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Noi donne vittime di violenza in case famiglia: tra degrado, cibi scaduti e libertà negata

Due donne vittime di violenza ci hanno raccontato la loro vita in casa famiglia (con i figli), dopo l’allontanamento dalla casa coniugale. “Non è come scrivono sulle brochure, qui non si svolge nessun percorso, siamo semplicemente bloccate in una stanza con i nostri figli. Ci danno da mangiare cibi scaduti e ci chiedono di comprarci tutto da sole. Eppure percepiscono fino a 100 euro giornalieri per ospite”.
A cura di Angela Marino
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La recente approvazione di ‘Codice Rosso', la nuova normativa in materia di violenza domestica, ha riportato al centro dibattito l'assistenza fornita alle donne dopo la denuncia nelle cosiddette case famiglia. Da luoghi pensati per dare supporto e accoglienza temporanei alle donne vittime di violenza nella prima fase, quella più delicata, del distacco dal tetto coniugale, sono diventati per alcune una specie di limbo in cui stare in stallo per anni. Rossella (nome di fantasia), ospite di una struttura in provincia di Milano e Naike (nome di fantasia), ospite di una casa famiglia in provincia di Caltanissetta, ci hanno raccontano la loro esperienza di madri ‘recluse', ai due poli opposti dell'Italia.

Naike, lei è in casa famiglia da due anni, quando terminerà il suo percorso all'interno?

"Chi può dirlo. Intanto voglio precisare che qui dentro le donne non seguono alcun ‘percorso', come è scritto sulle brochure". 

Cosa intende? Non ci sono corsi introduttivi al lavoro, attività, terapie?

"Siamo semplicemente condannate a trascorrere qui il nostro tempo con i bambini. Abbiamo a disposizione piccole stanze da condividere (la mia ha i muri imbrattati), ma non tanto è per questo che ci manca la privacy, ma perché siamo private delle chiavi delle stanze e delle chiavi dei bagni. Può capitare di essere ‘sorpresa' in bagno da un'altra ospite".

Siete tutte mamme?

"No, le ospiti sono molto diverse tra loro. Alcune sono vittime di violenza, altre sono tossicodipendenti e altre ancora pazienti psichiatriche. Ho dei graffi sul braccio che mi ha fatto una delle altre coinquiline in una crisi".

Avete un tetto sulla testa e un posto sicuro.

"Certo, un posto sicuro per stare lontane dagli ex, ma non altrettanto sicuro per i nostri bambini, che crescono in condizioni di degrado e con una mamma ridotta a compagna di stanza. Eppure la casa famiglia riceve 100 auro al giorno per ogni mamma e 90 per ogni bambino. Sono cifre con le quali si potrebbe garantire una vita dignitosa, ma non è così".

Rossella, anche lei vive la stessa condizione?

"Io sono madre di due bambine, sono in casa famiglia da due anni, da quando ero incinta delle più piccola. E sì, confermo che anche a Milano le condizioni sono le stesse. In più, aggiungo, che qui da noi ci danno molto spesso cibo scaduto. Ormai è diventata la regola, dobbiamo comprarci tutto da sole".

Cos'è che compra con le sue risorse?

"I pannolini per la piccola, le medicine, i vestiti, i detergenti, quasi tutto. Anche le spese mediche, la retta scolastica, lo scuolabus e ogni altra spesa è a carico mio".

Lei lavora?

"No, non posso farlo perché qui non c'è il nido e non posso permettermene uno dove lasciare le piccole quando sono via. Ma per fortuna percepisco il reddito di cittadinanza".

Anche lei, Naike?

"No, a me è stato negato in quanto ospite dalla struttura, ma se non mi permettono di uscire di qui per lavorare, non potrò mai guadagnarmi da vivere".

Rossella, lei era incinta quando è entrata qui. Come è stato gestito l'arrivo di sua figlia?

"Circa un mese dopo la nascita di mia figlia hanno dichiarato in un documento lo ‘stato di abbandono' della mia bambina".

Perché lo hanno fatto se la piccola viveva con lei e veniva accudita sotto la supervisione di operatori e assistenti sociali, presso la casa famiglia?

"Lo hanno fatto per aprire subito una pratica per l'adottabilità della bambina. A ‘sua tutela' hanno detto. Per fortuna è intervenuta mia madre – che loro avevano omesso di menzionare come risorsa ‘intrafamiliare' – e abbiamo bloccato tutto."

È capitato in altre occasioni che abbiano adottato procedure drastiche a sua insaputa?

"Hanno trasferito mia figlia maggiore in un'altra scuola senza il mio consenso. Non possono farlo, io non ho perso la potestà genitoriale e neanche suo padre. Per fortuna anche in questo caso siamo riuscire a bloccare tutto".

Rossella, quanto dovrà ancora restare in casa famiglia?

"Non ne ho idea, so che c'è un progetto, ma non vogliono dirmelo. So solo che le mie bambine hanno il diritto di crescere con la loro mamma senza che tutte ci sentiamo prigioniere di chi dovrebbe proteggerci e invece ci priva di ogni diritto".

Lei, Naike?

"Non lo so. Almeno i carcerati conoscono il termine della loro pena, noi donne vittime di violenza sappiamo quando entriamo, ma non quando usciamo. Spero solo di non invecchiare qui".

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