Comprendo che al di fuori del mio intimo sia impossibile e non lo pretendo da nessuno, ma io ho visto il loro rapporto nella verità più intima, quindi per me è obbligatorio unire questi dolori e soprattutto è doveroso che io rimanga la madre di entrambi".
Che rapporto ha con il perdono?
"L'azione di Alberto era obbligata in quel momento e la sua personalità non gli consentiva la capacità di chiedere aiuto. Non si può pensare di odiare l'orsa che ha ucciso un ragazzo in Trentino. Io comprendo che i genitori del ragazzo odino quell'orsa, ma razionalmentenon si può attribuire all'orso l'odio. Per esserci un perdono, ci deve essere dall'altra parte una colpa consapevole. Questa colpa consapevole non può in questo momento in alcun modo essere percepita da Alberto, perché Alberto ora è nella stessa situazione di scompenso e di squilibrio mentale precedente e concomitante all'atto dell'omicidio".
Cosa farete lei e suo marito?
"Con razionalità noi saremo vicini a nostro figlio, nel diritto di espiare la sua colpa piena e consapevole. Il desiderio fondamentale è che Alberto acquisti consapevolezza di quello che è accaduto con le responsabilità che gli saranno attribuite per la situazione psichica in cui era calato in quel momento. E che affronti questo dolore, perché per lui è sicuramente e sarà un dolore vivere senza sua sorella".