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Obiettori ovunque, strapotere dei prolife: in Italia abortire è diventato impossibile

Sono passati quarantacinque anni dalla legge 194, ma interrompere una gravidanza in Italia è ancora un percorso a ostacoli. L’obiezione di coscienza ha raggiunto picchi drammatici e le associazioni prolife sono ormai presidi fissi in molti ospedali. Per questo il 6 maggio ad Ancona, città simbolo dove le Ivg non sono più praticate, Non Una di Meno ha organizzato una manifestazione nazionale per l’aborto sicuro e gratuito.
A cura di Natascia Grbic
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Trentuno strutture sanitarie con il 100% di personale obiettore di coscienza. Quasi cinquanta con una percentuale superiore al 90%. Più di ottanta con numeri sopra l'80%. Questa la fotografia dell'Italia oggi, dove interrompere una gravidanza non è un diritto, ma un calvario.

I numeri sono riportati nel libro ‘Mai dati, dati aperti', inchiesta della docente di Storia della Medicina Chiara Lalli e della giornalista e informatica Sonia Montegiove. Le regioni bandiera nera sono il Molise, seguita dalla Puglia e dalle Marche.

Il ruolo dei prolife negli ospedali

Non che il resto dell'Italia se la passi meglio: in Piemonte le associazioni anti-abortiste sono finanziate e presenti negli ospedali pubblici con degli sportelli. Chi vuole accedere all'Ivg deve prima fare un colloquio con i loro volontari, durante il quale spesso vengono fornite informazioni sbagliate e fuorvianti sull'aborto. Questo accade anche in altre regioni d'Italia, come la Lombardia, dove – come testimoniato da Fanpage.it – le donne sono obbligate a passare dai cosiddetti ‘Centri di aiuto per la vita' prima di interrompere una gravidanza. A Firenze, invece, medici e infermieri possono ottenere crediti formativi partecipando a corsi antiabortisti che promuovono l'obiezione di coscienza.

Gli ostacoli all'aborto farmacologico

L'aborto farmacologico, considerato sicuro e raccomandato dall'Organizzazione mondiale della Sanità fino alle 9 settimane, in Italia è fortemente ostacolato. A oggi solo due regioni, Lazio ed Emilia Romagna, distribuiscono ad esempio la Ru486 nei consultori (e non in tutti). In Emilia Romagna è possibile accedere all'Ivg farmacologica però solo entro la settima settimana di gestazione: considerando che in genere una gravidanza viene scoperta alla quinta e che per legge bisogna aspettare la cosiddetta ‘settimana di riflessione', ecco che è molto difficile evitare il metodo chirurgico.

L'obiezione di coscienza non è un ostacolo che riguarda solo chi decide di interrompere una gravidanza alle prime settimane di gestazione. Riguarda anche tutte coloro che devono effettuare un aborto terapeutico per malformazioni del feto a gravidanza inoltrata. In questo caso, persone già sofferenti devono scontrarsi e avere a che fare con atteggiamenti giudicanti e discriminatori. Non sono pochi i racconti di chi si è vista negare l'Ivg dal proprio ginecologo e ha dovuto cambiare ospedale, andando ad abortire in altre città. Per non parlare di tutte quelle donne costrette ad ascoltare il battito dell'embrione o del feto nonostante non volessero portare avanti la gestazione.

Il 6 maggio ad Ancona corteo per l'aborto sicuro e gratuito

Il 6 maggio è stata organizzata dal movimento transfemminista Non Una di Meno una manifestazione nazionale per l'aborto sicuro e gratuito. La scelta è ricaduta su Ancona, città simbolo delle Marche dove nessuna struttura garantisce l'Ivg.

"La presidente del consiglio Giorgia Meloni, a seguito del suo insediamento, ha rassicurato furbamente l’opinione pubblica di non avere intenzione di modificare la legge che garantisce l’accesso all’aborto – dichiarano le attiviste – Il suo partito, infatti, sa benissimo che per mettere in discussione il diritto ad abortire non serve modificare la legge 194/78, basta muoversi tra i suoi rivoli e le sue lacune, come si è fatto da anni da anni a livello regionale".

"Nonostante anni di denunce, quando si prova a prenotare un’interruzione volontaria di gravidanza nelle Marche, viene consigliato di spostarsi direttamente in un’altra regione".

"È il nostro movimento a volere che la legge cambi, ma a partire dai nostri bisogni e da alcune rivendicazioni chiave: l’abolizione dei 7 giorni di riflessione dopo aver ottenuto il certificato IVG, l’abolizione dell’articolo 9 che disciplina l’obiezione di coscienza, la somministrazione della RU486 in tutti gli ospedali e consultori, l’estensione del numero di settimane per accedere all’IVG, la sperimentazione dell’aborto telemedico in piena sicurezza, la formazione di tutto il personale perché sia garantita accoglienza adeguata a tutte le persone che decidono di abortire a prescindere dal loro genere".

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