Omicidio Massimo Melis, il testimone inchioda il presunto killer Oste: “Quella sera era armato”
"Massimo Melis ha pagato con la vita il fatto di essere stato altruista e disponile verso una persona che gli aveva chiesto aiuto perché spaventata dall’aggressività dell’indagato". Queste le parole del procuratore capo di Torino, Anna Maria Loreto, nel descrivere gli sviluppi dell’indagine sull’omicidio di Massimo Melis per il quale resta in carcere Luigi ‘Gino' Oste, il barista 62enne arrestato la sera di venerdì 5 novembre. Oggi, lunedì 8, il giudice Valentina Soria non ha convalidato il fermo disposto dal pm Chiara Canepa, non riconoscendo il pericolo di fuga (così come aveva chiesto il suo avvocato, Salvo Lo Greco) ma ha emesso una nuova ordinanza di custodia cautelare nei confronti dell'indagato, riconoscendo l'evidenza della sua colpevolezza.
Stando a quanto ricostruito il 62enne si era invaghito dell'amica di Melis, Patrizia, con la quale in passato la vittima aveva avuto una relazione e che aveva recentemente ricominciato a frequentare. Diversi filmati ripresi dalle telecamere di videosorveglianza posizionate in corso Vercelli e in via Gottardo accertano la presenza di Oste sulla scena del crimine in un orario compatibile con quello dell’omicidio, lo scorso 31 ottobre. Melis è stato ammazzato con un unico colpo di pistola alla tempia. A inchiodare il 62enne c’è un testimone che afferma che Oste era armato la sera del delitto. "L'azione omicidiaria – ha sottolineato Loreto – si è diretta non verso la donna ma verso una terza persona e questo è ancora più grave perché è proprio la volontà punitiva verso la donna che viene considerata un oggetto, un'appartenenza che non ha neppure il diritto di ribellarsi. La morte di un uomo causata da un altro uomo è sempre una cosa ingiusta questa è particolarmente ingiusta".
Mi sembra importantissimo – ha aggiunto Loreto – che il gip abbia riconosciuto la sussistenza di due aggravanti, una la premeditazione perché l'indagato da circa 2 mesi spiava tutti i movimenti vittima e della signora che suo malgrado ha causato questo impulso omicidiario, ma quello che più mi interessa è che il gip ha riconosciuto come da noi richiesto l'aggravante dei futili motivi. Qui siamo di fronte ad una relazione che chiamarla così è perfino esagerato che si era concretizzata in taluni incontri estivi a cui era seguita la volontà della donna di chiudere la relazione e c'è la totale non accettazione della volontà della donna", ha concluso il procuratore capo.
"Le risultanze delle chat – aggiunge Luigi Mitola, capo della squadra mobile – ci hanno restituito subito un movente molto forte, molto chiaro e allo stesso tempo immotivato e illogico, perché ha rivolto il suo astio contro una persona che non c'entrava nulla e che a lui non aveva fatto nulla, senza peraltro neanche interferire nelle decisioni della donna".