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Matteo Messina Denaro

Nell’ultimo nascondiglio di Matteo Messina Denaro le impronte digitali di almeno 20 fiancheggiatori

Decine di impronte digitali sono state trovate nel covo di vicolo San Vito a Campobello di Mazara, dove Matteo Messina Denaro ha trascorso gli ultimi anni di latitanza prima dell’arresto dello scorso 16 gennaio.
A cura di Davide Falcioni
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Nel covo di vicolo San Vito a Campobello di Mazara, dove Matteo Messina Denaro ha trascorso gli ultimi anni di latitanza prima dell'arresto dello scorso 16 gennaio, sono state trovate oltre venti impronte digitali, tracce di uomini e donne che quasi quotidianamente hanno frequentato il nascondiglio dell'ex boss di Cosa Nostra, uno dei soggetti più ricercati dalle polizie di tutto il mondo. Non solo: nel nascondiglio ci sono infatti anche le tracce sui documenti in entrata e in uscita, a dimostrazione che la vita di Messina Denaro era costellata di relazioni personali e "di affari".

Tra le impronte trovate ci sono quelle di Martina Gentile, la figlia della maestra Laura Bonafede, storica amante dell'ex capo di Cosa Nostra, da una settimana agli arresti domiciliari con le accuse di favoreggiamento e procurata inosservanza della pena. La giovane donna, che ha evitato il carcere perché madre di una bimba di tre anni, ritenuta dagli investigatori palermitani una delle postine del boss ricercato, ha lasciato le sue tracce su uno dei dvd trovati nel covo. Gli investigatori, coordinati dalla Procura di Palermo, stanno cercando di capire se la ragazza abbia per conto del boss svolto “missioni” a Palermo. Dalle indagini è emerso che la donna sarebbe più volte andata nel capoluogo fingendo al lavoro di stare male.

Grazie alle impronte digitali i carabinieri sperano di risalire agli altri contatti del boss. Dalle indagini emerge, comunque, che Messina Denaro ha vissuto a Campobello, paese a pochi chilometri dalla sua cittadina d’origine Castelvetrano, fin dal 2017. E che soprattutto prima della malattia che l’ha poi ucciso avrebbe condotto una esistenza quasi normale nonostante fosse il latitante più ricercato d’Italia.

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