Omicidio del giudice Scopelliti, 34 anni dopo nuovi rilievi della polizia sul luogo del delitto

A quasi 34 anni dall’assassinio del giudice Antonino Scopelliti, la Polizia scientifica è tornata sul luogo del delitto per effettuare nuovi rilievi tecnici. Una svolta investigativa, frutto di recenti verifiche documentali e accertamenti balistici su un’arma sequestrata nel luglio del 2018, ha infatti riacceso i riflettori su uno dei più cruenti agguati mafiosi della storia italiana.
Per la prima volta, la BMW 318i sulla quale viaggiava il magistrato quel tragico 9 agosto 1991 è stata riportata nel punto esatto in cui venne colpito a morte: una curva della frazione Ferrito, a Piale di Campo Calabro, in provincia di Reggio Calabria. L’autovettura, finora custodita con cura dai familiari, è diventata fulcro di una ricostruzione inedita che potrebbe offrire nuovi elementi utili all’inchiesta.

Scopelliti, all’epoca Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione in trasferta a Reggio Calabria, era noto per il suo rigore e il coraggio nella lotta alla ‘ndrangheta. Quel giorno, mentre rientrava da una giornata al mare, fu raggiunto da due colpi di pistola alla testa sparati a distanza ravvicinata. L’auto, ormai fuori controllo, finì la sua corsa contro un terrapieno.

L’omicidio fu subito riconosciuto come un attacco frontale della mafia allo Stato, un’esecuzione pianificata per fermare un magistrato che stava conducendo indagini scomode sulle ramificazioni della criminalità organizzata.

Chi era Antonino Scopelliti, il magistrato che sfidò la mafia
Antonino Scopelliti fu un magistrato italiano di altissimo profilo, un simbolo nella lotta alla criminalità organizzata. Nato a Reggio Calabria il 20 gennaio 1935, dedicò tutta la sua carriera al servizio della giustizia. Alla fine degli anni ’80 divenne Sostituto Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione, il grado più alto nella magistratura requirente. Proprio in quel ruolo, Scopelliti fu chiamato a rappresentare l’accusa nel maxiprocesso contro Cosa Nostra davanti alla Suprema Corte, la fase finale che avrebbe potuto confermare le condanne inflitte in primo grado a decine di boss mafiosi.
Proprio questo incarico, considerato cruciale nella strategia dello Stato contro la mafia, lo mise nel mirino di Cosa Nostra, che decise di eliminarlo. Secondo le indagini, l’attentato fu eseguito dalla ’ndrangheta calabrese per conto di Cosa Nostra, in un patto criminale tra le due organizzazioni. Il giudice venne assassinato il 9 agosto 1991, mentre si trovava in vacanza nella sua terra natale, a Campo Calabro. I sicari lo attesero su una curva e gli spararono due colpi alla testa mentre era alla guida della sua auto.
La sua morte rappresentò uno degli attacchi più gravi alla magistratura italiana. Nonostante le indagini e i processi, nessuno è stato condannato in via definitiva per il suo omicidio.