Omicidio 17enne a Pescara, i minorenni interrogati: “Mentre lo uccidevano gli dicevano di stare zitto”
Quella dell’omicidio del 17enne ucciso a Pescara con circa 25 coltellate è una storia di "empatia che manca". Così l'hanno definita gli investigatori della polizia che stanno cercando di capire anzitutto le motivazioni della terribile mattanza avvenuta nei pressi del parco Baden Powell.
I due ragazzi, liceali e figli di buona famiglia, attualmente in stato di fermo in centri di prima accoglienza (entro quattro giorni ci sarà l’udienza di convalida), sono stati sentiti dal capo della Procura per i minorenni dell’Aquila, David Mancini, e dal sostituto Angela D’Egidio. Non avrebbero tradito particolari emozioni durante il primo interrogatorio.
Alla base del delitto potrebbe esserci un probabile debito di droga che i due avrebbero dovuto alla vittima per cessioni precedenti. Pare 200-250 euro che il giovane voleva riscuotere. "Per lui era diventata una questione di rispetto" emerge dai verbali degli interrogatori. Domenica pomeriggio, 23 giugno, il gruppo di ragazzi fra i quali i due autori dell’accoltellamento e dell’uccisione del 17enne, sarebbe arrivato all’appuntamento al parco dopo un pranzo in comitiva.
A raccontare cosa è accaduto è uno dei due indagati:
Abbiamo incontrato [la vittima, ndr] e M. [uno degli accoltellatori] ha voluto chiamare un amico [del 17enne] affinché questi gli portasse i soldi. M. diceva a C. che era diventata una questione di rispetto. Siamo andati nei pressi del silos a parlare e C. ha chiesto a M. perché si portava dietro i suoi scagnozzi".
Un altro degli indagati, identificato come C., sarebbe stato visto con una pistola "di piccole dimensioni", racconta ancora il minorenne. A un tratto M. mostra il coltello agli altri “facendo una smorfia”. Il gruppo poi vede M. infierire:
Quando siamo arrivati, M. ha continuato ad accoltellarlo. Hanno detto che M. gli ha dato quindici coltellate e C., che poi ha preso il coltello con una lama nera, gliene ha date altre dieci. Io mi sono allontanato e sono andato dagli altri".
La vittima "faceva dei versi: era quasi morto, e loro gli dicevano di stare zitto". E alla domanda degli inquirenti sul perché anche C. abbia colpito la vittima visto che il debito era del solo M., il testimone ha risposto: "Perché erano amici". E mentre la vittima era agonizzante a terra, qualcuno gli avrebbe sputato addosso e perfino spenta una sigaretta sul volto.