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Covid 19

No, la cannabis non cura il Coronavirus

Dalla bufala condivisa su Internet che sosteneva che la cannabis curerebbe il Coronavirus ai possibili effetti positivi sull’infiammazione, passando per le precauzioni che dovrebbe prendere chi fuma in compagnia, per arrivare alle code nei coffee shop olandesi per fare scorta di cannabis e ai metodi per alleviare lo stress per il Sistema Endocannabinoide.
A cura di Mario Catania
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Mettiamo subito in chiaro una cosa: la cannabis non cura il Coronavirus. E’ una non-notizia condivisa in internet su blog, siti e social network, che non ha nessun fondamento scientifico. La fake news è circolata con diverse versioni: chi sosteneva che la molecola per curare il Coronavirus fosse il CBD, chi invece attribuiva questa proprietà ad un altro cannabinoide, il THCV, alludendo a non meglio precisate ricerche di scienziati inglesi e spiegando che avrebbe ucciso il virus se usato nel modo corretto.

Non c’è niente di vero. La cannabis è una pianta dai numerosi principi attivi ed effetti farmacologici, ma non è la panacea di tutti i mali ed è bene smentire con forza notizie false che rischiano di mettere in pericolo la vita delle persone. “E’ una bufala”, racconta il dottor Lorenzo Calvi, tra i più esperti medici italiani nel settore cannabis. “E’ vero che alcuni terpeni presenti nella cannabis e altre piante come il timo, il basilico, origano hanno proprietà antibatteriche e antivirali e possono essere utilizzate per trattare l’influenza e diminuire l’infezione, così come è vero che alcuni cannabionidi hanno proprietà antinfiammatorie. Ma da qui ce ne passa. Non si cura l’influenza con l’olio essenziale di timo, anche se è presente in farmacopea, può essere una cosa da aggiungere e che può aiutare nella convalescenza e nel recupero, ma non come cura”.

Il dottor Carlo Privitera, medico siciliano e fondatore del servizio di telemedicina Medicomm, racconta a Fanpage che: “Quando ci infettiamo con il virus, lui entra nelle cellule e le danneggia e si crea una prima risposta infiammatoria. Dopodiché i pazienti in cui si complica la situazione vanno in rianimazione per la risposta infiammatoria esagerata scatenata dal virus e questo è un meccanismo in cui la cannabis va ad agire come immunomodulatore. La cannabis in quest’ottica, così come è già stato dimostrato nel trattamento di polmoniti dovute ad altri agenti virali che danno quadri patologici simili, ha dimostrato di poter migliorare i risultati clinici migliorando la risposta infiammatoria. Da medico penso che quantomeno la prova si debba fare, uno degli articoli da citare è uscito su Cell a gennaio 2020 e spiega che i meccanismi biologici e molecolari che si verificano nella sepsi, sono dovuti, oltre che alla presenza dell’agente patogeno, anche e soprattutto dalla reazione infiammatoria che è causa di stress progressivo di organi e apparati. Scriverò al ministro della Salute e nel caso di un riscontro positivo mi muoverò per cercare i capitali necessari”.

Un’idea in sintonia con quella del senatore Lello Ciampolillo, approdato al gruppo misto dopo l’espulsione del M5S, che nei giorni scorsi aveva scritto proprio al ministro Speranza suggerendo una sperimentazione.

Per chi fosse invece nella situazione di poter fumare in compagnia, a livello internazionale è passato il consiglio di non passarsi le canne oltre strumenti come pipe o bong, per evitare la diffusione del virus. “Non è una cosa stupida – sottolinea il dottor Calvi – soprattutto se pensiamo a situazioni come quelle nei coffee shop olandesi o ai cannabis club spagnoli: non è raro che ci siano persone che tossiscono, proprio perché fumano, è non sarebbe proprio il luogo ideale da frequentare durante un’infezione. Passarsi le canne proprio no, meglio evitare. Se parliamo di un paziente l’ideale è che utilizzi altri metodi di somministrazione o un vaporizzatore senza condividerlo con altri”. Con una nota: per chi è positivo al Coronavirus, fumare in generale può essere un’aggravante. “E’ deleterio, perché si contribuisce ad irritare il polmone peggiorando la situazione”, spiega Calvi.

E, a proposito di coffe shop, le stesse code che in Italia si sono viste per accaparrarsi generi alimentari e di prima necessità, in Olanda le hanno fatte per la cannabis. Centinaia di persone si sono messe in coda per fare scorte visto che il governo olandese ha deciso che restino chiusi da ieri fino al 6 aprile così come scuole, asili, palestre bar e ristoranti.

Mentre una connessione da tenere presente in questi tempi difficili, è quella del nostro Sistema Endocannabinoide con quello Immunitario. Il Sistema Endocannabinoide è costituito da recettori sparsi in tutto il corpo umano che permettono alla cannabis di interagire e da alcune sostanze, simili ai cannabinoidi, che il nostro corpo produce naturalmente. La scienza negli ultimi anni lo sta studiando sempre più a fondo perché presiede a molte funzioni vitali per il nostro organismo, tanto da essere considerato come un super-computer che ne presiede il corretto funzionamento. “Oggi più che mai è importante ricordarsi della stretta interconnessione del Sistema Immunitario con quello Endocannabinoide”, ricorda la neuroscienziata e ricercatrice Viola Brugnatelli su Cannabiscienza sottolineando che: “Dagli studi su ratti tenuti in isolamento sociale si è evinto che produciamo meno recettori cannabinoidi durante questi periodi e ci sono tanti metodi naturali che possiamo utilizzare per aumentare il tono endocannabinoide”. Tra i metodi segnalati dalla dottoressa vale la pena ricordare l’assunzione di probiotici, l’esercizio fisico, la diminuzione dell’impatto dello stress o l’assunzione di alcuni cibi e bevande come curcuma e semi di canapa.

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