Omicidio Isabella Noventa, 8 anni dopo Manuela Cacco fuori dal carcere: “È legge, non giustizia”
"Certo questa è la legge, ma non è la giustizia", così il fratello di Isabella Noventa ha accolto la notizia che una delle condannate per l'omicidio della segretaria di Albignasego, Manuela Cacco, può uscire dal carcere, dove sta scontando la sua pena, per recarsi al lavoro. Condannata a 16 anni e dieci mesi di reclusione per aver partecipato al delitto, avvenuto tra il 15 e il 16 gennaio del 2016, insieme ai fratelli Freddy e Debora Sorgato, Manuela Cacco ha beneficiato delle norme previste per buona condotta.
Già lo scorso anno aveva goduto di permessi premio per impegnarsi in azioni di volontario fuori dalla cella e ora per alcune ore, un paio di volte alla settimana, potrà fare un lavoro socialmente utile presso un centro religioso. Cacco ha già scontato metà della sua pena e sta riprendendo contatto con la vita fuori dal carcere in vista della liberazione definitiva. Del resto è considerata una detenuta modello e quindi potrà usufruire anche degli sconti di pena previsti dalla legge: 45 giorni ogni sei mesi.
Una decisione che il fratello di Isabella Noventa, Paolo, non accetta. "Certo questa è la legge, ma non è la giustizia. Ricordiamo che quella donna è stata in grado di accordarsi con gli altri due e di organizzare un omicidio in quindici giorni, mantenendo il sangue freddo e dormendo serena la notte" ha dichiarato al Corriere del Veneto, riferendosi agli altri due condannati: Freddy e Debora Sorgato che stanno scontando 30 anni di reclusione a testa.
"Nonostante quello che ha fatto, la legge le ha permesso di chiedere il rito abbreviato per avere lo sconto di pena, le ha permesso anche di usufruire della buona condotta: sono passati otto anni ed è già fuori. Questa non è giustizia ma lo devo accettare, si premia chi si comporta bene ma non punisce chi si comporta male" ha commentato amaramente Paolo Noventa.
Una amarezza acuita dal fatto che il corpo di Isabella non è mai stato trovato e la famiglia non ha una tomba su cui piangere. I tre condannati non hanno dato elementi utili per rintracciarlo. "La mia assistita ha raccontato tutto quello che sapeva agli inquirenti del delitto. Se avesse avuto notizie sul cadavere le avrebbe dette anche per ottenere un ulteriore sconto sulla pena" ha assicurato l'avvocato di Manuela Cacco.