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L'omicidio di Alice Neri

Omicidio di Alice Neri, perché i pantaloni di Gaaloul potrebbero dimostrare la sua innocenza

L’analisi chimico-biologiche e del Dna sui pantaloni di Mohammed Gaaloul che indossava quella sera potrebbero incastrarlo o scagionarlo. Se dovessero esserci tracce di olio accelerante sarebbe difficile dimostrare la sua innocenza. Intanto il tunisino resta in carcere, così come ribadito dal Tribunale delle Libertà di Bologna.
A cura di Olga Mascolo
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Alice Neri e Mohamed Gaaloul
Alice Neri e Mohamed Gaaloul
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Un paio di pantaloni potrebbero scagionare o definitivamente inchiodare Mohammed Gaaloul. Il giudice per le indagini preliminari Andrea Scarpa ha accettato la richiesta della difesa del tunisino di integrare con dei pantaloni l'incidente probatorio sui 13 reperti trovati nei pressi della Ford Fiesta carbonizzata di Alice Neri. Il 31 marzo in tribunale a Modena sarà conferito l'incarico per compiere analisi e accertamenti su questi oggetti.

Si tratterebbe dei pantaloni che Gaaloul indossava la notte tra il 17 e il 18 novembre. A trovarli la moglie dell'uomo, Lisa, il 19 febbraio, nell'armadio della loro camera da letto a Vallalta. L'armadio era già stato visionato durante una perquisizione dei carabinieri, del nucleo investigativo di Modena del 9 dicembre.

Quel giorno non erano stati rilevati dei pantaloni ma era stato trovato il borsello che Mohammed indossava quella notte (si vede in foto) e che verrà analizzato per capire se ci sono tracce del liquido accelerante.

Effetti personali di Gaaloul
Effetti personali di Gaaloul

Omicidio Alice Neri: cosa chiede la difesa di Gaaloul

La difesa ha chiesto di verificare che quei pantaloni siano proprio quelli che indossava Mohamed quella notte, e in caso affermativo che vengano effettuati degli accertamenti per valutare se sopra ci siano tracce di Dna, di olio, di materiale accelerante e fuliggine.

L'avvocato Roberto Ghini ha chiarito: “Se si dovesse trovare sui pantaloni il Dna di Alice, e non macchie di olio, come si può pensare che Mohammed abbia dato fuoco alla macchina con 25 litri di olio senza macchiarsi?”. Proprio per la stessa ragione, se si trovasse della sostanza accelerante e del Dna di Alice su quei pantaloni, sarebbe molto difficile sostenere l'innocenza di Gaaloul.

Nella richiesta di analizzare i pantaloni, la difesa dimostra come quelli trovati dalla moglie Lisa corrispondano a quelli che si vedono nelle telecamere dello Smart cafè e di Concordia: stesso colore, le tasche sembrano le stesse, delle macchie bianche sulla tasca corrispondono, c'è una identica piega sulla tasca sinistra. Non solo, c'è anche una stessa piega nel risvolto della caviglia sinistra.

I pantaloni di Gaaloul
I pantaloni di Gaaloul

Certo dopo tre mesi quei pantaloni potrebbero essere stati lavati, oppure potrebbero essere sporchi di altro. In tal caso però sarebbe riscontrabile dagli accertamenti. Può sembrare strano che non siano stati trovati nella perquisizione del 9 dicembre? Dagli atti risulta che il controllo sia avvenuto, come si vede dalla foto dell'armadio, però la casa è di 6 vani più soffitta, molto in disordine.

Perché Mohammed Gaaloul resta in carcere

Intanto Mohammed Gaaloul resta in carcere. Questa è la decisione del Tribunale delle Libertà di Bologna che ha rese note le motivazioni lo scorso 10 marzo. Per i giudici del Tribunale il quadro indiziario è pesante, ma soprattutto, a confermare la misura cautelare è il pericolo di fuga oltre che “la pericolosità sociale”.

Nonostante la difesa sostenga che Mohammed Gaaloul non sia scappato da Vallalta dopo la morte di Alice lo scorso 18 novembre, ma sia andato all'estero a lavorare, diversamente scrive il Riesame nelle sue motivazioni. Questo tribunale, dopo avere tratteggiato le tappe di questa fuga, che includono Genova, Milano, Svizzera, Francia, Germania, poi Svizzera e Francia, racconta di come sia sfuggito alla cattura per tre volte, fino all'arresto il 14 dicembre a Mulhouse.

I giudici notano come, nella telefonata alla giornalista della Gazzetta di Modena Stefania Piscitello, quando era all'estero, Mohamed dica: “.. è un problema se cercare a me in Italia allora non voglio tornare lì”. Tutt'altra è la narrazione della difesa di Gaaloul.

La prima tappa è il 24 novembre, a Genova. Cosa ci faceva lì? Voleva imbarcarsi per la Tunisia? E quindi uscire dalla comunità Europea, così come in una intercettazione sembra promuovere l'amico Maicol? (direbbe, il 10 dicembre: “Se ce la fa ad arrivare in Tunisia lì non è Unione Europea”).

Secondo l'avvocato Ghini a Genova sarebbe andato dal padre, non per imbarcarsi verso la Tunisia, altrimenti ci sarebbe riuscito, “sono pochi i controlli per chi esce dall'Italia”. Ma i giudici che descrivono nel dettaglio quella che nella loro decisione è una fuga, scrivono anche: “Come si possa, nella specie, sostenere che l'indagato non sia fuggito, francamente non è proprio dato comprendere”.

L'aspetto però fondamentale è la differenza abissale che c'è tra la versione della difesa e quanto invece messo nero su bianco nel dispositivo del riesame dai giudici, per i quali “la sinergica considerazione di tutti gli elementi fattuali e logico-razionali evidenziati conduce inequivocabilmente alla qualificata probabilità di responsabilità di Bedoui (Gaaloul) sia per l'omicidio volontario per per l'immediata distruzione del cadavere (e dell'automezzo della vittima), finalizzata al nascondimento delle tracce dell'omicidio”.

Ecco perché la difesa vorrebbe ottenere prove scientifiche, come possono essere proprio quelle sul borsello e, ora che il giudice delle indagini preliminari ha accolto la richiesta, sui pantaloni.

Intanto, anche se la difesa farà ricorso in Cassazione alla decisione del Tribunale del Riesame, Mohamed Gaaloul è considerato come il responsabile della morte e dell'occultamento e distruzione del cadavere di Alice.

Mohamed Gaaloul
Mohamed Gaaloul

Il quadro è sufficiente per tenerlo in carcere. Primo, è stato l'ultimo uomo a vedere Alice Neri: è salito in auto con lei per un passaggio, come ha raccontato lui stesso alla Gazzetta di Modena, come ha ammesso al fratello Bassem in una intercettazione, e infine come il testimone Arturo Magnani ha detto di avere visto.

Quest'ultimo, habitué della sala slot vicina allo Smart Cafè, è l'unico dei testimoni di quella sera che li vede baciarsi dal finestrino. Circostanza non molto
chiara, ma confermata anche da Gaaloul, secondo una indiscrezione dei parenti, che ribadiscono però come i due non si conoscessero. E infatti Alice, facendolo salire in auto, gli avrebbe detto: “Ti chiami Mohammed, proprio come un mio amico”.

L'amico è un ex collega, che Alice vede, subito dopo il lavoro, in un bar di San Prospero, nel pomeriggio prima di morire. E poi? Cosa succede dopo che Mohammed alle 3:39 sale in auto di Alice? A bordo della Ford Fiesta, i due sarebbero andati effettivamente verso Vallalta, alla ricerca, da quanto si evince dalle telecamere, di un luogo appartato, che raggiungono alle 4:04.

Ma qualcosa deve essere andato storto, secondo il Tribunale del Riesame che immagina per Gaaloul un movente sessuale – ma senza prove apparenti. Anche
perché all'inizio, fino alle 4:04, sarebbe Alice a guidare la macchina. Dopo le 5, secondo chi ha visionato le telecamere, è Mohammed a guidare (cambierebbe lo stile di guida, e in un frame sarebbe anche visibile).

Attesa la versione del tunisino in carcere

Alice non c'è più per raccontarlo, e il dubbio è che nemmeno i resti del corpo possano dirlo (tra cui il cervello e la milza). Se Alice fosse stata strangolata, per esempio, non sarebbe determinabile dai resti. Mohammed Gaaloul, l'unico in vita a conoscere la verità di quegli istanti, deve ancora raccontare la sua versione, essendosi avvalso dal momento della cattura della facoltà di non rispondere.

Alice Neri (foto Facebook)
Alice Neri (foto Facebook)

Dopo quell'ora trascorsa insieme, appartati, Mohammed sarebbe sceso dall'auto alle 5:14 in via Mazzalupi per andare dal cugino, lasciando Alice viva e da sola. Questo secondo la sua versione non cristallizzata in un interrogatorio. Via Mazzalupi conduce al luogo del ritrovamento dell'auto carbonizzata. Secondo invece la Procura, in un'ipotesi ritenuta credibile dal Tribunale delle Libertà, succede qualcosa proprio in quell'ora in cui sono appartati.

Si legge nelle carte: "Un tempo ampiamente sufficiente… per lo svilupparsi di una lite, di una colluttazione, di un omicidio… commesso magari con una lama (un coltello portato addosso dall'indagato) oppure con un qualunque corpo contundente, reperito sul posto o dentro l'autovettura o, in ipotesi, anche mediante l'azione delle sole mani, tramite violentissime percosse".

“Si tratterebbe di pure ipotesi”, spiega Roberto Ghini, avvocato del 29enne tunisino. Quanto meno non risulterebbero agli atti ritrovamenti di coltelli. Però restano solo ipotesi anche quelle della difesa, in attesa di riscontri, in attesa della chiusura delle indagini e dell'iter, noto, della giustizia.

Tra le righe del dispositivo del Riesame si intuisce che è molto attesa una versione di Mohammed Gaaloul sui fatti. Anche se saranno proprio gli esami chimici, biologici, e di impronte sui reperti, sul borsello e sui pantaloni a chiarire di molto la vicenda.

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