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Niente neve sulle Alpi per il caldo record, il Cnr a Fanpage: “Situazione dei ghiacciai critica”

L’intervista di Fanpage.it a Jacopo Gabrieli, ricercatore presso l’Istituto di Scienze Polari del CNR, sede di Venezia, che ha spiegato perché sulle Alpi ci sia ancora poca neve: “Abbiamo avuto pochissima neve invernale lo scorso anno, con un deficit sulle Alpi occidentali del 70% e su quelle Orientali più o meno del 50%. A ciò si è aggiunta una estate torrida sin dall’inizio”.
A cura di Ida Artiaco
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Screen di oggi da skiinfo.it.
Screen di oggi da skiinfo.it (Alto Adige). 

Sulle Alpi manca la neve. Le immagini delle montagne verdi stanno facendo il giro dei social network. Una situazione difficile che ha convinto la Fis (Federazione internazionale sci e snowboard) a cancellare la discesa libera maschile del 29 e 30 ottobre prossimi di Zermatt (Svizzera) e Cervinia (Aosta), la prima gara transfrontaliera di Coppa del mondo di sci alpino.

Colpa, di certo, del cambiamento climatico in atto, ma non solo. Fanpage.it ha fatto il punto della situazione con Jacopo Gabrieli, ricercatore presso l'Istituto di Scienze Polari del CNR, sede di Venezia, per capire cosa sta succedendo e quali sono le previsioni per i prossimi mesi.

Dott. Gabrieli, sulle Alpi manca la neve. Quale dovrebbe essere la normalità?

"Questo è stato l'anno horribilis dei ghiacciai alpini. Ciò deriva dal fatto che abbiamo avuto pochissima neve invernale lo scorso anno, con un deficit sulle Alpi occidentali del 70% e su quelle Orientali più o meno del 50%. A ciò si è aggiunta una estate torrida sin dall'inizio, che potremo definire la seconda più calda di sempre dopo quella del 2003, almeno da quando abbiamo le registrazioni e i dati strumentali.

E naturalmente questo calore enorme, che è iniziato presto, sin da maggio e si è protratto per tutta l'estate, unito al fatto che c'era già poca neve, ha fatto sì che i nostri ghiacciai rimanessero scoperti, senza più neve invernale da giugno, una condizione che si verifica generalmente a fine agosto".

Per questo sono state annullate anche le gare della Coppa del Mondo di sci? 

"Sì, ma c'è anche un'altra questione. Oggi sono sulle Dolomiti davanti al ghiacciaio della Marmolada e sono a maniche corte a 2400 metri. Evidentemente c'è qualcosa di anomalo, così come però è anomalo il fatto che si voglia sciare a ottobre. Di solito lo sci si faceva dopo Natale, in pieno inverno, non certo in autunno.

Il fatto che siamo all'interno di una crisi climatica evidente ma perseveriamo sulla strada di voler vivere come se nulla fosse è sconcertante. Per fare queste gare a Cervinia sono settimane che ci sono scavatori al lavoro per cercare di spostare la neve e produrla con i cannoni. Mi chiedo se sia necessario".

Al di là di questo, però, la situazione resta difficile…

"Siamo sicuramente in deficit idrico da un paio di anni e abbiamo sicuro poca neve. Siamo usciti da una estate difficile, i ghiacciai sono in una situazione critica. Tutto questo dipende dalla crisi climatica, che è ormai irreversibile. Per questo, a mio avviso, le cose da fare sono due: adattarsi al clima, che è cambiato e che cambierà in ogni caso, e mitigare, cioè fare in modo che non succeda di peggio, riducendo le emissioni di gas serra".

Le previsioni ci meteo ci dicono che il caldo anomalo continuerà anche fin dopo il ponte di Ognissanti. Continuando così, cosa pensa potrebbe accadere nei prossimi mesi?

"È molto difficile dirlo. Il dato di fatto da cui dobbiamo partire è che rispetto all'età pre-industriale abbiamo già riscaldato con l'impatto dell'uomo l'intero pianeta di circa 1,1 gradi e le zone alpine di 2,5 gradi. Media che si innalzerà nei prossimi anni, perché il clima è un sistema inerziale: anche se diminuiamo i gas serra non avremo risultati prima di 20/30 anni. Potrà capitare di avere inverni nevosi e freddi ma è una cosa che sarà sempre più rara.

Il trend è sotto gli occhio di tutti, e in montagna lo vediamo in maniera lampante. È come se fosse una sentinella che ci dà la possibilità di vedere in maniera più chiara cosa capiterà negli altri ecosistemi. Di certo, nei prossimi dieci anni avremmo inverni più caldi e siccitosi e gli eventi di calore estremo aumenteranno di frequenza e intensità, con nevicate e pericolo di valanghe".

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