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Niente dolce in mensa per i bimbi poveri, la proposta del sindaco di Pomezia

Il menù a prezzo differenziato nelle mense scolastiche ha scatenato numerose polemiche nel comune in provincia di Roma.
A cura di A. P.
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Niente dolce alla fine del pasto della mensa scolastica per i bimbi provenienti da famiglie più povere. È questa la proposta dell'amministrazione cittadina del Comune di Pomezia in provincia di Roma, guidata dal M5S. L'idea del sindaco Fabio Fucci per le mense delle scuole pubbliche locali ovviamente ha scatenato un vespaio di polemiche ma il primo cittadino è pronto ad andare avanti sulla strada intrapresa. Nel dettaglio la proposta del Comune prevede una gara d’appalto con due menù a prezzi differenti: uno, meno caro e pensato per le famiglie meno abbienti, non prevede la somministrazione del dolce, mentre sono uguali tutte le altre portate. La decisione di modificare il contenuto del pasto in base alle disponibilità economiche ha suscitato invece l’ira di molti genitori e le polemiche in consiglio comunale.

Le polemiche – “La decisione dell’amministrazione comunale pometina è una inaccettabile discriminazione tra i bambini sulla base del censo e delle capacità economiche delle loro famiglie" ha attaccato infatti Walter Bianco di SEL, aggiungendo: "Non è la prima volta che questa Amministrazione spicca per insensibilità nei confronti delle difficoltà economiche affrontate dalle famiglie che hanno figli in età scolare, tuttavia mai ci saremmo immaginati che si potesse anche solo ipotizzare una differenziazione di trattamento così odiosa, dinanzi alla quale crolla qualsiasi giustificazione". Dall'amministrazione comunale però ribattono che la decisone è arrivata solo dopo averne discusso a lungo con alcuni rappresentanti dei genitori e che la differenziazione ricade esclusivamente sulla portata del dolce e di conseguenza non incide in alcun modo sui valori nutrizionali previsti per i pasti .

Dopo le polemiche il Gruppo Consiliare del Movimento Cinque Stelle di Pomezia ha pubblicato un comunicato in cui precisa tempi, motivi e modalità della decisione in merito alla questione mensa scolastica.

Lo scorso autunno a seguito delle numerose proteste avanzate da parte dei genitori, relative all’eliminazione della quota contributiva versata fino ad allora dal Comune, ci siamo presi come impegno quello di arrivare ad un capitolato che venisse incontro alle diverse necessità delle famiglie anche recependo le indicazioni, i suggerimenti e le richieste che le stesse proprio in quel periodo ci stavano sottoponendo.
La possibilità di fornire alle famiglie la libertà di scelta tra un pasto ordinario ed uno alternativo nasce proprio come proposta di rappresentanze di genitori.
L’indicazione di rendere opzionabile la merendina, venendo così incontro alla richiesta che ci era stata sottoposta, è stata ritenuta possibile in base a tali considerazioni:
– l’eventuale assenza del dolce non comprometteva il giusto apporto di valori nutrizionali del pasto
– nella maggioranza degli istituti scolastici il dolce veniva consumato in un secondo momento ed in classe come seconda merenda.
Mai abbiamo inteso discriminare i bambini in un momento sociale come quello del pranzo. Abbiamo invece accolto l’istanza di quanti ci chiedevano di considerare con lo stesso principio di uguaglianza il diritto delle famiglie di scegliere anche secondo le proprie risorse economiche ma non solo (in diverse occasioni ci sono stati genitori che si sono detti contrari al dolce a prescindere, per motivi legati all’educazione alimentare) e dichiarato più volte la piena disponibilità nel concertare comunque tale proposta in collaborazione con le famiglie, la scuola e la ditta.
L’attenzione che abbiamo dato alle richieste avanzate dalle famiglie e la cura che abbiamo messo nel far si che questo non arrivasse come divisione nelle classi, studiando la modalità meno traumatica per i bambini (la prima merenda, quella della mattina, è già di fatto estremamente differenziata per quantità, tipologia, e costi), non sono state affatto considerate, soprattutto da alcuni giornali che, come nel più scontato dei copioni, hanno approfittato delle dichiarazioni di politicanti vari per usare la notizia in modo esplicitamente strumentale (le elezioni sono ormai prossime) per screditare le azioni di un’amministrazione che coinvolge attivamente i cittadini nelle scelte che li riguardano.
Riassumendo: e’ stato garantito il diritto di avere la merendina confezionata a chi lo chiede; è stato garantito il diritto di portare la merendina da casa (finora non possibile), come si faceva una volta, regola già consolidata in tanti altri comuni italiani; è stato garantito il diritto di non pagare per qualcosa della quale non si usufruisce, sia per chi ha facoltà economiche e chi, con quel risparmio annuale, riesce magari a pagarsi un bolletta delle utenze.
Con questi pseudo paladini della giustizia sociale non avremmo avuto sorte diversa qualora avessimo optato per le altre scelte:
togliere infatti a tutti i bambini il dolce ci avrebbe garantito la nomina di dispotici tiranni che non riconoscono alle famiglie il diritto di scelta per i propri figli (vogliamo giocare a immaginare qualche titolo sui suddetti giornali?); viceversa, lasciare tutto com’era sarebbe stato interpretato come chiaro segno d’insensibilità che l’Amministrazione non perde occasione di dimostrare verso le richieste avanzate dai cittadini.
Trasformare per meri scopi elettorali una libertà di scelta in una discriminazione, tirando impunemente in ballo i bambini, qualifica esattamente chi lo fa.

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