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Omicidio di Lisa Gabriele: “Picchiata selvaggiamente per aver detto di essere incinta”

“Lisa Gabriele è morta a 22 anni per la sola colpa di essersi innamorata di un delinquente che veste la mia stessa divisa”. La lettera di un poliziotto della Stradale di Cosenza getta nuova luce sulla morte della 22enne di Rose. “Picchiata dall’uomo che amava per aver cercato di fargli credere di essere incinta e poi uccisa con lo stesso cuscino che aveva usato per simulare la pancia”.
A cura di Angela Marino
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Picchiata selvaggiamente dall'uomo che amava per aver finto una gravidanza e morta soffocata due mesi dopo. È la storia di Lisa Gabriele, 22 anni, uccisa e fatta ritrovare in un bosco a Montalto Uffugo (Cosenza), nel gennaio del 2005. A gettare nuova luce sulla macabra fine della 22enne cosentina, dopo 14 anni, è una lettera anonima inviata a ‘Chi l'ha visto' da un uomo che racconta chiaramente come sarebbero andati i fatti. "Sono un poliziotto onesto della Stradale – si presenta – per troppo tempo costretto al silenzio dalla paura e per troppo tempo afflitto dal senso d'impotenza e dal rimorso. Voglio però liberarmi dal peso di non aver contribuito a fare luce su un episodio gravissimo" scrive l'anonimo. "Parlo di una ragazza", spiega, "Lisa Gabriele, morta a 22 anni per la sola colpa di essersi innamorata di un delinquente che purtroppo veste la mia stessa divisa".

La scena del delitto

I fatti risalgono al 2005. Lisa esce di casa dicendo alla zia che sarebbe andata a prendere i documenti dell'auto alla Motorizzazione di Cosenza, ma non fa più ritorno. Il suo corpo senza vita viene ritrovato a pochi passi dalla sua Fiat ‘Cinquecento' nel boschetto ai piedi della Montagna di Monatalto Uffugo. Nell'auto, un biglietto di addio, alcune confezioni di psicofarmaci e due bottiglie di alcolici vuote. L'autopsia, però, rivela che a uccidere la ragazza non è stato un mix letale di alcolici e farmaci ma un cuscino, con il quale qualcuno le ha tolto la vita. Il caso, però, tra reticenze, minacce e depistaggi, resta archiviato per 14 anni, fino a quando la Procura di Cosenza non decide di riaprirlo. Tra gli elementi di prova alcune testimonianze schiaccianti.

La storia di Lisa Gabriele

Facciamo un passo indietro. Siamo a Rose, paesino della provincia di Cosenza. Lisa Gabriele vive in casa con la zia Angelina, che da anni le fa da madre. Nata in  Germania, dove i genitori erano migrati per trovare lavoro negli anni Sessanta, Lisa era stata affidata alle cure della zia per i problemi di salute di sua madre. Con la zia Angelina era tornata in Italia adolescente e lì aveva finito la scuola. A Rose, la bella Lisa, aveva trovato amici e corteggiatori, ma a catturare il suo interesse era stato un uomo più grande di lei, un poliziotto della Stradale già impegnato con un'altra donna e a cui, ripetutamente, la zia Angelina racconta di aver chiesto di ‘lasciare in pace' Lisa.

Uccisa con un cuscino

La storia però non si interrompe e Lisa, come testimonia la lettera anonima, tenta di trattenere l'uomo che ama con un espediente infantile. "Per non essere lasciata – scrive l'anonimo – Lisa aveva comunicato a lui di essere incinta, si era presentata con un piccolo cuscino sotto i vestiti per simulare la pancia gonfia, ma lui l'ha picchiata così selvaggiamente che la ragazza è stata costretta a recarsi in ospedale, dove è stata accompagnata da una pattuglia della Stradale".

Il suicidio simulato

Quest'uomo, secondo le testimonianze, avrebbe cominciato a guardare Lisa come un potenziale pericolo per la stabilità della sua relazione e della sua vita e secondo la fonte anonima per questo avrebbe deciso di eliminarla, simulando il suicidio. "È stata barbaramente uccisa – si legge nella missiva – soffocata con un cuscino come, con un cuscino, Lisa aveva cercato di far credere di essere incinta" conclude. "Mi auguro che Lisa possa trovare giustizia e io quella pace interiore che ho perso in questi anni di silenzio".

La nuova pista

Al vaglio degli inquirenti, oggi, ci sono i reperti dell'epoca, ovvero le bottiglie di alcolici, ritrovate senza impronte, il biglietto ‘suicida' artefatto da altra mano e il blister di pillole. Come un puzzle, gli elementi di prova dovranno ora essere nuovamente riletti secondo la pista per ora più attendibile: quella del femminicidio.

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