Omicidio Saman Abbas, tutte le tappe del processo: dalle accuse ai familiari alla sentenza
Il processo per l'omicidio di Saman Abbas, la 18enne pakistana scomparsa a fine aprile 2021 e trovata cadavere a novembre 2022 nei pressi di un casolare a Novellara, sta per arrivare alle battute finali. Terminata la fase istruttoria presso la Corte d'Assise di Reggio Emilia, entro fine mese, infatti, arriverà la sentenza per i cinque imputati: Shabbar Abbas, il papà della giovane vittima, Nazia, la madre ancora latitante, lo zio Danish e i cugini Nomanulhaq Nomanulhaq e Ijaz Ikra. Sono tutti accusati di omicidio in concorso, sequestro di persona e occultamento di cadavere. Ecco tutto quello che sappiamo sulla vicenda.
L'omicidio di Saman e le accuse ai familiari
Si ricordi che Saman sparì da Novellara tra il 30 aprile e l'1 maggio 2021. Qualche ora dopo i genitori partirono per il Pakistan, dove il padre, Shabbar, verrà arrestato circa un anno dopo, mentre la madre Nazia è tutt'ora latitante. Il 7 giugno 2021 è stata ufficializzata l’iscrizione nel registro degli indagati di 5 familiari della ragazza per omicidio in concorso e occultamento di cadavere.
Oltre ai genitori, nel registro degli indagati ci sono lo zio Danish e due cugini della ragazza: Ikram Ijaz e Nomanhulaq Nomanhulaq. Shabbar Abbas un mese dopo la scomparsa della figlia — che si era rifiutata di sposare un cugino in Pakistan cominciando una storia d'amore con un ragazzo che viveva in Italia, Saqib — ha confessato il delitto in una telefonata. Il 19 novembre 2022, poi, sono stati trovati dei resti umani a Novellara su indicazione dello zio Danish, ritenuto l'esecutore materiale del delitto: la conferma che si trattava del corpo di Saman è arrivata il 4 gennaio 2023. Secondo le analisi, è stata strozzata o strangolata.
L'inizio del processo a Reggio Emilia
Il processo a carico di Shabbar Abbas è iniziato a Reggio Emilia il 10 febbraio 2023: la sua posizione è stata unificata a quella degli altri quattro indagati. All'epoca si trovava ancora in Pakistan. Dopo un lungo iter, riceverà l'ok all'estradizione alla fine di agosto.
"Se si fosse agito in modo tempestivo forse Saman sarebbe ancora viva" ha commentato Teresa Manente, avvocato di Differenza Donna, una delle associazioni ammesse come parte civile nel processo per l’omicidio della 18enne. Anche il fidanzato di Saman, Saqib, si è costituito parte civile, assistito dall'avvocato Barbara Iannuccelli.
Subito si è passati ad ascoltare i testimoni. Il primo a intervenire è stato Pasqualino Lufrano, fino a qualche anno fa comandante della stazione dei carabinieri di Novellara: è stato lui, a inizio estate 2020, ad occuparsi per primo della vicenda di Saman dopo che la giovane, all'epoca minorenne, si era rivolta a lui per raccontargli della situazione a casa e del matrimonio combinato. In quel periodo le denunce contro i genitori di Saman non erano state ancora formalizzate.
Ma importanti sono state anche le dichiarazioni del fratello minore di Saman, anche lui minorenne all'epoca della scomparsa e dell'omicidio della sorella, secondo il quale sarebbe stato proprio Danish a mettere un braccio attorno al collo della ragazza la sera della sua sparizione.
Le dichiarazioni dello zio Danish
Il 23 marzo scorso Danish ha ribadito in aula la sua innocenza, accusando per altro i famigliari della 18enne pakistana di aver provato a uccidere anche lui la notte dell’omicidio della giovane: "Mi hanno chiamato perché volevano uccidermi, poi non so perché non l’abbiano fatto", ha detto il 34enne.
Durante l'interrogatorio ha aggiunto che i due cugini quella notte lo svegliarono dicendo "che c'era stato un litigio e che ci era scappato il morto". Danish ha dichiarato anche che, arrivati davanti a casa, "ho visto Saman morta, sdraiata con il collo strano, stretto. Io ho cominciato ad urlare forte, a maledire tutti, a piangere e ho perso i sensi. Quando mi sono risvegliato i due mi hanno sorretto e mi hanno dato dell'acqua". Per lui a uccidere materialmente Saman sarebbe stata la madre, Nazia.
Ancora, il 14 luglio 2023, Danish è tornato in aula affermano che "con Saman avevo un rapporto da amico, non da zio. Con me si poteva confidare e parlare di tutto". Rendendo dichiarazioni spontanee ha aggiunto: "Quando ho capito che potevo fidarmi della pm è iniziata la collaborazione. Volevo iniziare già da subito, ma volevo che mia moglie fosse al sicuro. Ho indicato il luogo dov'era Saman perché vorrei che ora trovasse il suo posto, dov'è ora, assieme ai miei genitori. Spero che tutto finisca e ci sia giustizia, chi deve pagare paghi. Che non rimanga solo una storia quella di Saman, ma abbia una fine".
L'11 novembre 2023 arriva la svolta: la Corte d’Assise di Reggio Emilia ha annullato con una ordinanza le dichiarazioni rese in interrogatorio da Danish, considerandole inutilizzabili. Quegli atti, dunque, ora sono fuori dal processo per la violazione dell’articolo 430 del Codice di procedura penale.
"Danish era l'unico che collocava tutti e 5 gli imputati sulla scena del crimine. Per cui ieri sera a sorpresa la Corte a disposto un sopralluogo presso la casa di Saman dove siamo andati tutti e durante il quale tutti i giudici sono stati fatti mettere davanti alla porta per capire cosa avrebbe visto il fratello minore della ragazza, perché con l'eliminazione delle dichiarazioni di Danish rimangono solo quelle del fratello, che avrebbe visto lo zio uccidere Saman, alla presenza dei due cugini e mentre i genitori guardavano. Sono queste ad oggi le uniche dichiarazioni che rimangono in piedi per portare alla condanna", ha commentato a Fanpage.it l'avvocato Barbara Iannuccelli.
Il ruolo del fratello minore di Saman nel processo
In effetti, tra le figure chiave del processo di Saman c'è proprio il fratello minore. Nei mesi scorsi il ragazzo, che era minorenne all'epoca della scomparsa della sorella, aveva deposto al processo con un'audizione protetta. "Non è influenzabile e il suo racconto è credibile", aveva riferito in aula la psicologa Rita Rossi, chiamata come consulente dall'avvocato Valeria Miari, legale del ragazzo da poco diventato maggiorenne e che è parte civile nel processo. "Il giovane ha limiti cognitivi, è immaturo e ha una grossa sofferenza post traumautica per la perdita della sorella. Aveva un legame profondissimo con Saman. L'ha idealizzata. Nel raccontare della sera della scomparsa piange, trema, sta molto male", aveva spiegato.
È stato considerato l'unico testimone oculare di quanto successo a Saman. "Già durante l'incidente probatorio – aveva ricordato Iannuccelli – aveva affermato di aver visto lo zio Danish mettere una mano sulla bocca di Saman. Al di là delle immagini delle telecamere, importantissime per comprendere questa vicenda, c'è anche un occhio umano, che è quello di questo ragazzo, che si troverà davanti il padre dopo molto tempo e non credo se lo aspettasse. Il che potrebbe creare qualche difficoltà".
Ma anche in questo caso non sono mancate le difficoltà. Con una nuova ordinanza la Corte di Assise reggiana aveva dichiarato inutilizzabili le dichiarazioni rilasciate dal ragazzo in precedenza, tra maggio e giugno 2021, quando era stato sentito come testimone semplice perché, secondo i giudici, doveva essere iscritto nel registro degli indagati. Il 31 ottobre, tornato in aula, ha affermato di aver detto delle bugie per paura del padre.
Quando in passato disse che i suoi cugini non c'entravano nulla, "ho detto una bugia perché mio padre mi disse di farlo, mi ha detto di non dire niente. Io da piccolo avevo paura di mio padre e di mio zio. Quando sono andato dall'altro giudice, ho detto che non hanno fatto niente, ero costretto da mio padre". Quando avvenne? "Non lo ricordo. Ma prima e dopo mi hanno chiamato e detto di non dire niente dei cugini".
Come ha spiegato l'avvocato Iannuccelli, "lui adesso ha parlato non come testimone, per cui le sue dichiarazioni hanno un peso specifico diverso, potremmo dire inferiore, ma se ci sono riscontri oggettivi valgono ugualmente". Il primo riscontro oggettivo che "esula dall'intero contesto familiare, sono le recentissime intimidazioni che il ragazzo ha ricevuto dal Pakistan. La logica impone di pensare che se non avesse avuto nulla di importante di dire non sarebbe stato necessario arrivare a tanto. Questo tipo di pressione è come se avesse confermato la veridicità dei suoi racconti", ha precisato la legale.
Quando ci sarà la sentenza Saman Abbas
Il 14 novembre 2023 si è conclusa la fase istruttoria, venerdì 17 i pubblici ministeri hanno speigato perché ritengono responsabili il padre Shabbar, la madre Nazia ancora latitante in Pakistan, lo zio Danish e i due cugini, tutti imputati di omicidio e occultamento di cadavere.
La Corte d’assise di Reggio Emilia ha accolto tutte le richieste dei difensori ed escluso molte prove portate dalla Procura. Non ci sono più, nel processo, come abbiamo visto gli interrogatori allo zio, non c’è nemmeno l’incidente probatorio in cui il fratello di Saman incolpava i familiari.
La Procura ha richiesto l'applicazione di una pena con il riconoscimento delle attenuanti generiche per lo zio Danish Hasnain – che ha collaborato facendo ritrovare mesi dopo la sparizione il corpo della giovane donna – e, di conseguenza per i due cugini della vittima, ritenuti succubi del primo e meri esecutori materiali dei suoi ordini. Chiesto invece l'ergastolo per i genitori. La sentenza dovrebbe arrivare il 19 dicembre.