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Omicidio Pompa, il pg contro il fratello di Alex Cotoia: “Aiutò immobilizzando il padre durante il delitto”

Il procuratore generale Giancarlo Avenati Bassi ha puntato il dito contro il fratello di Alex Cotoia, il giovane che nel 2020 uccise il padre violento per difendere la madre. “Ha aiutato il fratello a uccidere il papà tenendolo fermo e inquinando le prove. Non c’è legittima difesa, ma movente di rabbia e odio”.
A cura di Gabriella Mazzeo
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Alex Cotoia, la madre e il fratello Loris
Alex Cotoia, la madre e il fratello Loris

Il procuratore generale Giancarlo Avenati Bassi ha chiesto nuovamente la condanna di Alex Cotoia, il giovane che il 30 aprile 2020 uccise il padre violento con 34 coltellate per proteggere la madre. Secondo il procuratore, Giuseppe Pompa "fu scannato", ma non ci fu una colluttazione: il movente non sarebbe stato la paura, ma "odio e rabbia".

Bassi ha messo in dubbio la verità cristallizzata nell'indagine e nei processi sull'omicidio di Giuseppe Pompa, il padre violento a causa del quale Alex ha poi cambiato cognome, passando dall'essere Alex Pompa a Alex Cotoia, cognome della mamma. Secondo Bassi, anche il fratello maggiore del giovane andrebbe indagato. "Lo ha aiutato tenendolo fermo" ha sottolineato, spiegando che il giovane avrebbe permesso ad Alex di prendere altri coltelli. Il giovane, oggi 22enne, è stato assolto in primo grado per legittima difesa e poi condannato in appello a 6 anni, 2 mesi e 20 giorni.

La Cassazione ha annullato il verdetto e ora, come spiega Corriere della Sera, si aprono nuovi scenari che riguardano una presunta complicità del fratello. 

Anche il sostituto procuratore Alessandro Aghemo ha criticato la sentenza. Nelle foto mostrate durante l’udienza, Giuseppe Pompa si trova in soggiorno, pieno di sangue e senza scarpa. Secondo Aghemo, la scena non racconta la legittima difesa. "Pompa è stato scannato e l'ordine in casa lo dimostra. Ogni ninnolo e soprammobile è al proprio posto, persino la frutta e i fiori sulla tavola. Lo scaffale in vetro è a posto. Se ci fosse stata una colluttazione, qualcosa sarebbe caduto".

Il fratello di Cotoia e la mamma Maria (già indagati per falsa testimonianza) avrebbero inventato la colluttazione, secondo il procuratore. "A 30 centimetri dal cadavere è tutto intatto – spiega – e quindi non è vero che Pompa stava per prendere il coltello. Non ha ferite da difesa se non un taglietto di pochi centimetri su 34 coltellate. Come è possibile, se nessuno ti tiene fermo? Loris ha delle ferite sugli avambracci, perché il padre ha piantato le unghie mentre lui lo teneva permettendo ad Alex di andare a prendere gli altri coltelli".

Per questi motivi, chiede di indagare Loris Pompa per omicidio volontario. "Non può dire che passava lì per caso. C'è un messaggio che invia allo zio alle 22.26 in cui gli chiede perché non interviene". "Noi siamo qui che stiamo rischiando la vita, vieni ad aiutarci, abiti a 2 minuti di macchina da noi" recitava l'sms che, secondo il procuratore, sarebbe stato scritto "per inquinare le prove".

"Giuseppe Pompa ha telefonato al fratello alle 22.22, alle 22.26 era già morto – spiega -. Il messaggio è fasullo un colpo di genio e una vendetta, in modo che lo zio abbia sulla coscienza un omicidio che loro hanno commesso". Considerata fasulla anche la telefonata fatta da Alex ai carabinieri per confessare l'omicidio. "Sembrava leggesse".

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