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Omicidio Desirée, la verità choc del padre: “Mia figlia uccisa per ordine di un pedofilo”

Dopo sedici anni dall’omicidio di Desirée Piovanelli, la quindicenne uccisa dal branco nella Cascina Ermengarda a Leno (Brescia) suo padre annuncia la richiesta di riapertura del caso. Per Maurizio Piovanelli i tre minorenni condannati per l’omicidio di sua figlia agirono per conto di un pedofilo dedito a festini a base di sesso e droghe con ragazze minorenni. “Dietro il delitto c’è un mandante che è sempre stato coperto”.
A cura di Angela Marino
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"Dietro la morte di mia figlia c'è un giro di pedofili" Sedici anni dopo il martirio della piccola Desirée Piovanelli, Maurizio Piovanelli, il padre della quindicenne trovata cadavere in una cascina abbandonata nel Bresciano, parla di un mandante rimasto occulto e impunito. A rivelargli come sarebbero andati i fatti il pomeriggio di quel 28 settembre 2002, sarebbe stato proprio uno degli autori materiali del massacro, i ragazzi del ‘branco' che tentò di violentare la ragazzina, ovvero Nicola Bertocchi, all'epoca 16enne e altri due coetanei, Nicola Vavassori e Mattia Franco, oggi tornati liberi dopo aver scontato le pene (ridotte) di 18, 15 e 10 anni..

Il paese, Leno, sa come sono andati i fatti – dice Maurizio Piovanelli – Tante persone mi hanno avvicinato, mi hanno detto di conoscere il gruppo di pedofili. Perché di pedofilia si tratta. Da quello che sappiamo si tratta di persone che adescavano le ragazzine e per avvicinarle sfruttavano i coetanei, minorenni a loro volta usati”. Tra gli adulti utilizzati per adescare le ragazze, invece, ci sarebbe, Giovanni Erra, all'epoca vicino di casa della famiglia della vittima, che oggi sconta una condanna a 30 anni di reclusione.

Un esposto per la riapertura delle indagini sta per essere depositato dai legali dei Piovanelli presso la procura competente. Attraverso le telecamere di Quarto Grado il padre  ha inoltre lanciato un appello ai tre condannati chiedendo di raccontare tutto ciò che sanno ai magistrati. Secondo quanto paventato da Maurizio Piovanelli, Desirée sarebbe stata offerta ‘in pegno' per ripagare un debito di droga. “C’era un mandante che è sempre stato coperto, che faceva parte di un gruppo di adulti che organizzava serate a luci rosse con ragazzine minorenni a base di sesso e droga. Un gruppo che pagava chi rapiva le giovani da portare poi ai festini". In linea con questa ricostruzione, appare oggi la versione fornita da Giovanni Erra, che in alcune lettere inviate alla giornalista Chiara Prazzoli, ha già nel 2015 aveva dichiarato:

Io sul posto non ero presente. Sono arrivato dopo, quando tutto era già finito. Io alla cascina Ermengarda ci nascondevo la droga: era a 500 metri da casa mia. La mettevo nel camino. Poi sono salito su, al piano di sopra, perché ho visto che c'era del sangue. C'era il corpo della Desirée e io non ho capito più nulla. Sono scappato via, e sono pure caduto giù dalle scale. Non ho detto niente a nessuno di quello che avevo visto. Dio mio! E oggi penso: e se fosse stata ancora viva? Che Dio mi perdoni!

Secondo la ricostruzione processuale che ha portato alla condanna di Bertocchi, Franco, Vavassori ed Erra, la ragazza sarebbe stata attirata con l'inganno nella cascina da uno dei ragazzi perché potesse essere violentata dal branco guidato da Giovanni Erra, l'unico all'epoca 36enne, tossicodipendente. Desirée è morta per le coltellate inferte mentre tentava di scappare ai suoi aguzzini. È stato uno di loro, dopo aver confessato, a far scoprire il corpo.

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