Amanda Knox scrive al giudice: “Contro di me abuso ingiusto e maligno”
Una lunga mail fatta avere, tramite i suoi legali, alla Corte d’Appello di Firenze dove è in corso il processo bis per l’omicidio di Meredith Kercher. È questo quanto i giudici possono avere di Amanda Knox, la ragazza americana imputata insieme a Raffaele Sollecito con l’accusa di aver partecipato al delitto della studentessa inglese. Amanda, infatti, ha scritto ai giudici ed è tornata a ribadire che lei non tornerà in Italia perché ha paura. Amanda Knox, che secondo l’accusa deve essere condannata a 30 anni di reclusione, parla di “un abuso ingiusto e maligno” che vi sarebbe stato nei suoi confronti. Dice che non sarà presente in aula perché ha paura “che la veemenza dell’accusa vi impressionerà, che il loro fumo negli occhi vi accecherà”.Nelle pagine inviate a Firenze, la Knox parla del suo rapporto con la vittima: “Meredith era la mia amica, lei mi era simpatica, mi aiutava, era generosa e divertente. Non mi ha mai criticata, non mi ha mai dato neppure un’occhiataccia”. Ricorda che l’accusa ha parlato di una rottura tra le due coinquiline che Amanda nega perché non avrebbero mai litigato.
“Mi hanno mentito, urlata, minacciata” – In un altro passaggio della lunga mail, la giovane americana sottolinea che “il mio comportamento dopo la scoperta dell'omicidio indica la mia innocenza. Mai avrei pensato o immaginato che avrebbero usato la mia ingenua spontaneità per supportare i loro sospetti. Non ho nascosto i miei sentimenti: quando avevo bisogno di conforto Raffaele mi abbracciava, quando ero arrabbiata bestemmiavo e facevo osservazioni insensibili”. Amanda parla anche di Patrick Lumumba e delle parole dette nei suoi confronti: “Dobbiamo riconoscere che una persona possa essere portata a confessare falsamente perché torturata psicologicamente”. Amanda racconta di quando la portarono in questura, delle minacce e delle botte ricevute: “Mi hanno mentito, urlato, minacciata, dato due scappellotti sulla testa. Mi hanno detto che non avrei mai più visto la mia famiglia se non avessi ricordato cos’era successo a Meredith quella notte”. Di lei stessa dice di non essere un mostro, di non aver mai dimostrato un comportamento antisociale, aggressivo, violento o psicopatico. Dice di non essere tossicodipendente né ossessionata dal sesso. Accusa e parti civili “vogliono che pensiate che io sia un mostro perché è facile condannare un mostro”. Parla di prove inventate e teatrali come di lei, come quella del coltello che avrebbe usato per uccidere Mez. “Non ho ucciso – scrive ancora Amanda – Non ho stuprato. Non ho tramato. Non ho istigato. Non c'ero e non avevo niente a che fare”. Dice di essere innocente, come lo è anche il fidanzato di un tempo, Raffaele Sollecito: “Meredith e la sua famiglia meritano la verità, vi prego di porre fine a questa enorme ed estenuante ingiustizia”.
“Chi vuol parlare nei processi viene ai processi” – L'email che Amanda ha inviato alla Corte di Firenze “è irrituale”: così Alessandro Nencini, presidente della Corte d’assise prima di leggere il testo. “Chi vuol parlare nei processi viene nei processi”, ha spiegato precisando che non sono dichiarazioni spontanee. Il presidente della Corte ha anche sottolineato che sono i difensori ad attribuire ad Amanda la paternità del testo: “Io non l'ho mai vista, non la conosco”. Oggi nell’aula di Firenze è proprio il turno dei difensori degli imputati, a partire da quelli di Amanda. Dopo la pausa natalizia la corte tornerà a riunirsi il 9 gennaio quando terrà l'arringa il collegio difensivo di Raffaele Sollecito guidato dall'avvocato Giulia Bongiorno. Il giorno successivo, il 10 gennaio, probabilmente il procuratore generale Alessandro Crini terrà la controreplica. Se questo calendario verrà rispettato, la corte d'Assise d'Appello si riunirà in camera di consiglio il 15 gennaio e in serata dovrebbe arrivare la sentenza.