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Omicidio Nada Cella, oggi l’udienza decisiva sul ‘cold case’: “Sono stati fatti errori clamorosi”

“Ci aspettiamo un’analisi corretta della sentenza”. A Fanpage.it parla Sabrina Franzone, l’avvocata che difende la madre di Nada Cella, la ragazza trovata morta nello studio di commercialisti dove lavorava il 6 maggio 1996. Oggi, mercoledì 20 novembre, i giudici della Corte d’Appello di Genova dovranno decidere se rinviare a giudizio Annalucia Cecere, accusata di aver ucciso Cella, o se confermare il non luogo a procedere.
A cura di Eleonora Panseri
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"Dalla Corte ci aspettiamo un'analisi corretta di questa sentenza che è del tutto infondata e presenta un insieme di errori clamorosi". A parlare è Sabrina Franzone, l'avvocata che difende Silvana Smaniotto, madre di Nada Cella, raggiunta da Fanpage.it prima dell'udienza presso la Corte d'Appello di Genova che si celebrerà oggi, mercoledì 20 novembre. 

I giudici dovranno decidere se rinviare a giudizio Annalucia Cecere, la donna accusata di aver ucciso la ragazza, trovata morta nello studio di commercialisti dove lavorava come segretaria il 6 maggio 1996. Potrebbe essere l'ultimo atto del caso riaperto tre anni fa, grazie anche al fondamentale contributo della criminologa Antonella Delfino Pesce.

Annalucia Cecere
Annalucia Cecere

La pubblico ministero Gabriella Dotto ha fatto ricorso dopo la sentenza di non luogo a procedere pronunciata a marzo dalla giudice Angela Maria Nutini, per la quale invece gli elementi raccolti dall'accusa erano insufficienti per andare a processo.

"La sentenza impugnata è frutto di un gravissimo travisamento degli elementi di prova offerti dalla Procura a sostegno della richiesta di rinvio a giudizio[…]. Dalla lettura della sentenza – ovviamente in misura macroscopica per chi conosce
approfonditamente gli atti – emergono inammissibili forzature, superficialità, clamorosi errori e persino affermazioni che poggiano su dati inesistenti o, peggio ancora, inveritieri", si legge nella memoria difensiva di 68 pagine prodotta da Franzone.

Insieme a Cecere, ex insegnante di 58 anni, è stato chiesto il processo anche per il commercialista titolare dello studio dove lavorava la ragazza uccisa, Marco Soracco, e l'anziana madre Marisa Bacchioni, accusati di favoreggiamento. Secondo gli inquirenti, i due avrebbero infatti mentito più volte, negando di avere visto Cecere sul luogo del delitto.

Marco Soracco (Foto Facebook)
Marco Soracco (Foto Facebook)

"Abbiamo uno strumento e possiamo solo andare avanti, sperando che queste urla di disperazione e di assoluta ingiustizia vengano ascoltate da qualcuno", ha detto ancora l'avvocata a Fanpage. "La famiglia non sta bene, la sentenza per la mamma è stata un colpo molto forte. Si aspettava un rinvio a giudizio ed era pronta a un'eventuale assoluzione. Non era pronta invece a quello che è successo", ha aggiunto.

La mamma della vittima potrebbe non presentarsi oggi in aula, proprio per manifestare la sua delusione nei confronti della sentenza precedente.

Il caso era stato riaperto nel 2021 dalla Procura, convinta a effettuare nuove indagini dal dossier presentato dall’avvocata della famiglia e da Delfino Pesce. La criminologa aveva scoperto che i Carabinieri all'epoca trovarono in casa di Cecere dei bottoni uguali a quello sporco di sangue rinvenuto sotto il corpo della ragazza, ma non lo rivelarono ai poliziotti che si stavano occupando delle indagini.

La famiglia ha più volte ribadito, in precedenti interviste, di non voler trovare a tutti i costi un colpevole. Chiede solo di celebrare un processo per fare in modo che possa emergere la verità sulla morte della ragazza che, a distanza di quasi 30 anni, resta ancora un mistero.

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