“Non serve studiare, basta pagare”: come siamo riusciti a diventare insegnanti senza mai aprire un libro
Non servono anni di studio, una preparazione serrata o la perfetta padronanza di una lingua straniera. Bastano un paio di telefonate, qualche centinaia di euro e la promessa di non fare troppe domande e in pochi giorni si possono ottenere certificazioni e persino attestati linguistici senza mai aprire un libro. Il mercato nero dei titoli scolastici è una realtà consolidata nel mondo dell’insegnamento italiano: sindacati, enti privati e associazioni offrono pacchetti chiavi in mano per scalare le graduatorie e assicurarsi un posto in cattedra. Per capire fino a che punto arriva questo sistema ci siamo finti aspiranti docenti. Come racconta l'inchiesta sotto copertura "La cattiva scuola" dell'unità investigativa Backstair di Fanpage.it, in poco tempo siamo entrati in un sottobosco di corsi fittizi, esami pilotati e certificati ottenuti senza mai sostenere una prova reale. Il risultato? Con circa 3.600 euro, avremmo potuto guadagnare fino a 22 punti in graduatoria, superando chi aveva studiato per anni. Questa è la storia di un sistema che premia chi paga, penalizza chi merita e mette in crisi l’intero mondo della scuola.
Come si diventa insegnanti: il concorso e le supplenze
Diventare docenti oggi in Italia significa mettere in conto di poter trascorrere anche molti anni da precari prima di poter entrare di ruolo. In Italia le strade sono due: la prima è quella del concorso, che, rispetto al punteggio che si ottiene, permette di entrare in una graduatoria a chiamata con un contratto a tempo indeterminato; la seconda è quella delle cosiddette Gps, ovvero le graduatorie provinciali di supplenze, che consentono di finire in cattedra, ma con un contratto a tempo.
Per entrambe le alternative, l’aspirante docente deve essere in possesso di una laurea e di una abilitazione. Per la scuola dell’infanzia e per la scuola primaria è necessaria la laurea in Scienze della formazione primaria o il diploma magistrale conseguito entro l’anno scolastico 2001/2002. In entrambi casi, parliamo di titoli di accesso di per sé abilitanti, che non necessitano, quindi, di una abilitazione specifica. Lo stesso non vale per la scuola secondaria di primo o secondo grado (le medie e le superiori). In questo caso, infatti, è necessario il possesso di una laurea magistrale, specialistica, di vecchio ordinamento o di titolo di Alta formazione artistica e musicale, che sia coerente con i crediti formativi universitari (Cfu), gli esami aggiuntivi o i titoli congiunti richiesti dall’ordinamento vigente. Per le classi di concorso relative agli insegnamenti tecnico-pratici è necessario essere in possesso della laurea o del diploma di istituto superiore. Se nel primo caso l’abilitazione è intrinseca nel tipo di laurea, in questo secondo caso può essere ottenuta tramite il superamento di un concorso ordinario o per il conseguimento di 30/60 Cfu o, nel caso dei docenti di sostegno, per il conseguimento dell’abilitazione tramite Tfa (Tirocinio formativo attivo).
Accedere al mondo della scuola tramite concorso – almeno per quanto riguarda l’ultima versione, quella del 2024 per il concorso “straordinario ter” previsto nell’ambito del Pnrr – significa superare due prove (una scritta e una orale) e presentare tutti i titoli in possesso. I titoli tornano anche quando si parla di accesso alla scuola tramite le supplenze. In questo caso, i titoli in questione saranno necessari a scalare la graduatoria delle Gps, insieme ad altri parametri, come i punti guadagnati dagli anni di servizio, qualora già si fosse stati chiamati a insegnare tramite supplenze.
Cosa sono i titoli e perché sono importanti per il punteggio
I titoli giocano un ruolo cruciale nell’accesso alla scuola. Nello specifico, quando si parla di titoli si fa riferimento a titoli di studio come master, specializzazioni e altri titoli accademici, ma anche certificazioni linguistiche e informatiche. A ogni titolo corrisponde un punteggio specifico: ad esempio, i master di primo e secondo livello valgono un punto, le certificazioni informatiche valgono 0,5 punti, mentre sono quelle linguistiche a pesare di più sulla bilancia dei punteggi valendo ben tre punti per un B2, quattro per un C1 e sei per un C2, che significa essere un vero esperto di lingua. Il punteggio relativo ai titoli diventa, quindi, per gli insegnanti l’ago della bilancia per la corsa alla cattedra. È per questo che attorno al mondo del precariato della scuola si muove un vero e proprio business.
“Sempre più spesso, quando parliamo di titoli che servono per inserirsi nelle graduatorie o per acquisire più punteggio per inserirsi all’interno delle graduatorie si sono sviluppati soggetti vari, agenzie formative università farlocche che sostanzialmente vendono la possibilità di avere titoli di studio oppure titoli che consentono di avere qualche punteggio in più nelle graduatorie stesse. Il punto è che troppo spesso c’è un problema di qualità di questi soggetti, ma spesso abbiamo segnalazione che questa erogazione non c’è. nel senso che si tratta di una compravendita di un titolo senza che sia qualificata da un percorso di studi con le caratteristiche che le stesse norme definiscono”, afferma Gianna Fracassi, segretaria di Flc Cgil.
"Non bisogna studiare, sono solo certificazioni"
Backstair, l’unità investigativa di Fanpage.it, ha deciso di indagare la questo mondo e con una nostra giornalista ci siamo finti aspiranti docenti intenzionati a ottenere certificazioni e attestati per iscriverci alle Gps, le graduatorie provinciali di supplenze, e finire a insegnare dietro una cattedra. Scavando online, entriamo in contatto con gruppi di docenti e aspiranti tali che si scambiano informazioni proprio rispetto alla possibilità di acquisire punteggio tramite l’acquisto di titoli e così veniamo introdotti a un sottobosco fatto di enti, organizzazioni, istituti che promettono ogni tipo di certificazione.
Decidiamo così di contattare Snals, il Sindacato Nazionale Autonomo Lavoratori della Scuola, molto noto nel settore e che fa parte della più ampia Confederazione generale dei sindacati autonomi dei lavoratori (Confsal), che in tanti nei gruppi Facebook di docenti indicano come tra i più “preparati” ad assistere gli aspiranti docenti nel procacciarsi i titoli. Quando chiamiamo, dall’altro capo del telefono ci invitano ad acquistare un corso di formazione per la preparazione all’imminente concorso, ma è quando ci presentiamo di persona che la situazione cambia completamente.
La referente che ci riceve ci chiede di cosa abbiamo bisogno e di che titolo fossimo in possesso. Quando rispondiamo di avere solo una certificazione di lingua piuttosto datata, si allontana per un attimo e torna con un foglio: in mano ha un vero e proprio tariffario in cui vengono specificati tipo di certificazione, costo e, ovviamente, punti guadagnati. “Puoi prendere le quattro certificazioni di informatica: valgono 0.5 a certificazione, due punti. Costano ottanta euro ciascuna, però se le prendi tutte e quattro c’è un po’ di sconto. Il C2 di inglese ti vale sei punti – dice – sono tanti, costa 400 euro. Poi c’è il Clil di inglese che ti vale tre punti, a 600 euro”. Ma l’elenco non è finito: “Poi potresti prendere il C1 di tedesco, che ti vale quattro punti e anche il Clil di tedesco che ti vale tre punti, e il costo è di 600 euro”. Ci chiede la nostra classe di concorso – storia e filosofia – e subito la risposta per convincerci: “Quella è una classe satura, devi lievitare tantissimo di punteggio. Diciamo che con tutte queste certificazioni potresti arrivare a 18 punti”. Alla modica cifra di 2.300 euro.
Ma come funziona concretamente? Per le certificazioni di informatica “vieni qui, fai la registrazione e dopo quindici giorni vieni a ritirare la cosa (la certificazione, ndr)”. “Di fatto vengo a ritirare”, rispondiamo noi. “Brava”, commenta lei. “Per il C2 devi preparare un testo, poi col traduttore lo traduci in inglese e lo invii al professore”. Quando chiediamo il livello di difficoltà, la risposta è chiara: “Zero”. Per il Clil – Content and Language Integrated Learning, una metodologia di insegnamento – “ti prepareranno una tesina, tu ti collegherai tramite whatsapp, la consegni, tranquilla”, spiega. Quando scopre che stiamo studiando da autodidatta per il concorso 2024, ci consiglia anche di approfittare di un corso di preparazione: “Il corso è d’aiuto, perché il preside ha fatto lezioni registrate. Ci sono le dispense e ci sono soprattutto le esercitazioni. Il corso costa pochissimo per l’efficacia: 250 euro. La preparazione che inizia a fare adesso ti vale per i prossimi concorsi, ma ti dà anche la base per il Tfa sostegno”.
Prima di lasciarci, ci chiede se siamo iscritti al sindacato: “Ti conviene iscriverti, perché sarai aggiunta a un gruppo whatsapp e in questo gruppo whatsapp ci saranno tutte le informazioni”. E aggiunge: “Tu considera che [omissis, ndr] fa parte del ministero dell’Istruzione, quindi le informazioni sono in tempo reale. Se vuoi entrare nel mondo della scuola, sei nel posto giusto”, alludendo alla presunta capacità di quella sede del sindacato Snals di poter reperire informazioni utili prima di altri. Quando ci mostriamo preoccupati per lo studio, ci rassicura: “Qua non c’è preparazione, sta’ tranquilla. Queste sono solo certificazioni. Quando senti la parola “certificazioni” non ti devi preoccupare”.
Il “mercificio” degli enti che rilasciano attestati per i crediti
Non tutti i sindacati accettano di prestarsi a questo mercimonio, ma sulla nostra strada abbiamo incontrato diversi enti che scelgono di farlo. Quando ci rivolgiamo ad Adesso Scuola, un'organizzazione sindacale della scuola molto diffusa in Campania, ma anche in altre regioni, la situazione è la stessa. “Tra poco si aggiorna la graduatoria delle Gps, più titoli ha e più ha possibilità di essere chiamata”, ci dice una referente che incontriamo in un ufficio di un altro noto centro studi privato. Ancora una volta quello che ci propongono è un pacchetto di titoli: “Potrebbe prendere il Clil e il C2. Il Clil è un master, le dà tre punti, ma insieme al C2 che è una certificazione linguistica, potrebbe arrivare a nove punti. Poi può prendere massimo quattro certificazione informatiche e arriva a due punti”. Chiedendo spiegazioni sul tipo di esame, la referente ci risponde così: “Per informatica non deve fare proprio niente. Una costa 150, due 250, tre 300 quattro 450. Se le prende tutte e quattro costano 350 solo carta d’identità e codice fiscale”.
Quando chiediamo più informazioni rispetto allo svolgimento dei test, ci risponde così: “Per il C2 di inglese, io ho un centro che lo fa qui. Il costo è 500 euro, perché è quello che dà più punti. Il Clil sempre 500 euro, come tutti i master, e quello lo fa online”. Ma come funziona esattamente? Per il Clil, “lei mi lascia la mail, le arriva un link e il giorno prima – anche due-tre ore prima – le arrivano queste trenta risposte per poi rispondere alle domande”. Per il C2, invece, “è lo stesso principio, nel senso che non deve fare nulla, però deve venire in presenza qua”, ci dice la referente. “Si fa di solito di lunedì, viene una commissione dall’Inghilterra. Il venerdì le arriva una mail in cui c’è scritto ad esempio ‘mi parli di una cosa in inglese’. Lei la scrive in italiano e il lunedì la trova corretta in inglese con degli esercizi che vi fanno loro stessi. Questo è il C2. Non deve fare nessun esame”. Anche in questo caso, quando facciamo presente la nostra preoccupazione per lo studio, veniamo subito rassicurati: “Non dovete studiare qua. Queste certificazione qua si comprano alla fine, se le comprano tutti. Non fa nessun peccato, l’importante è che la laurea l’abbia presa tranquillamente senza sotterfugi. Questi si comprano, perché è un mercificio, questa cosa qua dei titoli”.
“Lei può prendere anche due master contemporaneamente – continua la referente, che è anche docente – perché da settembre c’è la normativa che prevede che può farlo. Io non li faccio mai prendere insieme, perché poi iniziano a fare i controlli. O si prende 2022-2023 un master e 2024-2025 un altro, perché è meglio non averne due nello stesso anno”, ci dice preoccupandosi per noi. Poi procede a fare i conti del nostro pacchetto: “Prendendo le quattro certificazioni, il C2 e il Clil arriva a undici punti. Ma pensi che ci sono persone che stanno prendendo anche la seconda certificazione di inglese. Però è meglio che lei inizia con una”, ci consiglia. Quando ci mostriamo stupiti per il tedesco, una lingua che i più non conoscono, risponde: “Lo so, ma anch’io ho il C2 di inglese, sono andata a fare il concorso l’anno scorso, perché quest’anno sono di ruolo. Mi hanno chiesto l’inglese, ma loro non sapevano che avevo il C2, altrimenti facevo una figuraccia”.
"Al telefono è meglio non parlarne"
Proviamo a contattare un terzo ente: si tratta di una Onlus che ha lo scopo di valorizzare "i talenti e le potenzialità dei nostri giovani per creare una società migliore”, come si legge sulle loro pagine social. Quando li contattiamo telefonicamente e spieghiamo loro di cosa abbiamo bisogno, ci dirottano verso un avvocato che ci assicurano fa al caso nostro. Lo raggiungiamo nel suo studio legale in un elegante palazzo della provincia napoletana. “Che cosa le occorre, i punti?”, ci chiede. “I punti non è proprio la mia materia. Come mai si è rivolta a noi?”. Quando spieghiamo che il nome dell’associazione di cui fa parte gira sui gruppi Facebook di docenti come una di quelle in cui “procurarsi” titoli, non si tira indietro e risponde: “Sì, noi abbiamo una persona al nostro interno, il tesoriere dell’associazione che si occupa proprio di queste cose. Tra corsi di aggiornamento, titoli per poter aumentare i punti a scuola”. È lui stesso a precisare che l’associazione si occupa di tutt’altro: “Noi siamo un’associazione che si occupa del terzo settore e quindi abbiamo vari progetti per aiutare i bambini in difficoltà e queste cose qua. Però ci occupiamo anche della scuola. A lei servono dei titoli per fare punteggio?”. Alla nostra risposta affermativa, aggiunge: “Ovviamente questi hanno un costo”.
Quando ci mostriamo preoccupati per il livello di difficoltà, ci dice che “si possono prendere tranquillamente attestati, senza nessun tipo di problema. Senza implicazione di studio, no, assolutamente. Ecco perché abbiamo una persona. L'Associazione è collegata a un sindacato – spiega ancora – le lascio il numero della persona da contattare, la può chiamare tranquillamente”. E, infatti, al telefono questa persona si mostra subito molto disponibile ad accontentarci: “So che doveva acquisire degli attestati. Li possiamo prendere”. E inizia a elencare i soliti titoli: “Non so se lei ha lim, tablet, coding?”, quando diciamo che non abbiamo nessuna delle certificazioni citate risponde: “È scarna, molto bene. Stavo pensando che lei potrebbe prendere anche il Clil più il C2 di inglese in modo tale che si abilita anche all’insegnamento di inglese”. E continua: “Adesso io le stilo tutto quello che può prendere, le scrivo i prezzi, con il relativo punteggio vicino e le dico ‘se prendo questo vale tot’ e poi le decide e mi fa sapere quello che vuole fare. Per le certificazione informatiche non c’è problema. Poi al limite ci sentiamo e le spiego. Quelle gliele riesco a far conseguire velocemente”. Nel momento in cui facciamo capire che non abbiamo tempo di studiare, la risposta arriva immediata: “Mi capisca, non ci sono problemi. Il programma è molto semplice, stia tranquilla”. Non dobbiamo studiare: “No, non è che non deve studiare, io adesso telefonicamente non le posso dire tante cose, però non si preoccupi, stia tranquilla”.
Un business a spese della scuola
Alcuni di questi titoli sono molto importanti, come il Clil che serve per l’insegnamento in lingua. “Questo necessiterebbe un livello di conoscenza delle lingue molto alto – spiega ancora la segretaria Flc Gianna Fracassi – Noi abbiamo tantissime segnalazioni di erogazioni di questi corsi e di questi titoli con qualche elemento di criticità rispetto all’effettiva formazione erogata”. Con una nota dell’agosto 2024, il Mur ha ritenuto inammissibili i punteggi dei Clil ottenuti tramite le Scuole di mediazione linguistica. Infatti l’art. 14 del D.M. 10 settembre 2010, n. 249 prevede che i Clil vengano erogati solo dalle università. “Sulla scorta del dato normativo sopra richiamato – si legge nella nota del Mur – i corsi per l’ottenimento delle certificazioni CLIL eventualmente erogati dalle Scuole superiori di mediazione linguistica, per quanto di competenza di quest’Ufficio, non hanno valore legale”. Dopo questa nota, i docenti che avevano inserito punteggi guadagnati attraverso certificazioni erogate da Scuole di mediazione si sono visti decurtare punti in graduatoria.
Ma questo non basta. “Quello che possiamo suggerire ai docenti è di verificare gli enti a cui chiedono la formazione. il mercato dei crediti e delle certificazioni può essere molto appetibile. Gli enti che sono autorevoli e seri, ma per chiunque acceda al di là delle università che danno delle garanzie con percorsi di qualità, quando si accede a percorsi e certificazioni rilasciati da enti o istituti privati bisogna verificare che questi abbiano tutti i canoni per essere riconosciuti come titoli autentici. Evidentemente c’è un grande business attorno a questo prodotto e crediamo che ci dovrebbe essere un governo della formazione centrale da parte dei ministeri proprio per evitare che questo succeda. è importante che le lavoratrici e i lavoratori non vengano lasciati nelle mani di chi intende fare profitto sulle spalle dei lavoratori”, spiega un’altra sindacalista di Flc, Manuela Calza.
Diventare docenti è, dunque, anche una questione economica. Chi può permetterselo acquista titoli e sale in graduatoria, scavalcando chi ha studiato. “Anche l’accesso alla professione degli insegnanti sta diventando discriminante dal punto di vista economico. devo sempre rincorrere il punteggio, quindi spendo continuamente per fare corsi. chiaro che questo comporta il fatto che non tutti se lo possono permettere e quindi anche l’accesso a questa professione, che non è una professione che ha sempre consentito un accesso democratico sta diventando molto selettivo, anche dal punto di vista economico”, continua Fracassi.
A rimetterci è tutto il sistema scuola. Ancora Fracassi: “Nel corso di questi anni questa è stata una categoria su cui si è sempre fatto cassa. ci sono stati tagli al sistema di istruzione pesantissimi: otto miliardi nel 2008 i cui effetti ancora stiamo assorbendo. alla fine il tema è che non si è mai voluto scommettere fino in fondo sul sistema d'istruzione italiano quale leva per il futuro. alla fine non è una questione soltanto di chi lavora nella scuola, è soprattutto una questione di chi nella scuola va. e sto parlando delle studentesse e degli studenti e che rappresenta il futuro del nostro paese”.
A cura di Cristiana Mastronicola