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“Non riesco a respirare, venite subito”, l’ambulanza del 118 arriva ma era uno scherzo

Dopo il caso in Romagna, anche in Puglia qualcuno ha finto un malore inesistente mettendo in allarme il 118. “Chiamare l’ambulanza per futili motivi è un atto di profonda inciviltà ed è un reato” hanno ricordato molti sanitari.
A cura di Antonio Palma
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Immagine di Archivio
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Ci son persone che pensano che fare scherzi telefonici al 118 sia una cosa divertente e non è cosa nuova sentire di qualcuno che chiama il numero di emergenza credendo di essere spiritoso mentre invece tiene impegnato il centralino usato per le emergenze mediche ma purtroppo c’è chi va anche oltre chiedendo un’ambulanza e fingendo malori inesistenti. Dopo il caso di Rimini, un nuovo episodio sarebbe avvenuto nei giorni scorsi in Puglia, nel Barese.

Secondo quanto ricostruisce Il Quotidianodipuglia, due uomini hanno pensato di chiamare il 118 fingendo un malore grave, facendo attivare un’ambulanza di emergenza che sarebbe potuta servire da qualche altra parte e per qualcuno che stava veramente male. Il fatto sarebbe avvenuto nel quartiere San Paolo a Bari dove la centrale operativa del 118, dopo la chiamata di emergenza, avrebbe inviato subito un equipaggio di soccorso.

Un fatto dovuto visto che al telefono uno dei due avrebbe affermato: “Non riesco a respirare venite subito“. Al momento dell'arrivo sul posto, però, i soccorritori si sarebbero trovati di fronte due uomini che in realtà erano in ottime condizioni di salute. Non solo, i due avrebbero iniziato a ridere chiedendo ai sanitari un cacciavite perché l’emergenza era una sdraio rotta.

Come hanno ricordato molti sanitari dopo il caso in Romagna, “Chiamare l’ambulanza per futili motivi è un atto di profonda inciviltà ed è un reato. Non ci stancheremo mai di ripeterlo, le ambulanze non sono taxi, non trasportano merci. Il 118 deve essere chiamato solo in caso di reale necessità, perché il nostro lavoro consiste nel prenderci cura di persone che rischiano la vita. Chiamare l’ambulanza per gioco, significa giocare con la vita di un altro essere umano”.

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