Omicidio Davide Piampiano, il Gip: “L’amico doveva solo chiamare il 118, ma ha voluto salvare se stesso”
Un "fermo proposito di salvare se stesso anche a costo della vita dell’amico gravemente ferito". Così il giudice per le indagini preliminari Piercarlo Frabotta ha messo nero su bianco le accuse nei confronti di Piero Fabbri, il 56enne di Assisi che avrebbe ucciso Davide Piampiano, durante una battuta di caccia sul monte Subasio.
Firmata dunque l'ordinanza attraverso la quale viene ordinato il carcere per il muratore che l’11 gennaio ha centrato con un colpo di fucile il giovane 24enne, ritenendo "grave" il comportamento tenuto dall'uomo "subito dopo il ferimento della vittima", con riferimento alla "reiterata falsa rappresentazione degli eventi e nella significativa alterazione dello stato dei luoghi, attività posta in essere in una quindicina di minuti e quindi frutto di un’adeguata ponderazione, con sufficiente freddezza e lucidità, delle conseguenze che sarebbero potute derivare anche solo da responsabilità colpose".
Ad incastrare il 56enne è la videocamera GoPro utilizzata dalla vittima e di cui l’arrestato non sapeva nulla: quest'ultimo “dopo aver colpito per errore l’amico, pensando che si trattasse di un cinghiale”, non solo ha raccontato bugie, ma avrebbe inscenato “la fandonia che il giovane ragazzo si fosse sparato da solo”. Gli inquirenti cercano comunque eventuali complici dell’uomo.
Per quattro minuti, da quando è stato esploso il colpo di fucile alla chiamata all’altro amico cacciatore con cui Davide era uscito quel giorno – si legge negli atti giudiziari – Piero Fabbri ha avuto "il dominio assoluto della concreta situazione di fatto da lui stesso provocata per colpa" ma "invece che chiamare il 118, si preoccupava di scaricare l’arma della vittima per far credere che la stessa avesse sparato, e con altissima probabilità recuperava e sottraeva definitivamente il bossolo del colpo che egli invece aveva sparato contro Piampiano, mai trovato dalla polizia giudiziaria nonostante l’utilizzazione di tutti gli strumenti tecnici possibili".
Sentito dal gip, Fabbri ha poi ammesso di aver sparato all'amico: "È stata una tragica fatalità", avrebbe detto. E nonostante le sue menzogne sulla modalità dell'incidente, secondo la tesi difensiva, il 57enne è sempre rimasto accanto al ferito, e anche se fossero stati subito avvisati i soccorsi, l'epilogo non sarebbe stato diverso. L'indagato, assistito dall'avvocato Luca Maori, ha chiesto la revoca dell'arresto in carcere o l'applicazione di una misura alternativa.