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“Non era una truffa”: perché l’ex poliziotto accusato di giocare a tennis in malattia è stato assaolto

Accusato di aver giocato a tennis mentre era in malattia, un ex agente di Pesaro della Polaria è stato assolto in Appello: “il fatto non sussiste”. In primo grado era stato condannato per false dichiarazioni, ma la Corte ha riconosciuto la sua buona fede.
A cura di Biagio Chiariello
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Un lungo calvario durato quasi 8 anni. Ma ora il suo incubo è finito e per lui si apre la strada di un possibile risarcimento. Può tirare un sospiro di sollievo l’ex poliziotto che, nel 2017, finì nella bufera per alcuni gravi episodi di assenteismo dal lavoro.

È finito con una piena assoluzione il lungo calvario giudiziario di un 50enne originario di Pesaro, residente in Valconca, ex assistente capo della Polaria in servizio presso l’aeroporto. Accusato di aver giocato a tennis – e persino partecipato a tornei – mentre era in malattia, l’uomo ha visto cadere anche l’ultima accusa che ancora gravava su di lui grazie alla sentenza della Corte d’Appello, che ha stabilito senza ombra di dubbio che “il fatto non sussiste”.

Una vicenda iniziata anni fa, con l’apertura di un’indagine per truffa aggravata ai danni dello Stato. Secondo l’accusa, l’ex poliziotto avrebbe usufruito di certificati medici che attestavano la sua impossibilità a lavorare, continuando però a praticare regolarmente sport. In primo grado era già arrivata una prima importante vittoria: l’uomo era stato assolto sia dal reato di truffa sia dall’utilizzo strumentale dei certificati medici. Tuttavia, era stato condannato a nove mesi (pena sospesa) per aver reso, secondo il tribunale, dichiarazioni non veritiere alla commissione medica incaricata di valutare il suo stato di salute.

Nonostante la possibilità di lasciar cadere l’accusa per intervenuta prescrizione, il 50enne, assistito dall’avvocato Massimiliano Orrù, ha scelto di proseguire la battaglia giudiziaria, rifiutando ogni scorciatoia. Ha voluto che il suo nome fosse pienamente riabilitato e le accuse cancellate non per decorrenza dei termini, ma per assoluzione nel merito. La Corte d’Appello ha accolto le argomentazioni della difesa, riconoscendo che non vi era alcun intento doloso o omissivo da parte dell’ex agente.

Il punto chiave del processo d’appello ha riguardato le dichiarazioni rese alla commissione medica. Secondo l’accusa, l’uomo avrebbe taciuto la sua attività sportiva, ma il legale ha smontato tale ricostruzione, dimostrando che il suo assistito aveva tenuto un comportamento collaborativo e trasparente, rispondendo con completezza a tutte le domande poste. Nessuna omissione, nessuna menzogna, nessun inganno.

Del resto, già in primo grado il giudice aveva riconosciuto la sussistenza di una patologia invalidante – una lombosciatalgia sinistra – che può manifestarsi con fasi acute alternate a momenti di miglioramento. Una condizione che, pur limitando le capacità lavorative, non escludeva la possibilità di praticare attività fisica moderata nei periodi di remissione del dolore.

Il calvario giudiziario dell’ex poliziotto era iniziato nel dicembre 2017 con una sospensione cautelare dal servizio, poi culminata nella destituzione definitiva nel giugno 2018 per decisione dell’allora capo della Polizia Franco Gabrielli. Ma anche in quel caso, la giustizia amministrativa gli ha dato ragione: il Consiglio di Stato ha annullato il provvedimento disciplinare, riconoscendo l’illegittimità della destituzione.

Oggi, dopo anni di processi, il 50enne ha cambiato vita. Ha trovato un nuovo lavoro e sembra intenzionato a lasciarsi definitivamente alle spalle l’esperienza in polizia. Non ha avanzato alcuna richiesta di reintegro, preferendo la serenità di una nuova quotidianità alla tensione di un ritorno in divisa.

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