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Muore durante un allenamento in palestra: tre indagati per omicidio

Secondo l’autopsia, Giuseppe Lena sarebbe morto in seguito a un trauma cranico causato, forse, da un “corpo contundente”. Il ragazzo si stava allenando in una palestra di arti marziali in presenza di altre due persone, adesso indagate. Cosa è successo, quindi, quella maledetta sera del 10 Dicembre 2013?
A cura di Fabio Giuffrida
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Giuseppe Lena aveva la passione per lo sport. Era iscritto al secondo anno di Medicina. Un ragazzo modello di appena 20 anni. Sorridente, generoso, innamorato della vita. Voleva donare i suoi organi e diventare un medico (diversamente dalla madre avvocato e dal padre ingegnere). Originario di Cammarata, in provincia di Agrigento, è deceduto in circostanze misteriose – su cui la magistratura vuole vederci chiaro – durante un allenamento di arti marziali in una palestra sita a Palermo. I familiari, in questi anni, non hanno mai creduto alla versione dei fatti fornita dai due ragazzi presenti al momento del decesso. Giuseppe si sarebbe potuto salvare. Giuseppe non meritava di morire così, dopo tre giorni di ricovero all'Ospedale civico. Qualche giorno fa, infatti, si è tenuta, a Palermo, l'udienza preliminare, rinviata dal Gup per legittimo impedimento di due delle parti. La Procura, nello specifico, ha chiesto il rinvio a giudizio di tre persone, accusate di omicidio colposo: due di loro, nel momento del decesso, si stavano allenando con il giovane universitario; l'altro, invece, è il titolare della palestra.

Giuseppe colpito da un corpo contundente?

In un primo momento gli indagati hanno riferito che Giuseppe Lena avrebbe avuto un malore. Poi, però, l'autopsia – eseguita dal professore Paolo Procaccianti – nelle conclusioni, dice: "La sera del 10 dicembre 2013, nella palestra ove egli soleva allenarsi, sarebbe stato verosimilmente attinto da un corpo contundente alla bozza frontale destra del cranio, responsabile della lesione contusiva alla bozza frontale destra […]". Si parla, nello specifico, di "danno ipossico-ischemico emorragico acuto encefalico e truncale". "Io credo nella giustizia, spero che si faccia luce sulla morte del mio Giuseppe, un figlio che è stato strappato ai suoi affetti più cari senza un perché" sono le dichiarazioni a caldo della madre di Giuseppe Lena, sostenuta dal marito Franco.

L'accusa è di omicidio colposo

La richiesta di rinvio a giudizio – formulata dal pubblico ministero a carico di tre persone – parla chiaro. Sono accusati di omicidio colposo ai sensi degli articoli 113 e 589 del codice penale: "quando l'evento è stato cagionato dalla cooperazione di più persone, ciascuna di queste soggiace alle pene stabilite per il delitto stesso" e ancora "chiunque cagiona per colpa la morte di una persona è punito con la reclusione da 6 mesi a 5 anni". Chiarello, Lanza e Di Paola – questi i nomi dei tre indagati – avrebbero, "in cooperazione colposa tra loro, per negligenza, imprudenza e imperizia, cagionato la morte di Giuseppe Lena". E ancora: "Lanza e Chiarello, impegnati in una sessione di allenamento del corso di arti marziali miste, tenutasi in data 10 Dicembre 2013, concorrevano a determinare il citato trauma cranico". Ecco come secondo il pm: "il Lanza, sferrando pugni alla testa di Giuseppe Lena, il Chiarello, eseguendo una proiezione al tappeto del Lena il quale, cadendo, sbatteva con la testa per terra". Di Paola, nella qualità di gestore e titolare della palestra in cui Giuseppe si allenava, non avrebbe avuto nemmeno "la prescritta affiliazione al CONI/FIGMMA, prevista per tale disciplina sportiva" e non si sarebbe dotato di "istruttori tecnici riconosciuti dalla FIGMMA stessa". "Il citato allenamento si è svolto senza la presenza e la supervisione di un istruttore tecnico riconosciuto" ha specificato il pm nella richiesta di rinvio a giudizio.

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