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Nella terapia intensiva di Padova più casi West Nile che Covid: cosa è cambiato nella sintomatologia

“Il Veneto è sempre stato più esposto al virus West Nile e attualmente sembra che Padova sia al centro di questa diffusione”, spiega la Direttrice della Terapia Intensiva di Padova, Dott.ssa Marina Munari, “i numeri sono sempre stati questi ma quest’anno però qualcosa è cambiato sul piano della sintomatologia.
A cura di Elia Cavarzan
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Dal 13 luglio, giorno del primo ricovero per West Nile, sono stati curati presso l'ospedale di Padova 75 pazienti: 46 uomini, 29 donne, per un'età media di 75 anni. Attualmente sono 16 i ricoverati per virus West Nile, un numero più alto di quelli ricoverati per Covid 19.

"Il Veneto è sempre stato più esposto al virus West Nile e attualmente sembra che Padova sia al centro di questa diffusione", spiega a Fanpage.it la Direttrice della Terapia Intensiva di Padova, Dott.ssa Marina Munari, "i numeri sono sempre stati questi ma quest'anno però qualcosa è cambiato sul piano della sintomatologia. Non si era mai registrata una tale neuroinvasività da parte del virus".

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"I pazienti che arrivano in terapia intensiva sono una minima parte di quanti contraggono il West Nile virus. Solitamente questo virus si manifesta attraverso febbri o con la sintomatologia dell'influenza, altra cosa sono però i pazienti che arrivano qui da noi: hanno una forma meningoencefalitica e soprattutto paralisi flaccida" spiega la Dott.ssa Marina Munari.

Dott.ssa Marina Munari, Direttrice Anestesia e Rianimazione Azienda Ospedale- Università Padova
Dott.ssa Marina Munari, Direttrice Anestesia e Rianimazione Azienda Ospedale- Università Padova

In queste circostanze, quando l'individuo arriva a questo livello di aggressione cerebrale, e conseguentemente anche midollare, "c'è questa particolare condizione che li caratterizza in quanto subiscono una paralisi che coinvolge tutti e quattro gli arti e sono compromessi nella loro capacità respiratorie", chiarifica la Dott.ssa Munari. Pazienti dunque collegati al ventilatore e che purtroppo hanno degenze "molto ma molto lunghe", spiega la Dott.ssa Munari, "e ovviamente, anche gli esisti in questo momento non sono prevedibili nella loro complessità".

"Qui il West Nile ha soppiantato il Covid", conclude la Dott.ssa Munari, "la percentuale di ricoverati West Nile è maggiore in questo momento rispetto ai ricoverati Covid. Quello che mette sotto pressione il sistema è la lungo degenza in terapia intensiva degli affetti da West Nile. Questo perché hanno delle caratteristiche totalmente differenti: la dipendenza da un punto di vista ventilatorio di questi pazienti li rende impossibilitati ad uscire da una terapia intensiva in tempi brevi".

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