Omicidio Saman Abbas, il padre Shabbar chiedeva al fratellino di “incastrare un altro parente”
Era rimasto da solo in Italia dopo la fuga dei genitori in Pakistan. Il padre, Shabbar Abbas, è stato arrestato dopo una latitanza di mesi nel novembre del 2022, mentre la madre Nazia Shaheen risulta ancora latitante. " Vanno tutti all'inferno" diceva al telefono il fratellino di Saman Abbas, l'adolescente uccisa a Novellara tra il 30 aprile e il 1 maggio del 2021 per essersi opposta a un matrimonio combinato. "Se non c'è più mia sorella – continuava in lacrime il ragazzo – allora non c'è più nessuno".
La sua testimonianza sarebbe stata poi fondamentale per risalire alla rete familiare che ha, secondo l'accusa, progettato e messo in atto l'omicidio e l'occultamento del cadavere della 18enne. In una conversazione telefonica con il figlio, Shabbar tentava di convincerlo ad addossare la colpa a un altro parente, uno diverso dai cinque imputati.
Shabbar avrebbe chiesto di "incastrare un altro" per la morte di Saman
"Tu devi dire che Danish e gli altri non hanno nessuna colpa – spiegava al figlio -. Devi dire che lui (l'altro parente ndr) è venuto a casa nostra e ha detto che ci avrebbe pensato lui. Adesso dobbiamo incastrare a questo qui".
Il parente citato dal padre della 18enne non sarebbe mai stato individuato dalle autorità. Il giorno dopo quella telefonata, la madre Nazia aveva provato a convincere il ragazzo che Saman non era morta. "Lei è qui – aveva detto -. Dio farà il bene e verrà ritrovata anche lei. Tornerà". "Se non c'è più mia sorella, non dovrò vivere nemmeno io" aveva ribadito il minore. "Lei non c'è – aveva poi concluso -. Non dire le cose sbagliate".
Le accuse allo zio Danish Hasnain
In alcune telefonate intercettate a fine maggio e inizio giugno 2021, il fratello di Saman accusava lo zio Danish dell'omicidio. La conferma a quanto da lui raccontato anche alle autorità, è arrivata dalle trascrizioni delle intercettazioni depositate agli atti del processo.
Danish viene indicato come responsabile materiale in una telefonata del 28 maggio, un mese dopo l'omicidio della ragazza, tra il fratello di Saman e una zia. "Non parlerò più con tuo fratello Danish – spiega il ragazzino – e neppure con quel cane che ha i baffi (il padre Shabbar ndr). Neppure con Irfan. Con nessuno. Ha fatto tutto lo zio, ha fatto tutto lui". La zia gli aveva intimato di tacere, ma l'adolescente aveva continuato il suo attacco. "A questi qui darò una lezione che si ricorderanno per tutta la vita. Se mia sorella non è viva, allora neppure loro avranno il diritto di vivere. O mi ucciderò oppure farò io qualcosa a loro".
In un'altra conversazione del giorno prima, il fratello di Saman parlava con una conoscente. "Mio zio ha ucciso una persona, capito?". "In Pakistan?", domandò lei. Risposta: "Novellara".