Omicidio Nada Cella, sulla ricostruzione del delitto duro scontro in aula tra accusa e difesa di Cecere
Sul rinvio a giudizio di Annalucia Cecere, l'ex insegnante accusata di aver aggredito e ucciso la segretaria 24enne Nada Cella nel 1996, si deciderà il prossimo primo marzo. Lo ha stabilito la giudice Angela Nutini che ha deciso di prendere altri giorni per capire se far iniziare la celebrazione del processo contro Cecere per omicidio e contro Marco Soracco, il commercialista per cui lavorava la ragazza uccisa, e sua madre, Marisa Bacchioni, per aver tentato di sviare le indagini con false dichiarazioni.
Sono state 7 lunghissime ore quelle dell'udienza preliminare che si è celebrata ieri, giovedì 15 febbraio, per la madre della 24enne, Silvana Smaniotto. La signora ha commentato: "è un giorno triste", prima di entrare in tribunale, accompagnata da Daniela ed Eleonora, la sorella di Nada e la nipote. Per lei è stata la prima volta in aula dal giorno dell'omicidio della figlia.
L’accusa, rappresentata dalla pubblico ministero Gabriella Dotto, e la difesa si sono scontrate su quella che dovrebbe essere la ricostruzione del delitto fatta dalla Procura e dalla parte civile, costituita dalle legali Sabrina Franzone e Laura Razzetto. L'ex insegnante è stata definita una "donna violenta", che quel lontano 9 maggio avrebbe aggredito Nada per motivi di "rancore e gelosia". Una versione che uno dei legali di Cecere, Giovanni Roffo (che lavora insieme a Gabriella Martini, ndr) ha definito, secondo quanto riporta Repubblica, frutto della fantasia di "un romanziere".
Durante l'udienza è stata esaminata anche la posizione di Soracco, il datore di lavoro di Nada. Fu lui a chiamare i soccorsi dopo averla trovata agonizzante nel suo studio. Secondo l’accusa, avrebbe anche "sorpreso l’assassina sul luogo del delitto", ma insieme alla madre Marisa Bacchioni l’avrebbe coperta perché temeva che venisse scoperto un giro sospetto di soldi in cui era coinvolto. "Cose che non stanno né in cielo né in terra", ha detto l’avvocato Andrea Vernazza, che difende il commercialista e la donna.
Anche il ritrovamento di alcuni bottoni a casa di Cecere pochi giorni dopo l’omicidio, molto somiglianti a quello trovato in una pozza di sangue accanto al corpo di Nada Cella, è stato messo in discussione dalla difesa. Se l’accusa infatti sostiene che le uniche differenze siano una cornice di plastica saltata durante l’aggressione e il colore leggermente diverso perché "immerso nel sangue", gli avvocati di Cecere sostengono che siano "proprio di tinte diverse, non è che il sangue possa trasformarle".
Alla fine la giudice Angela Nutini ha preferito rinviare la decisone alla prossima udienza. Nessun imputato era presente in aula, ma l’assenza più rumorosa è stata quella di un personaggio chiave in tutta questa vicenda. Antonella Delfino Pesce, la criminologa che ha fatto riaprire le indagini sul caso grazie alla sua tesi di master, consegnata all’ex procuratore capo Francesco Cozzi. Roffo l’ha definita fra le altre cose "una truffatrice fuorilegge". La criminologa però sarebbe sulle tracce di una testimone importantissima, la famosa “signorina” che parlò con Marisa Bacchioni tre mesi dopo l’omicidio di Nada, e svelò: "Quel giorno l’ho vista che metteva tutto nel motorino, eravamo in cinque, non so perché le altre stanno zitte".