‘Ndrangheta, colonnello Ros a Fanpage: “Dalla Colombia cocaina e rapporti diretti coi paramilitari”
Belgio, Spagna, Portogallo, Francia, Romania, Slovenia e Italia. 108 persone arrestate tra Reggio Calabria, Milano e Genova, oltre 150 perquisizioni. Sono questi i numeri di Eureka, la più grande operazione mai realizzata contro la ‘ndrangheta in Europa.
Un'indagine iniziata nel 2018 e che si è sviluppata negli anni che è arrivata a colpire il traffico internazionale di cocaina basato su rapporti di lunga data tra la ‘ndrangheta e i paramilitari colombiani, come spiega a Fanpage.it il colonnello Massimiliano D’Angelantonio, comandante del II Reparto Investigativo del ROS, Raggruppamento operativo speciale dei Carabinieri.
“Secondo il procuratore Giuseppe Lombardo, della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, quello da noi scoperto era il circuito di narcotraffico più importante per la ‘ndrangheta che subirà ammanchi per diversi miliardi di euro – le parole del comandante del Ros – ora sarà difficile per i capi calabresi individuare nuovi interlocutori che possano interfacciarsi con i vertici dei cartelli colombiani: parliamo di migliaia di chili che si muovono solo con rapporti di fiducia, costruiti negli anni, che sono difficili da ricreare. La grande differenza tra camorra e ‘ndrangheta nel traffico della cocaina è proprio questa: i calabresi hanno rapporti coi paramilitari colombiani almeno dai primi anni 2000”.
A livello internazionale è di fatto la più grande operazione mai realizzata contro la ‘ndrangheta: come si è arrivati agli arresti di questa mattina?
La polizia belga, che aveva infiltrato un agente sotto copertura in una componente calabrese che operava lì, ci ha invitato a collaborare con loro. Questo agente under cover aveva necessità di venire in Italia per fare degli incontri a San Luca, in pieno Aspromonte, con dei parenti di alcuni soggetti indagati appartenenti ai Mirta. Quindi abbiamo infiltrato anche noi un uomo che sotto copertura ha collaboratore con le autorità del Belgio prima e con la Germania poi.
Lì abbiamo capito che avevamo a che fare con qualcosa di molto grosso. Soprattutto quando ci siamo trovati a movimenti di cocaina di centinaia di chili. Avevano grossa disponibilità di denaro, ma soprattutto rapporti con gruppi paramilitari in Colombia, in particolare col clan del Golfo.
Come venivano riciclati i soldi in Europa?
L'attività di riciclaggio avveniva in Germania, Francia e Portogallo, con l'acquisto di ristoranti in Costa Azzurra o nelle più importanti località portoghesi. Dalla cooperazione con le autorità del Belgio è partita l'indagine che ha portato al sequestro di tonnellate di cocaina, ma soprattutto di beni per 25 milioni di euro circa, conti correnti esclusi.
Dove finiva questa cocaina?
Le piazze più importanti italiane erano Roma e Milano, ma di fatto su tutto il territorio nazionale, anche in provincia di Brescia dove abbiamo sequestrato un grosso carico.
Erano coinvolte altre ramificazioni criminali?
No, la cocaina veniva venduta sempre da sottogruppi dell'organizzazione madre di matrice ‘ndrangehtista che opera su tutto il territorio nazionale.
Ci sono imprenditori coinvolti nel riciclaggio?
C'è un imprenditore arrestato in Portogallo che lavorava nell'ambito della ristorante, lì stiamo sequestrando dieci società, cinque ristoranti e conti correnti, mentre in Germania abbiamo individuato una serie di bar e gelaterie. In Italia invece abbiamo individuato un ristorante a Roma, a Ponte Milvio, e un resort in fase di costruzione nella Locride.
È vero che la cocaina è stata pagata anche con un rifornimento di armi?
Per essere corretti dobbiamo dire che la componente che faceva capo in Brasile a Rocco Morabito, il latitante arrestato il 25 maggio 2021 nell'ambito di questa stessa inchiesta, stava rifornendo una organizzazione guerrigliera brasiliana con kalashnikov che dovevano provenire in container dal Pakistan, ma non sappiamo se questa operazione sia stata conclusa.
Quanto pesa questo colpo alla ‘ndrangheta, soprattutto a livello economico?
Il procuratore Giuseppe Lombardo, della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, ha parlato di diversi miliardi di euro di introiti mancati. Sicuramente in questo momento quello da noi scoperto era il circuito di narcotraffico più importante.
C'è anche il porto di Gioia Tauro tra quelli dove arrivava la cocaina
Avevano rapporti all'interno del porto, abbiamo arrestato i capi di questa componente composta da soggetti della Piana che si mettevano però a disposizione anche della Ionica e venivano ripagati o in soldi o cocaina.
Ora ci sarà una nuova riorganizzazione della ‘ndrangheta rispetto al traffico di cocaina
Il problema non sono i canali coi quali riorganizzarsi ma l'individuazione di interlocutori che possano interfacciarsi con i vertici dei cartelli colombiani. Qui parliamo di migliaia di chili che si muovono solo con rapporti di fiducia, costruiti negli anni, che sono difficili da ricreare. La grande differenza tra camorra e ‘ndrangheta nel traffico della cocaina è proprio questa: i calabresi hanno rapporti coi paramilitari colombiani almeno dai primi anni 2000.