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Neonati sepolti in giardino a Parma

Neonati morti a Parma, perché quello di Chiara non è stato un errore ed è difficile individuare il movente

La ricostruzione dei fatti che emerge dal comunicato della Procura di Parma per spiegare anche la decisione di applicazione della misura cautelare per Chiara, mamma dei bambini sepolti nel giardino della sua villetta, è se possibile, ancora più drammatica delle ipotesi che era stato possibile avanzare finora.
A cura di Margherita Carlini
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La ricostruzione dei fatti che emerge dal comunicato stampa diramato dalla Procura di Parma per spiegare anche la decisione di applicazione della misura cautelare per Chiara, mamma dei bambini sepolti nel giardino della sua villetta, è se possibile, ancora più drammatica delle ipotesi che era stato possibile avanzare finora.

Premessa la presunzione di innocenza, in base alla quale come si legge nel comunicato, l’indagata avrà “tutta la possibilità di esporre al GIP la sua versione dei fatti per contrastare la ricostruzione operata dalla pubblica accusa”, la suddetta ricostruzione contiene una serie di elementi che mal si conciliano con l’agito di una persona incapace o inconsapevole della gravidanza in corso.

In base agli elementi acquisiti infatti ed anche dalle dichiarazioni rese dalla giovane in un secondo momento, messa di fronte alle evidenze investigative, sembra impossibile sostenere che la ragazza non fosse consapevole della gravidanza o che l’avesse, anche in maniera inconscia negata a se stessa. Più verosimilmente C.P. avrebbe lucidamente e razionalmente deciso di portare avanti la gestazione, prevedendo però la non sopravvivenza del bambino, in corso di gravidanza, durante il parto o dopo.

Dall’analisi forense del contenuto del telefono della ragazza sarebbe possibile infatti evidenziare che la stessa avesse la volontà di nascondere a tutti il suo stato e di sopprimere quella vita.

Dirimenti in questo senso, sembrano essere proprio le ricerche che C.P. aveva effettuato in internet dapprima per sapere come “non far crescere la pancia in gravidanza” e quali outfit utilizzare per nascondere la pancia o per sapere “come sgonfiare la pancia in gravidanza” e poi, sempre per evitare che gli altri intorno a lei si rendessero conto del suo stato, come ad esempio “fare sesso in gravidanza l’uomo se ne accorge”.

Ricerche che la stessa avrebbe condotto anche per sapere come “indurre un aborto” o conoscere le “probabilità di aborto settimana per settimana” o per effettuare un “aborto in casa” o scoprire le “erbe che fanno abortire”, ma anche per sapere dove acquistare il misoprostolo, un farmaco che agisce sull’utero provocando l’espulsione del feto e quindi l’aborto. Ricerche queste che sembrerebbero far emergere una piena consapevolezza in riferimento allo stato di gravidanza e alla volontà di uccidere il feto o il bambino. È come se questa ragazza avesse monitorato la sua gestazione, settimana dopo settimana, avendo come unico intento quello di eliminarne il frutto, il suo bambino.

Scelta razionale appare in questa prospettiva, anche quella di non eseguire alcuna visita ginecologica o qualsiasi altro controllo che avrebbe potuto far rilevare il suo stato oltre a quella di indursi il parto prima della partenza per la vacanza all’estero con la sua famiglia.

Dagli elementi di indagine divulgati emerge infatti che C.P. avrebbe avuto la rottura delle acque il primo agosto e che nei giorni successivi avrebbe fatto ricerche per sapere “come indurre il parto dopo aver rotto le acque”, ma anche per comprendere cosa sarebbe successo fisiologicamente dopo, come “rottura acque 38 settimana”.

L’ipotesi della Procura è che, verosimilmente, la ragazza avrebbe avuto premura di partorire prima della vacanza all’estero, in modo da poterlo fare di nascosto e di poter quindi occultare il corpo del bambino. Secondo la ricostruzione degli inquirenti il parto sarebbe avvenuto la notte tra il 6 ed il 7 agosto, nella camera da letto posta nella tavernetta dell’abitazione e nell’adiacente bagno e la morte del bambino, stante le risultanze autoptiche sarebbe sopraggiunta per dissanguamento, dalla recisione del cordone ombelicale in assenza di un’adeguata costrizione meccanica dei vasi ombelicali.

Indicative in tal senso sarebbero anche le tracce di sangue rinvenute dal padre della ragazza nel lavandino, nel rubinetto e in un tappeto di quel bagno. Sembrerebbe che C.P., abbia trascorso quelle ore, dall’avvio del travaglio alla nascita del bambino, fino alla partenza per New York, frequentando le sue amiche ed uscendo per locali. Una piena adesione alla realtà che la ragazza avrebbe gestito a suo beneficio, per raggiungere il suo intento.

Nessun errore pertanto, nessuna disgrazia, come la stessa aveva provato a far credere appena ascoltata dagli inquirenti, sostenendo che il bambino era già nato morto e che lei, ignara della sua reale condizione si sarebbe comportata conseguentemente in preda al panico.

Sembra che questa ragazza abbia scelto con estrema lucidità ogni azione da porre in essere e questo anche in considerazione della sua pregressa esperienza. Sappiamo infatti che, proprio grazie al contenuto del telefono di C.P. e alle ricerche effettuate, gli inquirenti hanno rinvenuto nel giardino i resti di un primo bambino, nato nel maggio del 2013, le cui cause di morte sono ancora da stabilire.

Un omicidio premeditato, due soppressioni di cadaveri, il cui movente sembra al momento impossibile da ricostruire. Saranno le ulteriori indagini e l’esame del funzionamento di questa ragazza a poter fornire in futuro, forse, ulteriori elementi e a poter far escludere con assoluta certezza la complicità di altre persone.

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Sono Psicologa Clinica, Psicoterapeuta e Criminologa Forense. Esperta di Psicologia Giuridica, Investigativa e Criminale. Esperta in violenza di genere, valutazione del rischio di recidiva e di escalation dei comportamenti maltrattanti e persecutori e di strutturazione di piani di protezione. Formatrice a livello nazionale.
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