Omicidio Saman, il maresciallo: “Non avremmo mai trovato il corpo senza l’indicazione dello zio”
"In quel casolare era stato ripristinato a opera d'arte lo stato dei luoghi, non ci saremmo mai accorti del punto dello scavo, perché l'area era totalmente omogenea. Anche dal drone non si notava nulla e la vegetazione era cresciuta sopra. Poi è arrivata l'indicazione dello zio Danish".
Sono le parole del maresciallo Cristian Gandolfi dei carabinieri di Reggio Emilia che in aula davanti alla Corte d’Assise ha ripercorso le fasi di indagine e di ricerca del corpo di Saman Abbas, la 18enne pakistana scomparsa da Novellara (Reggio Emilia) nella notte tra il 30 e il 31 aprile e poi ritrovato a novembre 2022 a distanza di un anno e mezzo dalla sua scomparsa.
La giovane sarebbe stata uccisa dai suoi familiari per essersi opposta ad un matrimonio combinato. Saman è stata strangolata o strozzata, secondo l’autopsia. La causa della morte "asfissia meccanica da strozzamento o strangolamento". I periti non sono stati in grado di stabilire se l’omicidio sia stato compiuto a mani nude (in termini medico legali si parla di strozzamento) oppure con una corda o un laccio (strangolamento).
In tribunale si è celebrata un'altra udienza del processo che vede alla sbarra i genitori, lo zio e due cugini, accusati di aver ucciso e fatto poi sparire il corpo di Saman. Dal Pakistan si è collegato anche il padre Shabbar Abbas, che ha ribadito tramite i suoi legali di non voler essere ripreso da fotografi o telecamere.
Il maresciallo Gandolfi, nella sua lunga deposizione, ha poi ricostruito come grazie ai tabulati telefonici, alle intercettazioni dei profili dei social network, alla collaborazione dell’Interpol, siano riusciti poi ad acciuffare i due cugini e lo zio (scappati dopo il delitto tra Francia e Spagna) e il padre in Pakistan. La madre Nazia, invece, è ancora latitante nel Paese asiatico.