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Omicidio Giulia Cecchettin

“Non aveva paura”: perché non può essere attribuita a Giulia Cecchettin la responsabilità del suo femminicidio

Che Giulia Cecchettin avesse timore di Turetta è la stessa Giulia a dirlo, proprio a Filippo, in un audio di risposta che gli invia il 7 novembre, pochi giorni prima di essere uccisa. In quell’audio spiega che ha deciso di non comunicargli orario e luogo dei suoi appuntamenti “per sicurezza”, la sua sicurezza.
A cura di Margherita Carlini
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Giulia Cecchettin
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Nell’aula della Corte D’Assise di Venezia ieri è stato il turno della difesa di Filippo Turetta. Un’arringa che ha puntato ad alleggerire la posizione di Turetta, mettendo in discussione la sussistenza della premeditazione così come di altre aggravanti, facendo leva sulla buona condotta di un ragazzo che, se condannato all’ergastolo, non verrebbe in alcun modo rieducato e recuperato.

Ecco che allora, in alcuni passaggi l’avvocato ci tiene a precisare che Turetta “non è el Chapo o Pablo Escobar” e “non puntava ad essere un latitante inafferrabile”, cercando pertanto di minimizzare la pericolosità dello stesso, facendo appello a quell’aria da “bravo ragazzo” di cui troppo spesso abbiamo sentito parlare.

Laddove il ruolo della difesa di un imputato deve sempre essere garantito, tale obiettivo non dovrebbe essere mai perseguito attraverso la rivittimizzazione della vittima.

Ci sono dei passaggi infatti, di quell’arringa che, con il solo fine di alleggerire la posizione del proprio assistito, di minimizzarne l’entità e la responsabilità delle azioni poste in essere, attribuiscono tale responsabilità a Giulia Cecchettin, con una modalità, duole dirlo, che appare perfettamente collusiva proprio con quelle che erano le condotte manipolatorie del Turetta.

"Ho l’obbligo di dirvi che Giulia non aveva paura […] se Giulia Cecchettin avesse nutrito timore per la propria incolumità veramente vogliamo pensare che avrebbe dato appuntamento lei al suo futuro omicida il giorno 11? Lo fa perché è una persona meravigliosa che si rende conto che l’ha fatto soffrire nei giorni precedenti, ma non ha paura. […] non cambia le sue abitudini di vita, si sta per laureare, va dallo psicologo ma non per Filippo. Che non ci sia stato alcun evento perturbativo è comprovato dal fatto che si è organizzata per andare ai concerti anche quando non stavano più insieme. Se avesse avuto paura per la su incolumità avrebbe dato appuntamento lei al suo futuro omicidio il giorno 11 novembre 2023? Se ha paura non si fa accompagnare dalle amiche? Giulia non ha paura di Filippo Turetta".

Giulia pertanto non è una ragazza spaventata da quello che diventerà il proprio assassino, ma anzi è, neanche troppo tra le righe, lei che determina la sua condanna a morte, dando appuntamento a Filippo il pomeriggio dell’11 novembre 2023.

Filippo Turetta in aula
Filippo Turetta in aula

Appare necessario a questo punto dover ribadire come e perché il comportamento ambivalente di Giulia Cecchettin è la prova stessa, non solo del timore che la ragazza nutrisse nei confronti di Turetta, ma del fatto che fosse in una relazione maltrattante, una relazione che si è conclusa con il suo femminicidio.

Che Giulia avesse timore di Turetta è la stessa Giulia a dirlo, proprio a Filippo, in un audio di risposta che gli invia il 7 novembre, pochi giorni prima di essere uccisa. In quell’audio Giulia spiega a Filippo che ha deciso di non comunicargli orario e luogo dei suoi appuntamenti “per sicurezza”, la sua sicurezza. Lo fa in risposta a messaggi piagnucolanti che lo stesso le aveva inviato supplicandola di aiutarlo. “Se mi vuoi bene senti il mio disperato bisogno di aiuto, come un povero che chiede da mangiare, non lo aiuteresti se gli vuoi bene?” e poi la rassicura che “non succederà mai” che lui possa fare qualcosa contro la sua volontà.

Poche ore dopo Turetta compilerà sul suo cellulare la lista delle cose da fare e da acquistare per rapire ed uccidere Giulia, tra le quali un coltello.

È una dinamica tipica questa, quella del ciclo della violenza, ravvisabile in tutte le relazioni maltrattanti, all’interno delle quali si alternano fasi violente a fasi cosiddette di “luna di miele” nel corso delle quali l’uomo implora, chiede aiuto alla donna che ha vessato, perseguitato e maltrattato. Turetta lo fa in modo subdolo, manipolatorio, perché le sue fasi violente sono prevalentemente criptate, nascoste, ma Giulia ne percepiva comunque il peso, tanto da inserirle in una lista di motivi per i quali aveva deciso di lasciarlo.

"Tendenzialmente i ‘tuoi spazi' non esistono, quando vuole rapporti tu non puoi non avere voglia, se no diventa insistente e si potrebbe scocciare male, non accettava le mie uscite con le amiche, lui deve sapere tutto anche quello che dici di lui alle amiche o allo psicologo, durante le litigate dice cattiverie pesanti e quando l’ho lasciato ha fatto minacce solo per farmi cambiare idea …". A questa alternanza dei comportamenti del maltrattante corrisponde, inevitabilmente, un’ambivalenza del comportamento della vittima che si attiva in un’ottica di auto protezione quando percepisce il pericolo imminente, per poi abbassare le difese di fronte alle promesse di cambiamento.

Non possiamo mai perdere di vista che quando trattiamo questo fenomeno abbiamo a che fare, nella maggior parte dei casi, di abusi che avvengono all’interno di relazioni di intimità, violenze cioè che vengono perpetrate non da uno sconosciuto, ma da un soggetto al quale la donna era emotivamente legata, il cui comportamento, pertanto, ha inevitabilmente ripercussioni sulle risposte della donna.

Giulia non è “una persona meravigliosa” (o meglio, lo è ma non è dai comportamenti a cui fa riferimento la difesa di Turetta che lo si evince), Giulia è una ragazza paralizzata, schiacciata dalla violenza che ha subito e continua a subire. Schiacciata dai sensi di colpa che lui le induce attraverso la manipolazione psicologica ogni volta che la responsabilizza per la propria sofferenza.

Come se la decisione di porre fine a una relazione fosse una violazione dei diritti umani. No. La violenza che Giulia subiva lo è. Giulia è una donna che, come molte altre, aveva sviluppato una strategia che credeva potesse essere funzionale per gestire questa situazione, accettando, ogni tanto, di vedere Turetta, cercando di riconquistare, al contempo, la propria libertà. Di riprendere in mano la propria vita. Non c’era nulla che Giulia avrebbe potuto fare o non fare per evitare di essere uccisa quella sera, perché Turetta aveva già scelto per lei.

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Sono Psicologa Clinica, Psicoterapeuta e Criminologa Forense. Esperta di Psicologia Giuridica, Investigativa e Criminale. Esperta in violenza di genere, valutazione del rischio di recidiva e di escalation dei comportamenti maltrattanti e persecutori e di strutturazione di piani di protezione. Formatrice a livello nazionale.
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