Omicidio Emmanuel: “Mancini il giorno dopo il delitto passeggiava tranquillo”
"Un sempliciotto": usa questo aggettivo l'uomo che incontro a Fermo e che ci racconta qualcosa di più su Amedeo Mancini, il 38enne che ha massacrato di botte Emmanuel Chidi Namdi ed è ora accusato di omicidio preterintenzionale con l'aggravante del fascismo. La biografia essenziale racconta che si tratta di un imprenditore agricolo della zona, tifoso sfegatato della Fermana Calcio, in passato sottoposto a Dasto per rissa e con simpatie per l'estrema destra. Le testimonianze della "strada" aggiungono dettagli significativi: Mancini frequentava quotidianamente un bar del centro di Fermo, tra il convitto dell'Itis Montani e la Prefettura. Era abituato a passare ore seduto al tavolo, spesso solo o con pochi amici, più sovente in compagnia del suo cane e di parecchie bottiglie di birra: "L'ho incontrato la mattina dopo il delitto, passeggiava nei pressi del tribunale, sembrava assolutamente tranquillo, come se il giorno prima non avesse fatto niente di strano", racconta un uomo che lo conosceva.
"Lo vedevo quasi tutte le sere quando portavo a passeggio il mio cane e me ne tenevo alla larga. Da queste parti chiamiamo ‘sempliciotti' i tipi del genere: l'ho visto coi miei occhi toccare il sedere alle donne che entravano nei bar che lui frequentava, l'ho sentito fare commenti volgari, non mi stupisce che abbia dato della ‘scimmia' a un'immigrata. Era il suo divertimento". Alcuni ospiti del seminario arcivescovile confermano: Mancini e altri balordi come lui rimanevano spesso a lungo appostati in attesa che un immigrato passasse per insultarlo. "Suo Rita, la coordinatrice della struttura di accoglienza, ci ha sempre chiesto di non reagire a nessuna provocazione e di avvertirla se fossimo stati infastiditi".
Difficile dire se l'assassino di Emmanuel Chidi Namdi fosse sufficientemente politicizzato da potersi dichiarare, con cognizione di causa, "fascista". Quel che appare chiaro, e che è stato confermato da più fonti, è che simpatizzava per organizzazioni di estrema destra: che fosse razzista appare certo, che fosse "culturalmente fascista" altrettanto. Don Vinicio Albanesi, parroco di Fermo presidente della Comunità di Capodarco, ha ben descritto l'humus in cui il killer è cresciuto: "In città vi è un contesto sociale di arroganza, violenza e spavalderia. Il livello di intelligenza è basso. Queste persone si fanno forza della loro fisicità, delle loro vane glorie, devono dimostrare di non aver paura. Mi è difficile persino parlare di razzismo: il razzismo esigerebbe una riflessione, un pensiero. Elementi di cui questi soggetti sono assolutamente sprovvisti".