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Omicidio di Nada Cella

Omicidio Nada Cella, la criminologa che ha riaperto il caso: “Imbarazzanti le motivazioni della sentenza”

La criminologa Antonella Delfino Pesce, che ha fatto riaprire le indagini sull’omicidio di Nada Cella, la segretaria 24enne uccisa a Chiavari nel 1996, ha commentato le motivazioni della sentenza di proscioglimento dei tre indagati, Annalucia Cecere, Marco Soracco e Marisa Bacchioni. “Nessuno ha mai voluto un colpevole a tutti costi”, si è sfogata Delfino Pesce.
A cura di Eleonora Panseri
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Da sinistra, Nada Cella e la criminologa Antonella Delfino Pesce
Da sinistra, Nada Cella e la criminologa Antonella Delfino Pesce
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"È stato imbarazzante leggere le motivazioni della sentenza Nada Cella. Nessuno ha mai voluto un colpevole a tutti costi". La criminologa Antonella Delfino Pesce, che ha fatto riaprire le indagini sull'omicidio della segretaria 24enne uccisa a Chiavari nel 1996, ha commentato così le motivazioni della sentenza di proscioglimento dei tre indagati rese note nella giornata di ieri, lunedì 25 marzo.

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All'inizio del mese di marzo, infatti, la giudice del tribunale di Genova Angela Maria Nutini ha deciso il non luogo a procedere  per Anna Lucia Cecere, ex insegnante, accusata di essere l'assassina di Nada Cella, Marco Soracco, il commercialista da cui la 24enne lavorava come segretaria, e la sua anziana madre Marisa Bacchioni. Questi ultimi due erano accusati di favoreggiamento e di avere mentito al pubblico ministero durante le indagini.

Annalucia Cecere
Annalucia Cecere

Per la giudice gli elementi raccolti dalla Procura sarebbero "solo sospetti e non indizi" incapaci di portare a "una ragionevole previsione di condanna come previsto dalla riforma Cartabia", si legge nelle motivazioni della sentenza.

"Si è sempre cercato di arrivare a un contraddittorio – continua la criminologa – che sarebbe stata l'occasione per mettere a confronto tra loro i tre indagati che, fino ad oggi, si sono fatti beffe di tutti, in primis della magistratura, dimostrando che si può omettere, mentire e rifiutarsi di dare spiegazioni senza inciampare in alcun capo di imputazione".

La giudice ha anche spiegato che "Soracco e la madre hanno sviato le indagini e mentito" e che il commercialista era presente al momento dell'omicidio.

Marco Soracco (Foto Facebook)
Marco Soracco (Foto Facebook)

"La Cartabia può essere, forse, un cerotto utile per una piccola ferita non certo la cura per un tumore lungo 28 anni e mai curato. Come si può addurre colpe gravissime all'indagato e non prendersi poi la responsabilità di un processo? Come si può prosciogliere l'indagata sulla base di un Dna cercato e non trovato dopo tre decenni? Come si può presumere che l'alibi sia stato verificato nel 1996 se nulla è agli atti?", si chiede Delfino Pesce.

"Sarebbe giusto che qualcuno si prendesse per una volta la responsabilità di avvertire i familiari di omicidi irrisolti di non aspettare più, di farsene una ragione perché per loro lo Stato non ci sarà. Bisogna abituarsi a non aver fiducia nella giustizia da piccoli perché da grandi si fa fatica", conclude. Per la Procura Cecere uccise Nada perché gelosa di lei. Gli altri due coinvolti, Soracco e la madre, avrebbero mentito per convenienza: la segretaria aveva scoperto un malaffare dentro lo studio e voleva andarsene via.

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