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Omicidio Giulio Regeni

Omicidio Giulio Regeni, i genitori sulla vendita di navi all’Egitto: “Traditi dallo Stato italiano”

Paola e Claudio Regeni, i genitori di Giulio, il ricercatore triestino torturato e ucciso in Egitto nel 2016, sono intervenuti in tv in merito alla vendita all’Egitto di due fregate italiane approvata ieri dal Governo: “Non intendiamo farci prendere più in giro dall’Egitto e non ci accontenteremo di atti simbolici, dopo quattro anni e mezzo il tempo è scaduto”.
A cura di Ida Artiaco
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"Lo Stato italiano ci ha tradito. Siamo stati traditi dal fuoco amico non dall'Egitto". A parlare sono Paola e Claudio Regeni, i genitori di Giulio, il ricercatore triestino torturato e ucciso in Egitto nel 2016, nel corso della trasmissione Propaganda Live su La7 in merito alla vendita all'Egitto di due fregate italiane approvata ieri dal Governo. "Non possiamo certo sentirci traditi dall'Egitto dopo quello che hanno fatto a nostro figlio. È il fuoco amico che ci amareggia. È il nostro Stato che ci ha traditi. La vendita delle armi all'Egitto è un tradimento per tutti gli italiani". Per questo ora "non ci accontenteremo di atti simbolici, dopo quattro anni e mezzo il tempo è scaduto", ha aggiunto Claudio, che con la moglie lancia un appello: "Chiediamo una risposta esaustiva a tutti i punti della rogatoria del 29 aprile 2019 rimasta priva di risposta – ha continuato – e la consegna delle cinque persone iscritte nel registro indagati dalla procura italiana perché possano essere processate in Italia: finché non avremmo ottenuto queste due cose ci sentiremo traditi".

I genitori di Giulio Regeni anche anche affermato: "Vogliamo una verità che si basi su una verità processuale. Su Giulio sono stati violati tutti i diritti umani, adesso abbiamo fiducia in tutte le persone che ci stanno vicino, la scorta mediatica, migliaia di persone in Italia e all'estero. Uno non può aspettarsi di lottare contro il proprio Stato per ottenere giustizia. Lo stato italiano ci ha tradito – hanno aggiunto – il 17 luglio del 2017 quando ha rinviato l'ambasciatore al Cairo e adesso vendendo le armi". L'Italia ha dato il via libera nei giorni scorsi alla vendita di due fregate della marina militare all'Egitto, una commessa da oltre 1 miliardo di euro. Una notizia, questa, che ha innescato diverse polemiche sia per la mancanza di risposte de Il Cairo sulla morte di Giulio Regeni e sulla vicenda di Patrick Zaki, lo studente dell'università di Bologna arrestato incarcerato nella capitale egiziana come detenuto politico, sia per il coinvolgimento del Paese nel conflitto libico.

Sulla vicenda sono intervenute con una nota anche Amnesty International, Rete della Pace e Rete italiana per il disarmo che promettono "azioni legali" se la decisione della vendita di due fregate all'Egitto non passerà dal parlamento. Le tre organizzazioni, si legge, "ritengono profondamente errata questa decisione. Il passaggio in Consiglio dei ministri configura inoltre una vendita di armamenti del tutto eccezionale per caratteristiche e modalità visto che si tratta di navi già costruite e destinate alla nostra Marina per il suo ammodernamento, mentre ora, senza alcun piano d'investimento, con una alquanto dubbiosa procedura d'urgenza ed in violazione di una legge nazionale, il governo decide di venderle all'Egitto, paese coinvolto in guerre e incapace di proteggere i diritti umani. A maggior ragione questa eccezionalità impone il passaggio ed il parere del Parlamento, come indica chiaramente la legge 185 del 1990 sull'export di armamenti. Quando infatti si intendono superare i principi e i criteri che regolano la materia, e' necessario, secondo il comma 6 dell'articolo uno della legge, che le deliberazioni del Consiglio dei ministri siano adottate "previo parere delle Camere". L'auspicio delle organizzazioni è quello "che si apra quanto prima un dibattito trasparente in sede parlamentare sulla questione, anche per non essere costrette a prevedere eventuali azioni legali qualora l'autorizzazione venisse emessa senza questo fondamentale passaggio procedurale".

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