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News su migranti e sbarchi in Italia

Bimbo di 4 anni morto tra i migranti recuperati in mare dalla nave Dattilo della Guardia costiera

C’è un bambino di 4 anni morto nel gruppo di naufraghi recuperati in mare nelle ultime ore dalla nave Dattilo della Guardia costiera, arrivati a Reggio Calabria. Non si sa nulla delle cause della morte del piccolo, sul corpicino disposta un’autopsia.
A cura di Annalisa Cangemi
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AGGIORNAMENTO: Il Mediterraneo continua a essere un cimitero a cielo aperto. L'ennesima vittima delle traversate è un bambino di 4 anni, che si trovava nel gruppo di migranti salvati dalla nave italiana Dattilo. In un primo momento la salma sembrava appartenesse a un neonato.

A comunicare l'età del bambino è stata la Prefettura che sta coordinando le operazioni di sbarco iniziate stamattina sul molo di ponente. Il piccolo, secondo quanto è stato riferito, era di origine subsahariana e probabilmente di nazionalità nigeriana. Il corpo era stato recuperato al largo di Lampedusa dove si è verificato il naufragio dell'imbarcazione di fortuna a bordo della quale il bimbo viaggiava assieme ad altri migranti tra cui la madre, per la quale è stata disposta l'assistenza psicologica. Sono in corso ulteriori accertamenti da parte delle forze dell'ordine e della magistratura.

Sono 50 le persone soccorse in mare nelle ultime ore e giunte in mattinata nel porto di Reggio Calabria a bordo della nave della Guardia costiera Dattilo. Non si conoscono, al momento, altri dettagli sulle cause del decesso, si sa solo che la donna e il bambino facevano parte del gruppo di migranti non provenienti da Lampedusa ma soccorsi al largo dell'isola.

I migranti che sono arrivati questa mattina a Reggio Calabria a bordo dell'imbarcazione della Guardia costiera sono in tutto 800. Tra questi ci sono appunto gli ultimi 50 soccorsi in mare nelle ultime ore, mentre tutti gli altri provengono dall'hotspot di Lampedusa. Al termine delle operazioni di sbarco, coordinate dalla prefettura di Reggio Calabria, i 550 migranti destinati a Reggio Calabria saranno accompagnati al centro di prima accoglienza allestito nella scuola ‘Boccioni' di Gallico in attesa di essere trasferiti in altre regioni in base al riparto stabilito dal ministero dell'Interno. A bordo della Dattilo ci sono altri 250 migranti che, una volta completate le operazioni sul molo di ponente, verranno accompagnati al porto di Messina.

Fermo per la Ocean Viking, per un periodo indefinito

Continua intanto la guerra del governo Meloni alle onf. Dopo un'ispezione di controllo dello Stato di approdo (Port State Control – PSC) durata 7 ore, condotta dalla Guardia Costiera nel porto di Civitavecchia, la Ocean Viking, nave noleggiata da Sos Mediterranee e gestita in collaborazione con la Federazione internazionale della Croce Rossa, è stata posta in stato di fermo dalle autorità italiane per un periodo indefinito. Sono in corso discussioni con le parti interessate.

L'ispezione ha individuato alcune piccole carenze tecniche e amministrative. Lo rende noto la stessa Ong. "Purtroppo, una di queste carenze richiede un'indagine più approfondita, che coinvolga vari attori della certificazione e dell'armatore – spiega la Sos Mediterranee – si tratta di un'interpretazione restrittiva della convenzione SOLAS (Safety of Life at Sea – 1974), un accordo internazionale che stabilisce gli standard minimi di sicurezza per la costruzione, l'equipaggiamento e il funzionamento delle navi. Questa interpretazione restrittiva da parte delle autorità italiane riguarda elementi che non sono mai stati segnalati durante i 7 PSC subiti dalla Ocean Viking negli ultimi quattro anni. Si tratta quindi di un'interpretazione sorprendente dei requisiti SOLAS, perché non in linea con l'applicazione standard della normativa in questione". 

La Ong, nel frattempo, fa sapere che al momento sta lavorando attivamente con tutte le parti interessate per trovare soluzioni che permettano di tornare in mare il prima possibile, dato che nel Mediterraneo quest'anno si sono già verificati molti tragici inaufragi.

Il fermo della Ocean Viking arriva cinque giorni dopo un episodio critico suo equipaggio: venerdì 7 luglio, la Guardia costiera libica ha sparato colpi d'arma da fuoco a meno di 100 metri dalle lance di soccorso umanitario con a bordo il personale e i naufraghi soccorsi – tra cui una donna e cinque minori non accompagnati – mentre cercavano di tornare alla Ocean Viking.

"Non solo le navi civili stanno riempiendo il vuoto mortale lasciato dagli Stati europei nel Mediterraneo centrale salvando vite umane, ma sono anche messe in pericolo dalla guardia costiera libica sponsorizzata dall'UE che spara nelle vicinanze durante il salvataggio – prosegue la Ong – vengono inviate in porti lontani per far sbarcare i sopravvissuti e in certi casi, come è capitato a noi questa volta, trattenute dalle autorità. La prima parte dell'anno è stata particolarmente devastante, con oltre 1.890 morti nel Mediterraneo; questa già triste realtà è ulteriormente aggravata dall'attuale fermo della Ocean Viking".

"La situazione nel Mediterraneo è molto preoccupante – afferma Valeria Taurino, direttrice generale di Sos Mediterranee – gli operatori umanitari sono sotto attacco e i tassi di mortalità sono allarmanti. Abbiamo urgentemente bisogno di una presenza continua di navi di soccorso per aiutare il numero crescente di imbarcazioni in difficoltà. L'attuale fermo sta compromettendo in modo significativo la nostra capacità di salvare vite umane in acque internazionali".

La denuncia delle Ong alla Commissione Ue

Cinque ong hanno presentato denuncia alla Commissione Europea contro la stretta del governo che in Italia impedisce più di un soccorso in mare alla volta, e porta ad assegnare alle navi del soccorso umanitario porti di sbarco che sono lontani dalla zona in cui vengono recuperati i migranti. Medici Senza Frontiere (MSF), Oxfam Italia, SOS Humanity, l'Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione (ASGI) ed Emergency sostengono nella loro denuncia che ci sono "seri dubbi" sulla compatibilità di queste norme con il diritto dell'Ue e con gli obblighi dei Paesi membri dell'Ue in base allo stato di diritto internazionale per le attività di ricerca e salvataggio in mare.

"La Commissione europea è custode dei trattati dell'Ue e ha un ruolo da svolgere nel garantire che gli Stati membri rispettino il diritto internazionale e dell'Ue – afferma Giulia Capitani, consulente per le politiche migratorie di Oxfam Italia – Dovrebbe sostenere e proteggere i diritti fondamentali di tutte le persone in tutta Europa. Ma invece, le ONG di ricerca e soccorso sono quelle che riempiono il vergognoso vuoto in mare lasciato dagli Stati membri. Piuttosto che ostacolare il loro lavoro, gli Stati dovrebbero coinvolgerli nella creazione di un sistema adeguato per le attività di ricerca e soccorso".

Secondo le organizzazioni che hanno presentato denuncia, la legge 15/2023 pone "restrizioni ingiustificate alle operazioni di ricerca e soccorso e limita drasticamente la loro capacità di salvare vite in mare".

"Ogni giorno che trascorriamo lontano dalla regione di ricerca e soccorso, sia in detenzione che in navigazione verso un porto lontano, sta mettendo a rischio vite umane – sottolinea Djoen Besselink, responsabile delle operazioni di Msf – La legge prende di mira le ong ma il vero prezzo sarà pagato dalle persone in fuga attraverso il Mediterraneo che si trovano su una barca in difficoltà". 

"Assegnare luoghi sicuri a più di mille km di distanza da un salvataggio – afferma Josh, capitano della nave di soccorso di Sos Humanity 1 – danneggia il benessere fisico e psicologico dei sopravvissuti".

"Le persone soccorse – aggiunge Carlo Maisano, coordinatore della nave di soccorso Life Support di Emergency – provengono da paesi colpiti da guerre, cambiamenti climatici e violazioni dei diritti umani. Sono spesso in una condizione estremamente fragile, che è esacerbata da ancora più tempo trascorso in mare".

L'aumento delle distanze ha anche un impatto negativo sulle ong. "La pratica di assegnare porti lontani aumenta i costi del carburante e esaurisce i loro budget limitati – spiega Maisano – il che influisce sulla loro capacità di salvare vite umane in futuro", afferma Maisano.

Altro problema il blocco delle navi. Il 23 febbraio 2023, la legge 15/2023 all'epoca era ancora un decreto legge, l'Autorità portuale di Ancona ha notificato a Msf un ordine di detenzione di 20 giorni per la sua nave e una multa di 5.000 euro per non aver fornito informazioni specifiche. Da allora, le autorità italiane hanno trattenuto altre quattro navi umanitarie di ricerca e soccorso per un periodo di 20 giorni, ciascuna per violazione della legge 15/2023. "Ciò – sottolineano – equivale a un totale di 100 giorni persi per le navi di ricerca e soccorso umanitario, mentre sono continuati pericolosi attraversamenti e naufragi nel Mediterraneo centrale".

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