Oltre 400mila persone colpite da alluvioni e inondazioni in Europa nel 2024. Mercalli: “È solo l’inizio”

Ricordate le immagini che lo scorso autunno ci arrivavano da Valencia, devastata da un'alluvione che avrebbe causato 232 morti e danni per miliardi di euro? Ricordate i fiumi di fango, le migliaia di auto spazzate via dalla violenza dell'acqua e ammucchiate una sull'altra come mattoncini Lego? Ricordate le persone rifugiate, e talvolta intrappolate, nei parcheggi dei centri commerciali? Sono passati circa sei mesi da quei giorni di caos e paura, e da altri simili che si sono verificati in tutta Europa, Italia compresa. E oggi sappiamo che non si è trattato di casi destinati a restare isolati.
Al contrario: l'Europa, infatti, è il continente che si sta riscaldando più rapidamente e in cui gli impatti dei cambiamenti climatici sono più evidenti. Il 2024 è stato l'anno più caldo mai registrato, con temperature record nelle regioni centrali, orientali e sudorientali e inondazioni che hanno colpito 413mila persone causando almeno 335 vittime. A rivelarlo, pochi giorni fa, il rapporto sullo stato del clima pubblicato dal Copernicus Climate Change Service e dall'Organizzazione meteorologica mondiale, che hanno restituito una fotografia molto dettagliata degli eventi estremi che si sono abbattuti solo nello scorso anno sul Vecchio Continente. Eventi che, come ha dichiarato il climatologo Luca Mercalli a Fanpage.it, sono destinati ad aumentare anche in futuro. Di quanto? Dipende solo da quanto saremo in grado di contenere il riscaldamento globale.

Secondo l'ultimo rapporto di Copernicus, nel 2024 413mila persone in Europa sono state colpite da eventi estremi come alluvioni e inondazioni. È un numero impressionante, ma che voi scienziati avevate ampiamente previsto.
Sì, direi proprio di sì. È da almeno vent’anni che ce lo aspettiamo. Per chi lavora in questo campo non è una sorpresa. L’aumento della frequenza e dell’intensità degli eventi estremi è un fenomeno che osserviamo da tempo. Prenda ad esempio l’evento di Valencia di quest’anno, che ha avuto un forte impatto anche a livello emotivo in Europa, con 230 morti. Ma anche in Italia la situazione è stata critica.
Si riferisce alle alluvioni in Emilia Romagna?
Esatto. Dopo quelle devastanti del maggio 2023, ne abbiamo avute altre due: una il 19 settembre e un’altra il 20 ottobre, che ha coinvolto anche una parte di Bologna. In un anno e mezzo, solo in Emilia Romagna, contiamo quattro alluvioni. E poi ci sono state quelle in Toscana, sull’isola d’Elba… ormai non passa mese senza un episodio di questo tipo in qualche parte d’Italia.

È un quadro allarmante. Ma quanto c’entra il cambiamento climatico?
C'entra eccome. La teoria climatica lo diceva già 30 o 40 anni fa: più le temperature aumentano, più aumenta l’evaporazione dell’acqua dai mari. E più acqua evapora, maggiore è la possibilità che si formino piogge intense, spesso violente. Lo vediamo anche in questi giorni: proprio oggi in Piemonte è stata emessa un’allerta rossa per le piogge previste sulle zone alpine. È la conferma che quello che la scienza ci diceva decenni fa, oggi è realtà quotidiana.
Secondo Thomas Gelin, analista climatico di Greenpeace, nel 2024 "le zone d'Europa che non sono state prosciugate dalla siccità, sono state spazzate via dalle inondazioni". Se si guarda la mappa di Copernicus si nota che in effetti c'è una grande differenza tra est e ovest del Vecchio Continente. Come si spiega?
In realtà non c’è una spiegazione precisa o strutturale. Si tratta di una casualità: quest’anno è andata così. In altri anni, per esempio, è successo il contrario, con l’Ovest dell’Europa che risultava più caldo rispetto all’Est. Sono normali fluttuazioni; alcuni anni il caldo anomalo colpisce di più l’Europa orientale o la Russia, altri anni è il turno dell’Europa occidentale: Spagna, Francia, Italia. Fa parte della natura aleatoria con cui queste anomalie si manifestano. Non colpiscono sempre le stesse aree, ma si distribuiscono in modo diverso nel tempo. Anche se le differenze regionali cambiano di anno in anno, quello che sappiamo con certezza – e ce lo dice proprio Copernicus – è che il 2024 è stato l’anno più caldo mai registrato a livello globale. Parliamo di un dato riferito all’intero pianeta.

Questi eventi estremi si stanno verificando in corrispondenza con un riscaldamento globale di +1,3 °C rispetto ai livelli preindustriali. Cosa succede se si arriverà a 2 o 3 gradi?
Esattamente. Anche se, a dire il vero, nell’ultimo anno siamo già arrivati a +1,5°C. Il 2024 ha superato quella soglia simbolica che era stata fissata proprio come limite massimo dall’Accordo di Parigi. Speriamo resti un caso isolato, ma non è detto. Se la tendenza non viene invertita in modo deciso, e si arriva a +2°C o +3°C, le conseguenze saranno molto più gravi.
Cosa significa concretamente?
Significa che tutto si amplifica. Ogni evento estremo che già stiamo osservando – dalle alluvioni alle siccità, dalle ondate di calore ai venti fortissimi -diventerà ancora più intenso, frequente e distruttivo. Il riscaldamento globale agisce da acceleratore. Le 413 mila persone colpite nel 2024 da eventi estremi potrebbero diventare milioni. C’è un recente studio dell’Università di Exeter, pubblicato pochi mesi fa, che parla chiaro: entro la fine del secolo, dopo il 2070, i danni da eventi estremi potrebbero arrivare a costare fino al 50% del PIL mondiale. Cinquanta. Non cinque. Non uno. Altro che dazi. Mezzo PIL globale a causa degli eventi estremi causati dal cambiamento climatico. È una proiezione estrema, certo, ma basata su dati e modelli reali. E deve farci riflettere.

In queste settimane si parla insistentemente della Groenlandia e non solo per le sue terre rare, ma perché lo scioglimento dei ghiacciai aprirà nuove rotte commerciali. A pensar male si potrebbe dire che alcuni decisori politici stiano deliberatamente ritardando il contrasto al cambiamento climatico…
Sì, potrebbe sembrare così. Ma è una visione estremamente miope. Il ghiaccio della Groenlandia contiene una quantità tale di acqua tale che, se dovesse sciogliersi completamente, causerebbe un innalzamento del livello dei mari di circa sette metri. Questo significa che città costiere in tutto il mondo – incluse molte degli Stati Uniti, come alcune zone della Florida – finirebbero sott’acqua. Persino la casa di Trump, per dire, verrebbe sommersa. Insomma, si guarda solo al profitto immediato: le risorse minerarie oggi nascoste sotto il ghiaccio fanno gola, ma non si considera il disastro che questo comporterebbe. È la solita logica della cupidigia: si vede solo la possibilità di guadagno, mai le conseguenze. E le conseguenze, stavolta, sarebbero davvero catastrofiche.
Il mese scorso Ursula von der Leyen ha annunciato un piano di riarmo da 800 miliardi di euro. Cosa ne pensa?
Penso che sia una follia. Una totale follia. E non lo dico solo io – lo dicono voci autorevoli, intellettuali, lo dice Papa Francesco, lo dice António Guterres. Nel 2025, la guerra non è più una soluzione ai nostri problemi. È solo una fonte di sofferenza, distruzione. E questo lo sappiamo da millenni. Non c’è niente di nuovo sotto il sole: l’umanità si è massacrata per tremila anni e ancora non abbiamo imparato. Oggi però ci sono nuovi elementi che rendono questa scelta ancora più grave, c’è una novità enorme: la guerra oggi ha un impatto devastante anche dal punto di vista climatico e ambientale. Pensiamo al consumo di combustibili fossili, all’uso indiscriminato di materie prime, alla distruzione di città e infrastrutture. E poi tutto ciò che è distrutto andrà ricostruito – con ulteriore consumo di risorse ed energia. Il riarmo, insomma, è un ostacolo diretto alla transizione ecologica. Sposta fondi che potrebbero essere destinati a progetti vitali per il nostro futuro verso armamenti che, oltre a uccidere, peggiorano lo stato del pianeta.
Quindi una scelta non solo sbagliata, ma pericolosa. E in questo momento storico è qualcosa che davvero non serve. Dobbiamo ammetterlo: siamo nelle mani di leader che sembrano aver perso il senno. Che non capiscono che la via diplomatica – almeno tentarla! – è l’unica strada sensata. Poi, se tutto fallisce, se proprio non ci sono alternative, allora se ne riparla. Ma non si può cominciare dal riarmo. Guardi, io sono nato nella città di Primo Levi. Non posso accettare che si torni a pensare alla guerra come strumento legittimo per dirimere le controversie internazionali. Non posso.
Con 800 miliardi di euro si potrebbe mettere in sicurezza l'Europa dai rischi climatici?
Ma certo. Quelle risorse potrebbero davvero cambiare le sorti del continente. Sa cosa mi fa arrabbiare? Per trent’anni mi sono sentito dire che la transizione ecologica costa troppo. Che il fotovoltaico, l’eolico, le auto elettriche… tutto troppo caro. E invece le armi? Le armi non costano care? Da dove pensano di prendere quei soldi, se non dai cittadini, tagliando servizi essenziali come sanità e scuola. Altro che pannelli solari costosi… qui si parla di scelte politiche che ci portano via il futuro, pezzo dopo pezzo.