Mostro di Firenze, sarà riesumato il corpo di Francesco Vinci: “I familiari vogliono la verità”
I familiari di Francesco Vinci, l’uomo finito in carcere nel 1982 come sospettato di essere l'autore dei delitti del “Mostro di Firenze”, ma poi scagionato e rimesso in libertà quando un anno dopo – e mentre lui era in cella – avvenne un altro omicidio, avrebbero ottenuto l'autorizzazione dal cimitero per procedere alla riesumazione del cadavere. Così dovrebbero poter effettuare un confronto del Dna.
A darne notizia è il criminologo e investigatore privato Davide Cannella, incaricato dalla moglie Vitalia Melis e dai figli di Vinci. "Abbiamo avuto l'autorizzazione comunale alla riesumazione e preleveremo i tessuti per fare il confronto col Dna dei familiari – è quanto spiega Cannella -. In caso di conferma, il sospetto che non sia Francesco Vinci cade, altrimenti avremo il cadavere di uno sconosciuto e dovremo sapere se Francesco Vinci, che è nato nel 1943, è ancora vivo e dove si trova".
Familiari e consulenti vogliono vederci chiaro anche sulle tante incongruenze presenti nella autopsia di oltre trenta anni. "A partire dal fatto che il Vinci quando da giovane viveva a Villacidro, ebbe un diverbio con un coetaneo che gli sparò con una pistola al petto. Ma non fu possibile estrarla e per tutta la vita dovette portarla nel suo torace, ma incredibilmente non fu trovata nell'esame necroscopico", spiega Cannella.
Ora, secondo Cannella, si saprà la verità. “Almeno una. Dalla estrazione e comparazione del dna si potrà fugare ogni dubbio almeno sulla fine di Francesco Vinci. Ma da queste risposte ne verranno molte altre, proprio sul Mostro di Firenze”.
Ricordiamo che Francesco Vinci fu trovato morto – ucciso e carbonizzato – nel 1993. Lo trovarono il 7 agosto di quell'anno nella sua auto, una Volvo 240, insieme all'amico Angelo Vargiu nella campagna di Garetto di Chianni, nella provincia di Pisa, ma i familiari ipotizzano che il cadavere non sia suo e vogliono a questo punto chiarire la questione con l'esame del Dna.
Il responsabile del duplice omicidio non è mai stato individuato. Vinci, assieme al fratello Salvatore, è stato uno dei nomi della cosiddetta "pista sarda", l'ipotesi investigativa che lega i delitti all'autore del duplice omicidio avvenuto nel 1968 a Signa, in cui vennero uccisi Barbara Locci e l’amante Antonio Lo Bianco. Per questo fatto fu condannato il marito di Locci, Stefano Mele, ma la pistola che firmerà i successivi duplici omicidi del mostro di Firenze non verrà mai ritrovata.