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Omicidio di Nada Cella

Omicidio Nada Cella, la sorella: “Non vogliamo che qualcuno vada in galera, ma che si faccia chiarezza”

Per la prima volta la sorella di Nada Cella, Daniela, ha parlato in un’intervista esclusiva alla trasmissione ‘Quarto Grado’ della morte della ragazza uccisa nel 1996. La donna ha commentato anche la sentenza del tribunale di Genova che ha prosciolto Annalucia Cecere, l’ex insegnante accusata del delitto, l’ex datore di lavoro di Nada, Marco Soracco, e sua madre, Marisa Bacchioni.
A cura di Eleonora Panseri
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Da sinistra, Nada Cella e sua sorella Daniela
Da sinistra, Nada Cella e sua sorella Daniela
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"Ho vissuto dall'età di 20 anni a Milano, mi sono trasferita e lavoro lì. Non andavo giù frequentemente e anche quel weekend non ero scesa. Sapevo che mia sorella aveva disagio ad andare in ufficio e a frequentare il suo datore di lavoro". A parlare in un'intervista esclusiva a Quarto Grado è Daniela Cella, la sorella di Nada, uccisa nel 1996 a Chiavari nello studio di commercialisti in cui lavorava.

"Mia sorella era una persona estremamente riservata. Se aveva un problema, pur di non dare dispiacere ai miei, preferiva non parlare. Io sono sempre stata diversa da lei, nei miei rapporti quotidiani sono molto più espansiva, con mia madre mi confidavo, lei meno. E certe cose le ho sapute quando è successa la tragedia, non prima", aggiunge rispondendo alle domande del conduttore, il giornalista Gianluigi Nuzzi.

L'omicidio della ragazza, allora 24enne, resta un cold case, riaperto nel 2021, grazie ad alcuni elementi fatti emergere da una tesi di laurea firmata dalla criminologa Antonella Delfino Pesce. Dopo la chiusura delle indagini, l'ex insegnate Annalucia Cecere è stata accusata di aver ucciso Nada "con crudeltà e per futili motivi", come si leggeva nella richiesta di rinvio a giudizio formulata dalla Procura di Genova.

Pochi giorni fa, però, la giudice Angela Maria Nutini ha emesso sentenza di non luogo a procedere nei confronti della donna e ha allo stesso tempo prosciolto anche Marco Soracco, datore di lavoro di Nada Cella, e sua madre, Marisa Bacchioni, accusati di aver ripetutamente mentito agli inquirenti. I due, secondo quanto ricostruito, avrebbero tentato di coprire un losco giro di soldi in cui sarebbero stati coinvolti e per questo avrebbero tentato di depistare le indagini. Di questo la 24enne avrebbe parlato allo zio.

La sorella Daniela in trasmissione commenta: "Non ho assistito al colloquio tra mia sorella e mio zio perché erano solo loro, nessuno dei due mi ha mai detto niente. Mio zio è stato timoroso, aveva paura di coinvolgere i miei in un qualcosa che non andasse bene o che mia sorella avesse confidato qualcosa che potesse procurare qualche fastidio ai miei, soprattutto a mio papà che era malato di cuore. Lei era molto protettiva nei loro confronti".

La donna poi ha parlato anche del mancato rinvio a giudizio e della delusione provata da lei, dalla mamma Silvana e dal resto della famiglia. "Dico solo che venerdì scorso è stato come ricevere una pugnalata. Una cosa che non auguro a nessuno perché, innanzitutto, ci siamo noi come famiglia, ma anche gli inquirenti e la magistratura questa volta hanno messo l'anima. Io non avrò mai parole sufficienti per poterli ringraziare, perché vi posso assicurare che hanno fatto di tutto per arrivare dove sono arrivati. E comunque noi adesso sappiamo come sono andate le cose".

"Soracco, secondo me, ha mentito, sempre e comunque, insieme alla mamma. – aggiunge Daniela – Qui ci sono anche gli ambienti ecclesiastici che hanno provveduto a fare quadrato intorno al signor Soracco e alla sua famiglia".

Nada Cella e sua mamma Silvana
Nada Cella e sua mamma Silvana

Durante il programma si è tornati a parlare anche di una testimone che avrebbe visto Cecere dopo il delitto, sporca di sangue, mettere qualcosa dentro il motorino, e che l'avrebbe poi incontrata nei giorni seguenti: "Se è vero quello che dice questa signora e se vuole parlare, io sono disponibile a portarla dagli inquirenti. Se questa signora ha paura di presentarsi in Procura o dai poliziotti, la vado a prendere io, si metta in comunicazione con me. – è stato l'appello della donna – È una cosa che potrebbe portare all'impugnazione questa sentenza che ritengo vergognosa. Perché abbiamo già subito tutto questo 28 anni fa, adesso si ripresenta un ostacolo. È come se noi dovessimo sempre inseguire la verità. Noi non vogliamo che vada in galera qualcuno, ma che venga fatta chiarezza".

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