Omicidio Pordenone, la fidanzata di Ruotolo scrive a Barbara D’Urso: “Vivo un incubo”
"Vivo in un incubo più grande di me". Rosaria Patrone, 24enne fidanzata di Giosuè Ruotolo, (indagato per l'omicidio di Teresa Costanza e Trifone Ragone) ha scritto una lettera a Barbara d'Urso, la conduttrice di ‘Pomeriggio 5′ su Canale 5. E' la prima volta che la ragazza, indagata per favoreggiamento e istigazione., parla della sua situazione. "Ti scrivo Barbara perché hai affrontato questa vicenda senza pregiudizi: io sono una normale studentessa e mi trovo in una situazione con accuse infamanti che non auguro al mi peggior nemico – scrive nella missiva – Vivo notti da incubo, continuo a trascorrere giorni bui. Non ho più amici, sconosciuti mi additano facendomi sentire un mostro. Chi mi ridarà la mia serenità? Sono sicura che tu donna e mamma possa capirmi, sono stanca. Rosaria".
Oggi mio malgrado sono indagata per una orribile vicenda avvenuta a Pordenone, a mille chilometri da dove vivo io. Io sono una ragazza che fino a ieri viveva la sua vita in tranquillità, dedicandosi allo studio e alla famiglia – si legge nel testo integrale – Oggi, improvvisamente, mi trovo catapultata in una vicenda più grande di me, in un incubo inspiegabile. Vivo notti da incubo, svegliandomi di soprassalto, sperando che si sia trattato di un brutto sogno: purtroppo così non è e continuo a trascorrere giorni bui che posso solo sperare finiscano quanto prima".
Rosaria assicura che rimarrà al fianco del suo Giosuè. “Vedo – racconta la 24enne di Somma Vesuviana – che da più parti addirittura si meravigliano che non abbia ancora lasciato Giosuè : perché dovrei farlo? Cosa mi rimarrebbe? Se un giorno dovesse accadere sarà perché il nostro amore sarà finito e non certo perché oggi io possa avere dei dubbi. Sono certa della sua innocenza, vorrei solo essere lasciata in pace”.
La lettera continua: “Non ho più amici, quelli che avevo mi evitano con cura, le persone che incontro, anche sconosciuti, mi additano con morbosa curiosità, facendomi sentire un mostro; sono stata giudicata e condannata già prima di entrare quale indagata in questo processo eppure avevo appreso attraverso i miei studi universitari – frequento con discreto profitto l’ultimo anno della facoltà di Giurisprudenza – che per essere ritenuta colpevole dovevo essere condannata dopo ben tre gradi di giudizio. Le mie foto, mio malgrado, sono ovunque”.