Omicidio Alessandro Gozzoli, condannato a 18 anni di carcere uno dei due imputati
Carolina Clò, giudice del Tribunale di Modena, ha emesso questa mattina una condanna a 18 anni di carcere nei confronti di Petre Dabuleanu, 22enne originario della Romania condannato in primo grado con il rito abbreviato, per omicidio volontario e rapina, in relazione alla morte del 41enne Alessandro Gozzoli, trovato senza vita nella sua casa nel marzo del 2023 dopo essere stato strangolato.
L'allarme era scattato intorno alle ore 17, quando la sorella della vittima era entrata nell'abitazione di via Bassa Paolucci, scoprendo il dramma. L'uomo era legato mani e piedi al letto, deceduto per asfissia. Il suo appartamento era a soqquadro: i cassetti aperti, i vestiti sparsi ovunque. Gozzoli, originario di Bazzano, viveva da poco tempo nel paesino tra Modena e Formigine e lavorava nel capoluogo.
La pena nei confronti dell'imputato è quanto aveva chiesto la pubblica accusa, sostenuta dal pm Francesca Graziano. Si procede con il rito ordinario, invece, per il secondo imputato, un 21enne connazionale. Prossima udienza il 21 gennaio.
"La sua mancanza è una ferita che non si rimargina, un vuoto che si fa sentire ogni giorno, in ogni piccolo gesto, in ogni silenzio che prima era riempito dalla sua presenza. Eppure, nel dolore, ci rimane il conforto dei ricordi, di tutto ciò che ha rappresentato per noi. Mio fratello non era solo una persona straordinaria, ma un dono per chiunque lo abbia conosciuto. La sua vita, seppur troppo breve, è stata una lezione di amore, dedizione e gioia", è il ricordo della famiglia della vittima, con la sorella Simona. "Mio fratello Alessandro era una persona dal carattere allegro, capace di trasformare anche le giornate più grigie in momenti di gioia. Aveva un sorriso contagioso e una risata che ti entrava nel cuore, tanto era sincera e piena di vita. Era una di quelle rare persone che non conoscono confini quando si tratta di amicizia: dava tutto se stesso agli altri, senza riserve con una generosità non da tutti, e chiunque lo conoscesse non poteva che volergli bene".
"Il legame con la nostra famiglia – continua la sorella, assistita dall'avvocato Rita Nanetti – era qualcosa di speciale, un nodo indissolubile che lo univa a ognuno di noi. Amava profondamente il nostro papà e la nostra mamma, portando loro un rispetto e un affetto che non si limitavano ai gesti, ma che si percepivano in ogni parola, in ogni attenzione. Adorava mio figlio, quando era piccolo passavano ore insieme a suonare e cantare, a ridere, a condividere momenti che adesso ci restano come tesori preziosi. Era dedito e appassionato, sia nel lavoro che negli studi. Nel suo lavoro eccelleva: non solo per la competenza e la professionalità, ma anche per la passione che metteva in tutto ciò che faceva".
E poi "c'era la sua voce. Mio fratello amava cantare, e quando lo faceva sembrava che il mondo si fermasse per ascoltarlo. Mentre scrivo queste righe, non posso fare a meno di immaginare il suo sorriso, la sua voce, il suo abbraccio. Anche se non è più fisicamente con noi, so che continua a vivere nei nostri cuori, nei ricordi che custodiamo gelosamente. Mio fratello era, è, e sarà sempre il nostro orgoglio, la nostra stella più luminosa".