Omicidio Alessandra Matteuzzi, avvocato famiglia: “Per Padovani, lei era un oggetto, un burattino”
Giovanni Padovani “era un maniaco del controllo”, che prima di uccide Alessandra Matteuzzi l’aveva sottoposta ad “un controllo costante e asfissiante. Alessandra doveva accettare di essere un burattino, un pupazzetto, una ‘res’, perché Giovanni Padovani fosse soddisfatto". È uno dei passaggi dell'arringa dell’avvocato Antonio Petroncini, che assieme alla collega Chiara Rinaldi assiste i familiari della donna uccisa a Bologna dall’ex compagno il 23 agosto 2022.
Il legale ha descritto ai giudici della Corte D’Assise di Bologna il comportamento tenuto dall'ex calciatore nei mesi precedenti l’omicidio. Per lui la Procura ha chiesto la condanna all’ergastolo.
Dunque Giovanni Padovani voleva rendere Alessandra Matteuzzi "un oggetto, proprio come gli antichi romani intendevano gli schiavi” ha spiegato Petroncini. Aspetto che delineerebbe le aggravanti di stalking e di motivi abietti e futili nei confronti dell'imputato.
Non a caso, aggiunge, “quando Alessandra ha cercato di sottrarsi a questo controllo, lui non ha interrotto la relazione per andare verso altri lidi, ma l’ha ammazzata”. Questo “voler ridurre Alessandra ad una cosa, – chiosa Petroncini- per me costituisce un motivo abietto”.
Avvocato cita sentenza della “tempesta emotiva” per far escludere aggravanti
A mettere in discussione l'aggravante dei motivi futili e abietti, ci ha pensato l'avvocato della difesa, Gabriele Bordoni, che ha ricordato "la tempesta emotiva, un concetto espresso male ma non del tutto sbagliato". in riferimento alla sentenza, poi ribaltata nell'appello-bis e in Cassazione, che dimezzò da 30 anni a 16 anni la pena per Michele Castaldo, giudicato colpevole di aver ucciso la ex, Olga Matei.
Il legale al termine dell’udienza ha poi ribadito con i giornalisti: “Il tema della tempesta emotiva fece molto discutere, ma forse se ne discusse vanamente. Reputo che quella fosse una sentenza di grande equilibrio e intelligenza che è stata dilaniata solo perché probabilmente le modalità espositive erano troppo trancianti”.