Omicidio Anica Panfile, l’ipotesi della lite degenerata con Battaggia: “Aggredita a mani nude, poi soffocata”
Durante l'interrogatorio di garanzia del giudice per le indagini preliminari dell'udienza di convalida del fermo, Franco Battaggia, il 77enne, accusato e arrestato per l'omicidio della 31enne Anica Panfile, si è avvalso della facoltà di non rispondere. Il provvedimento restrittivo è stato convalidato dal giudice e ora Battaggia si trova nel carcere di Santa Bona di Treviso.
A riferirlo è stato il procuratore Marco Martani, in una conferenza stampa tenutasi presso il Tribunale di Treviso, durante la quale sono stati ripercorsi i fatti emersi dalle indagini successive al ritrovamento del corpo della donna, avvenuto il 21 maggio scorso.
"Inizialmente si era pensato a un suicidio per annegamento, poi i primi riscontri autoptici hanno escluso quest'ipotesi. In primis, perché non c'era acqua nei polmoni della donna, e poi perché erano presenti lesioni al volto e al capo di una certa importanza", ha spiegato il magistrato.
"Per approfondire la dinamica della morte di Panfile Anica è stato necessario un periodo di tempo piuttosto lungo. – ha aggiunto – E questo ha anche ritardato l'adozione del provvedimento di fermo che richiedeva gravi indizi di colpevolezza" nei confronti di Battaggia, ex datore di lavoro della 31enne.
I risultati dell'autopsia sul corpo della 31enne
Secondo quanto è stato ricostruito dal procuratore Martani, che ha riportato i risultati dell'autopsia eseguita sul corpo, "Anica, che al momento del decesso si trovava in una situazione di intossicazione da cocaina, è stata dapprima aggredita a mani nude, subendo colpi a cranio e volto, e poi soffocata con una pressione molto forte su bocca e naso".
Il cadavere della 31enne è stato quindi gettato nell'alveo del Piave, abbandonato nei pressi di un ponticello del canale della Vittoria, che si trova a non molte decine di metri rispetto al punto dove è stato trovato il 21 maggio.
Le indagini su Franco Battaggia
Come spiegato dal procuratore, dopo la denuncia fatta a seguito della scomparsa di Panfile, i sospetti si sono indirizzati praticamente da subito nei confronti di Battaggia, gestore della pescheria El Tiburon. Il giorno della scomparsa la donna avrebbe dovuto ritirare dal 77enne la certificazione unica relativa ai compensi di lavoro dipendente del 2022. "Per questo l'ha incontrato, è salita sul suo pick up ed è arrivata nella sua abitazione. Ed è qui che se ne perdono le tracce", ha detto ancora Martani.
La 31enne resta in contatto con il compagno, con cui ha uno scambio di messaggi su Whatsapp: una volta ritirato il cud, sarebbe dovuta rientrare a casa. "Ma l'ultimo messaggio che viene visualizzato da Anica è delle 16.07, con la verifica della doppia spunta blu sullo schermo del cellulare, – ha spiegato ancora il procuratore – dopodiché i messaggi non vengono più letti".
In un garage di proprietà di Battaggia gli investigatori hanno anche ritrovato un tappeto arrotolato dove sono state trovate tracce biologiche di Anica Panfile. "La nostra ipotesi è che questo sia servito per trasportare il cadavere fino al punto in cui è stato abbandonato", ha aggiunto Martani.
Dalle indagini è anche emersa l'ipotesi che in passato la 31enne e il 77enne abbiano avuto anche rapporti sessuali, durante i quali lui le avrebbe offerto sostanze stupefacenti, e probabilmente proprio cocaina. Come spiegato dal procuratore, "su questa abitudine del Battaggia le intercettazioni telefoniche ci hanno dato riscontro. Una prostituta, che lo aveva frequentato in passato, ha detto a una conoscente che era solito far assumere cocaina alle donne prima di avere incontri sessuali con loro".
La versione di Franco Battaggia
Nel momento in cui Battaggia è stato sottoposto alle indagini e gli sono stati dati gli avvisi di rito sulla facoltà di non rispondere, se n'è avvalso continuamente, come ha fatto anche stamattina durante l'interrogatorio di garanzia del gip. Ma, come ha precisato il procuratore evidenziando le numerose contraddizioni emerse dai suoi racconti, le dichiarazioni che ha reso prima al compagno di Anica sono invece utilizzabili, anche durante un'eventuale processo.
"Il compagno si reca nella pescheria già alle 2 di notte del 20 di maggio e Battaggia, alla richiesta di spiegazioni, risponde: ‘A me lo chiedi? Dovresti saperlo tu'. Anche la mattina successiva il compagno non si dà per vinto e l'ex datore di lavoro cambia versione, dicendo di aver visto Anica e di averla accompagnata alle 15 a un generico appuntamento con altre persone, di cui non ha saputo indicare l'identità", ha raccontato il procuratore.
Nel frattempo, quando non risulta ancora indagato, viene sentito anche dai carabinieri e dà una nuova versione dei fatti. "Dice di essere uscito e di averla lasciata in casa perché lei doveva finire di fare delle pulizie. – ha riferito Martani – Rientrato non l'aveva trovata ma non si era insospettito. In questa occasione parla anche di un prestito chiesto da Anica di 10mila euro. Dice di avere contatti sporadici con Anica e di non avere nemmeno il numero di telefono, che invece aveva anche memorizzato, altra contraddizione".
Gli spostamenti di Battaggia ripresi dalle telecamere di sorveglianza
Rilevanti e decisive sono state invece le immagini riprese dalle telecamere pubbliche e private della zona dove abitava Battaggia e dove è stato trovato il cadavere di Anica. Di particolare rilevanza si è rivelata quella di un'abitazione privata vicina al luogo del ritrovamento del corpo: qui la telecamera riprende ben tre passaggi, tra le 22.08 e le 23.32 del 19 maggio, di un pick up simile a quello di Battaggia.
In una mappa, realizzata dagli investigatori dell'Arma di Treviso e inviata a Fanpage.it dal colonnello Marco Turrini, sono stati evidenziati i tre viaggi consecutivi compiuti dal pick-up di Battaggia la sera della scomparsa della 31enne.
"Ai fini della prova dell'identità fra i due mezzi, le telecamere di sorveglianza pubblica con lettura di targa confermano il passaggio del pick up di Battaggia in orari assolutamente compatibili con l'andata e il ritorno dal luogo dove si trova la prima telecamera e il punto del canale della Vittoria", osserva.
Battaggia in carcere per pericolo di fuga: in passato era evaso dopo condanna per omicidio
Il fermo di indiziato nei confronti di Battaggia è stato motivato, oltre che dai gravi indizi di colpevolezza, anche dal pericolo di fuga, come spiegato dal procuratore. "Bisogna avere presente qual è la personalità di Battaggia che ha precedenti penali, per evasione ed omicidio, e ha un periodo di lunghissima latitanza all'estero. Pochi giorni dopo il rinvenimento del cadavere di Anica, Battaggia ha chiesto il rilascio di una carta d'identità valida per l'espatrio", ha detto Martani.
E a questo elemento si aggiunge anche una telefonata del 30 ottobre scorso fatta a un amico e collaboratore e intercettata dagli inquirenti, durante la quale Battaggia aveva detto: "In mezz'ora avevo già organizzato la fuga, hai capito?". Pochi giorni dopo avrebbe anche raccontato di voler trovare una casetta per nascondersi." Queste telefonate ci hanno fatto pensare che, nel momento in cui si fosse reso conto del pericolo concreto di subire una misura restrittiva, sarebbe scappato e avrebbe ripreso la latitanza come ai vecchi tempi", ha spiegato il procuratore.
La lite degenerata in omicidio
"Non ci sono elementi che facciano pensare a un omicidio premeditato, il fatto stesso che questo sia avvenuto nell'abitazione dell'indagato, che sia stato utilizzato un sistema di occultamento palesemente improvvisato, fa pensare a una lite degenerata", ha detto ancora Martani.
"Se la morte fosse sopraggiunta solo per i colpi alla testa, si sarebbe potuto parlare di omicidio preterintenzionale, secondo noi. Lo esclude il fatto che è stata l'ostruzione violenta delle vie respiratorie a portare al soffocamento, anche se fosse stata esercitata solo per impedire alla vittima di urlare. – ha aggiunto – Non è possibile che chi ha tolto la vita ad Anica Panfile non si sia reso conto che avrebbe potuto ucciderla nel tentativo di zittirla".
Ha collaborato Elia Cavarzan