Omicidio Nada Cella, la criminologa che ha fatto riaprire il caso: “È ora che gli imputati dicano la verità”
"È stata una giornata davvero epocale. Non si può parlare di felicità perché comunque è morta una ragazza di 25 anni, ma posso ancora credere nella giustizia, dopo la brutta disavventura dell'udienza preliminare".
A parlare a Fanpage.it è Antonella Delfino Pesce, la criminologa che tre anni fa è riuscita a far riaprire le indagini sul caso di Nada Cella, la ragazza trovata morta a Chiavari il 6 maggio 1996 nello studio di commercialisti dove lavorava come segretaria.
Ieri, mercoledì 20 novembre, si è celebrata presso la Corte d'Appello di Genova l'udienza al termine della quale sono stati rinviati a giudizio Annalucia Cecere, accusata di aver commesso il delitto, Marco Soracco, il commercialista per vui lavorava Nada, e sua madre, Marisa Bacchioni (quest'ultimi per aver mentito agli inquirenti).
A marzo i tre erano stati prosciolti, mentre i giudici della Corte d'appello hanno deciso, sulla base degli elementi raccolti dalla Procura, di ribaltare completamente la decisione. "Dobbiamo chiederci come è stato possibile prosciogliere i tre imputati. Alcune valutazioni sono state evidentemente falsate nel giudizio e nella comprensione. Come hanno potuto?", si domanda Delfino Pesce.
Il processo inizierà il prossimo 6 febbraio, a distanza di quasi 30 anni dall'omicidio. Il contributo della criminologa è stato essenziale per la riapertura delle indagini: è stata infatti proprio Delfino Pesce a fornire alla Procura nuovi spunti e aspetti inediti sul caso.
"Io ho avuto il merito di innescare la riapertura dell'indagine che poi è stata portata avanti dalla Procura. Il mio compito è quello di accompagnare le famiglie in questo percorso, ma nel caso di Silvana (Smaniotto, la mamma di Nada, ndr) il merito forse è stato più suo che mio", ha ricordato.
"Ho lavorato tanto ma lei ha saputo gestire me e le situazioni difficili. Ci siamo conosciute nel 2018, la riapertura delle indagini è stata nel 2021 e sono stati anni sempre con il vento contro. Ora tutti mi dicono: ‘Il processo non sarà facile' ma non c'è stato nulla di facile, sono stati 6 anni di difficoltà".
Le due donne sono riuscite a sentirsi ieri, dopo la sentenza che ha rinviato a giudizio i tre imputati. "I nostri telefoni erano roventi, continuavano a squillare e siamo riuscite a parlarci solo alle 22.30. Prima dell'udienza ero terrorizzata, avevo paura per lei. Glielo dico fra i denti, se fosse andata male, avrei continuato a lavorare e a cercare di tirare fuori altre cose su questa indagine perché meritava e c'erano tutti i presupposti", ha ricordato.
"Silvana è una signora anziana, che ne ha passate di tutti i colori, temevo che fosse un colpo che non sarebbe riuscita a superare, dopo quello durissimo dello scorso marzo. Quando, appena uscita dall'aula, disse: ‘Non abbiamo perso noi, ha perso la giustizia‘".
Ma ieri la signora stava meglio, ha assicurato Delfino Pesce, che racconta sorridendo: "Lei ha un po' problemi di udito e ieri mi ha detto: ‘Questa settimana vado a prendere l'apparecchio nuovo, così al processo posso sentire bene tutto‘. Noi avevamo fatto un patto, che lei non si sarebbe mai illusa e io non mi sarei mai fatta scoraggiare. E vi abbiamo tenuto fede fino all'ultimo, anche se è stata durissima per tutti, so quanto abbiamo lavorato".
"C'è sempre stata la volontà di arrivare alla verità. Noi non stiamo festeggiando per una condanna o un colpevole, qui si tratta di arrivare alla verità. – ha spiegato ancora la criminologa – E che queste persone che hanno platealmente mentito si decidano finalmente a dire quello che sanno. Solo allora sarò contenta. Nonostante le ingiurie e i messaggi intimidatori, sono sempre stata disponibile a un confronto che però non c'è stato".
Anche Silvia Cella, nipote della signora Smaniotto e cugina di Nata, ha ringraziato pubblicamente sui social la criminologa. "Lei abita a Chiavari, mentre Daniela (la sorella della ragazza assassinata, ndr) vive a Milano. Ogni volta che sono stata a Chiavari Silvia mi ha sempre aiutato, le voglio bene come una sorella. Diciamo che è anche una sorella più saggia, è sempre stata molto assennata".
"Io ho conosciuto Nada solo attraverso i verbali. – conclude la criminologa, quando le chiediamo di parlare della ragazza assassinata – Era molto riservata, teneva tutto per sé. E dai suoi diari è emerso il timore di non essere capita, di non essere una persona facilmente comprensibile. Le direi invece che la persona che è riuscita a capirla meglio è stata proprio Silvana, la sua mamma".