Omicidio Manuel Careddu, il papà a un anno dal delitto: “Era tutto quello che avevo”
Massacrato a colpi di piccone e badile l'11 settembre del 2018 sulle sponde del lago Omodeo e poi ritrovato cadavere e orribilmente sfigurato un mese dopo. È passato un anno dalla morte di Manuel Careddu, il 18enne di Macomer (Nuoro), ucciso dal branco per il pagamento di una piccola partita di droga leggera . A 365 dal martirio del povero Manuel attirato in trappola e aggredito con ‘ferocia spropositata' per un debito di circa 400 euro, la famiglia ha lanciato un appello affinché questo delitto non venga dimenticato. "Manuel era l’unica cosa che avevo e nessuno me lo potrà restituire. La cosa che mi fa più paura e che il suo ricordo possa sbiadire nelle menti e nelle coscienze di tanti e soprattutto di coloro che devono assicurare la giustizia", scrive su FB papà Corrado, generando una riflessione a cui hanno partecipato anche altre persone coinvolte dalla tragedia.
"No Corrado – scrive in risposta Gianfranco Piscitelli, avvocato della famiglia paterna e presidente del presidio sardo di Penelope -, faremo in modo che non si attenui la luce su questo orrendo fatto di cronaca, faremo in modo che la Giustizia mantenga la sua severità del primo grado, faremo in modo che il sacrificio di Manuel sia di monito a tanti che sottovalutavano e non comprendevano il dramma che incombe sui nostri figli, i nostri fratelli, seguaci di un modus viventi che li sta distruggendo, anche con la complicità di noi adulti, noi genitori, noi insegnanti, noi ministri di culto, noi Autorità, noi Stato, spettatori inermi e spesso rassegnati e a volte orgogliosi di cotanto scempio. No Corrado, io continuerò a lottare con chi, ‘libero e di buoni costumi' vorrà farlo con me, per estirpare questo male, per far trionfare la Giustizia, quella vera, per risvegliare le coscienze alla ricerca di quei valori persi e il cui risorgere è l'unica soluzione. Chi dimentica cancella… noi non dimentichiamo".
Dopo il delitto, i quattro responsabili, cinque maggiorenni e due minorenni, di cui una ragazza che avrebbe avuto un ruolo di rilievo, avrebbero "riso, cantato e scherzato, continuando a fare una vita normale, a riunirsi, a drogarsi, a fingere che nulla fosse accaduto, sicuri di poter ingannare anche gli inquirenti”. La sentenza per i due ragazzi minorenni è arrivata lo scorso 4 luglio con una condanna a 16 anni di carcere. Quanto ai maggiorenni sono stati condannati a 30 anni di carcere mentre 16 sono stati comminati a Riccardo Carta e otto mesi a Matteo Satta.